Scoprire oggi il peso del lobbismo nelle istituzioni europee, e il suo modo di condizionare velenosamente la politica, è estremamente ingenuo. Come lo è l’eventuale fresca scoperta di quanto sia tossico, a tutti i livelli di rappresentanza, il lobbismo in ciò che convenzionalmente chiamiamo sinistra. Certo, in Italia si tratta di un lobbismo differente rispetto al passato – almeno fino a 15 anni fa era evidente la pressione verso sinistra di grandi soggetti nazionali (assicurazioni, lega cooperative, sistema emiliano, per non parlare di quelle dei sindacati legati all’economia della concertazione) – mentre oggi lo scenario, oltre che determinato in modo più marcato dal pilota automatico normativo-finanziario europeo, è molto più frammentato e legato maggiormente alle reti di relazioni create attraverso le istituzioni.
Per capirsi sulla frammentazione del lobbismo di sinistra: sia i casi Soumahoro che quello Panzeri fanno parte, da angolature molto diverse, di questo fenomeno che non passa più dai grandi interessi di sinistra ma da ciò che rimane, a sinistra, della rappresentanza parlamentare. Il primo è legato al disastro (finora solo) d’immagine di un deputato che fa esplicita attività di fund-raising, sul tema dell’emancipazione dei migranti, ed è legato a una famiglia che organizzava, fino a ieri, centri di accoglienza. Si può pensare cosa si vuole del caso Soumahoro, ma un deputato che fa anche fund-raising si trova, giocoforza, a dover occupare tanto del proprio tempo a promuovere la propria attività e coltivare la propria immagine che è il vero asset per far arrivare fondi. Il risultato, su quel piano, come è noto, è stato disastroso, con immediato riflesso non tanto sui sondaggi di Sinistra Italiana-Verdi ma su quelli della coalizione di centrosinistra oggi appena sopra il 22 per cento.
Questo perché il piano dell’immagine di Souhmaoro non danneggia nello specifico chi l’ha candidato, un cartello elettorale che è poco più di una entità a conduzione familiare, ma soprattutto, grazie anche ai media, l’idea stessa di coalizione “di sinistra”. In questo senso Soumahoro concorre alla disgregazione del consenso elettorale verso il centrosinistra assieme a Panzeri, ex segretario della CGIL milanese, che invece rappresenta un lobbismo molto diverso, non solo per dimensioni e ragione diciamo sociale, ma anche per storia politica.
Panzeri infatti viene dalla corrente dalemiana del PD, in ottimi rapporti con Bersani ed è stato fedelissimo di quel Penati che negli incroci tra profitti legati alle autostrade lombarde e tentativo del centrosinistra di radicarsi nel mondo bancario ha forse rappresentato al meglio gli intrecci di affari tra centrodestra e centrosinistra, il posizionamento di un lobbismo politico dalla ragione sociale originaria (cooperative, assicurazioni, sindacato) a uno più spregiudicato, trasversale e rapace.
Panzeri rappresenta quella parte di PD che, con l’avvento di Renzi, ha nettamente perso peso nel partito per cui si è reso necessario il passaggio ad Articolo 1, la formazione dell’ex ministro Speranza che a qualcuno sembrerà più sinistra di altre ma, dopo la vicenda Qatar, appare quello che è ovvero un piccolo cartello elettorale utile per movimentare relazioni e, dopo, soldi. La traiettoria di Panzeri successiva alla carica di europarlamentare, fa capire il capitolo successivo del “politico” dopo l’uscita dagli istituti di rappresentanza: legato alle lobby qui tra Ong, relazioni con governi esteri e movimenti di capitale. In fondo niente di diverso da D’Alema, che a sua volta rappresenta interessi qatarioti in Italia, e da Renzi che invece, notoriamente, è legato a interessi sauditi. Lo stadio supremo del politico di centrosinista è questo, da rappresentante d’interessi, una volta eletto, a piazzista d’interessi, anche globali, una volta uscito dalla rappresentanza istituzionale.
A livello della politica continentale si teme che la vicenda Panzeri, che ha coinvolto l’ormai ex vicepresidente del parlamento europeo Eva Kaili, possa rappresentare la prima ondata di delegittimazione dell’intero europarlamento. Diversi possono essere i fattori di spinta di queste nuove ondate da un effetto domino nell’inchiesta Qatar-Marocco e al momento mancano diversi elementi per fare chiarezza sulle cause di quello che sta accadendo. Certo quando la presidente del parlamento europeo, maltese, espressione di un paese che è una piattaforma offshore e incrocio d’interessi di ogni genere, afferma “siamo sotto attacco” è evidente che, senza indicare chi sta attaccando e perché, c’è il timore che lo scandalo vada ben oltre l’Italia, il Qatar e il Marocco.
Premesso poi che nessuno dei partiti investiti, a diverso titolo, da quanto accaduto (da SI-Verdi, a Articolo 1 al Pd) è andato oltre le parole di circostanza, senza prefigurare una visibile, accettabile ed efficace ristrutturazione del rapporto tra cartelli elettori e fund-raising, i punti da considerare sono due:
1) d’immagine. Dal “diritto al lusso” della compagna di Soumahoro, attratta più dalle borse di Gucci che dal simbolico del riscatto terzomondista, ai sacchi di soldi trovati in casa Panzeri ogni soggetto di sinistra, anche lontano da questi mondi, è percepito semplicemente come qualcuno che irrimediabilmente finirà per percorrere lo stesso sentiero di questi personaggi. La crisi di legittimazione di un intero campo progressista e radicale è poi tanto più grave in un momento, come questo, di profonda spoliticizzazione della società italiana;
2) di prospettiva. Diciamolo chiaro: la politica, a tutela delle fasce subalterne della nostra società, richiede fondi e non pochi visto che il sapere necessario per fare politica costa considerato che con il semplice, oltretutto oggi scarso, attivismo non si spostano rapporti di forza. Quindi in assenza di un modello di organizzazione in grado di attrarre e allocare fondi, senza finire nel lobbismo, la politica di sinistra in questo paese non avanzerà di un millimetro.
Va detto, basti vedere il caos dei gruppi parlamentari 5 stelle durante le esperienze di governo, che sul rapporto con il lobbismo si sono fatti male tutti i cartelli elettorali che hanno richiamato, a vario titolo, alla partecipazione e alla estensione dei diritti sociali. I casi Soumahoro e Panzeri, in questo senso, sono utili per capire che senza idee chiare e pratiche forti nell’affrontare questo nodo, legato al denaro, ogni progetto di sinistra è destinato a degradare nell’affarismo, quindi nella perdita di consenso e nel dileggio dell’opinione pubblica.
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