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18/12/2022

Inflazione, costo del denaro, crisi energetica: istruzioni per l’uso

La pandemia ha provocato penuria di materie prime. Quindi la domanda ha superato l’offerta e questo ha aperto la strada all’inflazione. Il percorso è stato accelerato dalla guerra guerreggiata in Ucraina e dalla guerra minacciata contro la Cina.

I prezzi delle materie prime sono schizzati alle stelle, quelli delle fonti energetiche sono andati in orbita. Come sempre, non c’è miglior investimento finanziario della guerra, una manna dal cielo per il capitalismo, come per i fabbricanti d’armi lo sono le bombe e i missili che cadono sulla testa dei civili.

Nell’economia capitalistica, succede sempre che qualcuno fa più soldi di altri, e allora bisogna calmierare l’inflazione. Se, per esempio, durante la pandemia ha fatto soldi la logistica e la grande distribuzione, e ha invece sofferto la manifattura e la produzione e distribuzione energetica, ecco che adesso questi settori si vogliono rifare, con gli interessi. Però proprio questo fa schizzare l’inflazione.

Che fare? “Bisogna aumentare il costo del denaro”, dice la teoria. Cioè, aumentare i tassi d’interesse, come sta succedendo negli Stati Uniti, che ormai viaggiano verso il 4,5% grazie alle ultime decisioni della Fed.

E grazie anche alla Bce, che in UE ha deciso – in pochi mesi – che l’Euro costi il 2% in più.

Secondo prassi, aumentando il costo del denaro, si dovrebbero rendere meno vantaggiosi gli investimenti finanziari provenienti dagli extraprofitti della speculazione, quindi si costringerebbe il mercato ad abbassare i prezzi: insomma, se calano i prezzi cala anche il costo del denaro.

Queste, che appaiono come decisioni tecniche per “raffreddare” l’inflazione, sono misure che in realtà passano sopra la testa dei governi e anche di alcuni listini di Borsa, ma cadono inesorabilmente come bombe economiche sulla testa dei cittadini, devastando i loro redditi.

Infatti, se per fermare gli aumenti dei prezzi al consumo e il costo della benzina, del gas e dell'energia elettrica – che quei prezzi spingono in alto – si ricorre all’aumento del costo del denaro, succede che nel frattempo diventa più oneroso pagare anche i mutui e i prestiti: per abbassare l’inflazione si calpesta senza scrupoli il corpo sociale.

Le banche centrali sono il nuovo Tallone di ferro [1] di una distopia che si chiama capitalismo finanziario.

In Italia, la situazione è più grave, perché stipendi e salari erano già bassi sulla linea di partenza della crisi attuale e – poiché la corsa inflattiva ha preso ormai velocità e si prevede percorra un lungo tragitto durante il 2023, correndo con la stagflazione che gli alita sul collo – le condizioni materiali sono diventate molto difficili, essendo stato depotenziato, ormai da tempo, lo Stato sociale, che anzi diventa un ulteriore costo sociale.

Le risorse per la Sanità, l’Istruzione e la Previdenza, pilastri dello Stato del benessere (welfare), sono ridotti a tralicci diroccati e arrugginiti della condizione del malessere sociale. Ogni anno le voci di bilancio sono tagliate per finanziare il debito pubblico, e quindi sottratte alla disponibilità della maggioranza dei cittadini, col risultato di trasformarsi in ulteriori costi a carico dei singoli.

Nel frattempo, molti comuni italiani stanno aumentando il prezzo del biglietto dei mezzi pubblici, tanto per dare un calcio sugli stinchi ai pendolari.

D’altronde, “la società non esiste, esistono i singoli individui” era il dogma della famigerata signora Thatcher, la madre del neoliberismo applicato alle politiche governative.

Cioè: se sei in difficoltà, è colpa tua. Che poi è la storia che si ripete – magari a pappagallo – con l’attacco nostrano al salario minimo o al reddito di cittadinanza.

Ricapitolando: se dal lavoro si guadagna poco e contemporaneamente si spende troppo per vivere, vuol dire che ancora una volta stiamo pagando una crisi economica, prodotta da scelte che sfuggono al nostro controllo politico, e che anzi agiscono contro le regole democratiche, perché violano senza scrupoli tutti i diritti.

E sappiamo, perché lo abbiamo già vissuto, che una volta sfiancati per raggiungere l’agognata ripresa, dopo la crisi, pagheremo anche quella, la ripresa: la crisi è sempre per tutti, e la ripresa solo per pochi.

E se per una volta provassimo a mettere in crisi chi ci ha messo in crisi? Il fatto è che stavolta è il non tentar che nuoce.

Note

[1] Il tallone di ferro dello scrittore statunitense Jack London è un romanzo fantapolitico e antitotalitario, considerato il primo esempio di letteratura distopica.

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