Molti lettori si chiedono, e ci chiedono, come sia possibile che tutti i media mainstream – di fronte a notizie e problemi di grande complessità, quando non apertamente testimonianze di conflitti insanabili – diano tutti la stessa versione. Tranquillizzante anche quando diventa una chiamata alla guerra contro un nemico: “gli altri sono i cattivi, noi i buoni”.
Insomma la situazione che il “ministro degli esteri” dell’Unione Europea ha sintetizzato come “noi viviamo in un giardino ma al fuori c’è una giungla”. Nella quale “bisogna andare ed impegnarsi di più”. Militarmente, ovvio...
C’è insomma una corrispondenza pressoché perfetta tra linea strategica del potere dominante e impostazione del sistema mediatico. Le uniche differenze di rilievo riguardano questioni assai poco rilevanti, che riguardano in genere la competizione tra servi per avere il posto migliore.
Chiaro che in questo quadro la veridicità dell’informazione subisce – diciamo così – una certa violenza. Chiaro che l’abitudine alla menzogna spudorata diventa un modo di vivere e “guadagnarsi la pagnotta”. Tanto nelle redazioni dei giornali quanto nelle aule parlamentari di ogni livello.
La “corruzione”, ricordiamo sempre, è una transazione tra almeno due soggetti. Per ogni “corrotto” c’è necessariamente un corruttore. E se il primo – in quanto amministratore pubblico o parlamentare eletto, o anche in quanto giornalista – fa giustamente schifo a tutti, non è che per questo il corruttore diventa una “persona perbene”.
Un imprenditore vorace, un petromonarca del Golfo, un concessionario del litorale, ecc., hanno tutti lo stesso rapporto con la “cosa pubblica”, “la giustizia”, “la verità”, la “corretta informazione”.
Solo così si capisce perché una vicepresidente del cosiddetto Parlamento Europeo – l’unico al mondo privo del potere di proporre ed elaborare leggi – abbia potuto pronunciare senza arrossire un discorso in aula in cui si esaltava il Qatar come “un paladino dei diritti del lavoro”. Un paladino che ha provocato, soltanto per la costruzione degli stadi in cui far giocare le partire dei Mondiali, circa 6.500 morti tra gli operai provenienti da Pakistan, Bangladesh, Filippine ed altri paesi poveri dell’Asia.
Eva Kaili, l’europarlamentare greca cui sono stati trovati in casa “sacchi di banconote” per quasi un milione di euro, è casualmente una giornalista. Una che conosce bene i trucchi del mestiere, che “sa condire” l’informazione fino a trasformarla nel suo opposto. Proprio come fa qualsiasi governante di questo paese.
Sentiamo, da decenni ormai, che si fanno “politiche per i giovani”. E poi, ogni anno, scopriamo che la condizione giovanile peggiora, che il lavoro per loro manca e che quando c’è prevede un salario da fame (quanto il reddito di cittadinanza, o anche meno), o addirittura “gratuito”.
Sentiamo da anni, per esempio i leghisti, “preoccuparsi dei pensionati”. E poi scopriamo che il loro governo ha dimezzato il recupero dell’inflazione – obbligatorio per legge – a chi prende poco più di 1.500 euro netti al mese.
Dire una cosa e fare l’opposto dovrebbe, in teoria, esporre al pubblico ludibrio. Se non addirittura alla rabbia popolare.
Per “ridurre il danno” (ossia l’incazzatura di massa) è fondamentale l’intermediazione dei media; è fondamentale un’informazione drogata, falsata e sotto pieno controllo.
Per aiutare i non addetti al lavoro giornalistico a capire, almeno in parte, la “tecnica” (persino l’uso di una parola al posto di un’altra), pensiamo di fare cosa utile – e gradita – riproponendo qui quell’autentica “lezione di corretto giornalismo” fatta da Gian Maria Volontè in veste di direttore, nel leggendario Sbatti il mostro in prima pagina.
Sono passati quasi 60 anni, ma la situazione non è cambiata. Se non in peggio. Oggi siamo circondati di gente come quel direttore. Gente che sentenzia su cosa è fake news e cosa no...
Giudicate voi...
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