Storia d’Italia. Estratti di dialogo con gli amici in questi anni.
1) Alberto, costruttore, in pensione, figli all’estero: “guarda Pasquale, io ho lavorato tanto tra gli anni sessanta e gli anni ottanta. È vero, c’era l’inflazione a due cifre, ma c’era la scala mobile, l’indicizzazione dei salari e stipendi, la gente non perdeva nulla e continuava a farsi la prima casa o la casa per i figli. Il lavoro non mi mancava, non dovevo chiedere nulla allo Stato, il mercato marciava da sé“. Quanto al debito pubblico, con l’inflazione il Pil nominale cresceva ed abbatteva il rapporto (1980: rapporto debito/Pil sotto il 60%, meglio di quel che poi venne a chiedere il Trattato di Maastricht).
2) Mariachiara, imprenditrice, settore audiovisivi e prodotti di gioielleria, sbocchi in tutto il mercato mondiale: “Non ho committenti nazionali, lavoro sull’estero. I grandi bradcoaster nazionali sono politicizzati, ed io non voglio entrare in questa melma. Preferisco lavorare su estero, dove ho notevoli soddisfazioni. Quanto ai prodotti di gioielleria, ormai in Italia sono pochi quelli che fanno vero artigianato, io riunisco maestri in tutt’Italia e trovo sbocchi esteri, spesso facilmente“.
3) Guido, ex Consigliere al Senato, editorialista: “Ho lavorato 20 anni al Senato, ho conosciuto tutti, da Carli ad Andreotti, dalla Anselmi a Napoleoni. Il pentapartito non si preoccupava di Confindustria, perché aveva le Partecipazioni Statali, i colossi pubblici che davano lavoro a milioni di persone. Al più a Confindustria le si dava le noccioline.“
Ebbene, confrontate queste testimonianze di un tempo e guardate la prima pagina di ieri de IlSole24ore: “Bonomi: «Per taglio cuneo possibili risorse per 40-50 miliardi». E questo governo ci sta pure pensando, a come trovarli.
Abbiamo perso il 25% dell’apparato industriale, per lo più grandi imprese pubbliche, le uniche che facevano “vera” ricerca applicata avanzata, e non aumenti incrementali derivanti da brevetti esteri, come succede da decenni. Pagavano salari decenti, le condizioni di lavoro erano buone.
Anche troppo, per i privati, che trovarono in Ciampi, Prodi, Amato, Carli, Draghi ecc. i loro alfieri per smantellarli.
Poi fu un succedersi di misure pubbliche a sostegno delle aziende rimaste, orbitanti nella sfera Confindustria.
Un mese fa ne parlavo con un manager che lavora in Asia. Lui, tra gli altri, frequenta circoli liberisti asiatici. Sono esterrefatti dal tipo di “statalismo” che c’è in Europa e in particolare da noi, inteso come sostegni pubblici all’apparato produttivo privato.
Logico che lo Stato, se opera secondo il principio “Più Stato per il Mercato“, debba poi tagliare in altre parti della spesa pubblica.
E così si distrussero l’istruzione primaria e universitaria, l’assistenza, la sanità, le politiche industriali pubbliche furono cancellate.
Ci sono ancora delle eccellenze, non c’è dubbio, ma senza questo assetto almeno il 30% dell’apparato produttivo, che è vecchio, andrebbe via. Questo perché, dopo 30 anni, nessuno pensa più a costruire un modello come c’era nella Prima Repubblica: grandi imprese pubbliche avanzate che trascinano l’intero apparato industriale.
Ci siamo mangiati il futuro per questo. Se tagli l’istruzione non sarai più tra i paesi avanzati in futuro, oltretutto la parte migliore delle nuove generazioni viene in questo modo spinta ad andare all’estero.
Nessuno pensa a queste cose, nella “classe dirigente”, nessuno pensa al futuro. Una volta i cinesi chiesero a Prodi: “ma è possibile che non pensate mai al futuro?”
Lo chiesero a quello che il futuro del Paese lo aveva distrutto.
Bonomi ora chiede allo Stato 50 miliardi per il taglio del cuneo fiscale. A spese dell’Inps e delle future pensioni.
Chiedono che i salari, pubblici e privati, li paghi lo Stato (tra tagli al “cuneo fiscale”, incentivi, defiscalizzazioni, alternanza scuola-lavoro, stage retribuiti, ecc.).
Chiedono che l’energia la paghi lo Stato, ogni volta che il prezzo si alza per la speculazione di altri “imprenditori”, sicuramente più potenti e prepotenti di loro.
Chiedono che anche le materie prime, con i crediti di imposta, le paghi lo Stato.
Loro sono capaci di “fare impresa” e profitti soltanto in questo modo. Stando sdraiati sul divano e mettendo tutti i costi in capo alle finanze pubbliche.
Si definiscono “liberisti”. In Asia ridono di loro. Siamo condannati all’estinzione, come capacità industriale, ma ridiamoci su. È realtà, Italia 2022.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento