Se qualcuno aveva ancora dei dubbi su chi soffra realmente per le sanzioni, l’Economist vi svela perché non hanno grande effetto nonostante il parere (forse comprato?) di 5 esperti (americani) di fama internazionale.
Furbi noi “atlantisti”...
A richiesta aggiungo una traduzione trovata in rete.
Furbi noi “atlantisti”...
A richiesta aggiungo una traduzione trovata in rete.
Perché l’economia russa va meglio del previsto
Con la guerra, l’economia russa non se la sta passando bene. Ma assai meglio del previsto. L’Economist ha messo insieme alcuni indicatori e ne conclude che le previsioni secondo cui un prolungamento della guerra avrebbe fatto macerie del Pil russo si sono rivelate fortemente esagerate.
Ci sono stati, è vero, rapporti come quello firmato da cinque economisti della Yale University, secondo cui le sanzioni e la guerra stanno facendo danni consistenti all’economia russa che soltanto la cortina fumogena informativa generata dal Cremlino maschererebbe.
Ma il settimanale britannico sembra più incline a schierarsi con chi ritiene che, pur in recessione, la Russia sia tutt’altro che prossima al disastro. Il “current-activity indicator” diffuso da Goldman Sachs, che misura la crescita economica in tempo reale, mese su mese, segnala, ad esempio, un calo vistoso in marzo e aprile (ma non delle dimensioni dei tempi della crisi finanziaria del 2007-09). Poi, però, c’è stato un vistoso recupero, a differenza che negli Usa e in Germania.
Anche i consumi elettrici russi, altro indicatore dell’attività economica, sono in ripresa. La recessione c’è (la produzione industriale a giugno è stata dell’1,8% inferiore rispetto all’anno prima, secondo JPMorgan Chase), ma non è catastrofica, soprattutto per gli standard dell’economia russa.
Pure la fiammata inflazionistica si è smorzata. Da inizio anno a maggio i prezzi sarebbero saliti del 10%, ma secondo i calcoli della Cleveland Federal Reserve, di Morning Consult e di Raphael Schoenle della Brandeis University si sarebbe passati dal picco del 17,6% in marzo all’11% di luglio.
E la Russia – a differenza dell’Europa – non ha di che temere un’inflazione generata dall’importazione di combustibili fossili. Anche il mercato del lavoro sembra aver tenuto, tant’è che, secondo i dati di Sberbank, la spesa dei consumatori sarebbe sostanzialmente stabile rispetto a inizio anno.
La domanda è: com’è riuscita la Russia a evitare la tempesta economica che molti avevano pronosticato? Per tre motivi, secondo l’Economist:
1) «Il primo è la politica. Vladimir Putin capisce poco di economia, ma è ben contento di delegare la gestione economica a persone che ne sanno. La Banca centrale russa è piena di secchioni altamente qualificati che hanno agito rapidamente per prevenire il collasso economico.
Il raddoppio dei tassi di interesse a febbraio, in combinazione con i controlli sui capitali, ha sostenuto il rublo, contribuendo a ridurre l’inflazione. Il grande pubblico sa che Elvira Nabiullina, governatrice della banca, è seriamente intenzionata a tenere sotto controllo i prezzi, anche se questo non la rende una figura popolare».
2) «Il secondo ha a che fare con la storia economica recente. Sergei Shoigu, il ministro della Difesa russo, aveva probabilmente qualche ragione a febbraio quando, secondo il Washington Post, ha detto al governo britannico che i russi “possono soffrire come nessun altro”.
Questa è la quinta crisi economica che il Paese ha dovuto affrontare in 25 anni, dopo il 1998, 2008, 2014 e 2020. Chiunque abbia più di 40 anni ha ricordi dello straordinario tumulto economico provocato dalla caduta dell’Unione Sovietica.
I russi hanno imparato ad adattarsi, piuttosto che a lasciarsi andare al panico (o alla rivolta). Oltretutto, parti dell’economia russa sono state a lungo abbastanza separate dall’Occidente. Ciò è avvenuto al prezzo di una minore crescita, ma ha reso meno doloroso il recente aumento dell’isolamento».
3) «Il terzo fattore riguarda gli idrocarburi. Le sanzioni hanno avuto un impatto limitato sulla produzione petrolifera russa, secondo un recente rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia. Dall’invasione, la Russia ha venduto all’Ue combustibili fossili per un valore di circa 85 miliardi di dollari.
Il modo in cui la Russia spende la valuta estera così accumulata è un mistero, viste le sanzioni al governo. Non c’è dubbio, tuttavia, che queste vendite stiano aiutando la Russia a continuare ad acquistare importazioni, per non parlare del pagamento dei soldati e dell’acquisto di armi».
Se ne può concludere, dunque, afferma il settimanale britannico, che è stato l’Occidente e non Putin a sbagliare i suoi calcoli.
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