“Parlare con Zelensky? Se fossi stato il presidente del Consiglio non ci sarei mai andato perché stiamo assistendo alla devastazione del suo paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili. Bastava che cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto, quindi giudico, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore”.
Le parole di Berlusconi all’uscita dai seggi elettorali, sono piovute come una pietra sull’imbalsamato e compulsivo dibattito politico in Italia sulla guerra in Ucraina.
A pochi giorni dall’incontro, a Bruxelles, tra la premier Meloni e il presidente ucraino, il Cavaliere avanza una chiave di lettura e una via d’uscita completamente diversa da quella fin qui indicata dal “Partito trasversale della guerra”.
Secondo Berlusconi nel conflitto russo-ucraino “per arrivare alla pace penserei che il presidente americano dovrebbe prendersi Zelensky e dirgli che è a sua disposizione dopo la fine della guerra con un piano Marshall per ricostruire l’Ucraina. Un piano Marshall dai 6 ai 9mila miliardi di dollari, a una condizione: che tu (Zelensky, ndr) domani ordini il cessate il fuoco, anche perché noi da domani non vi daremo più dollari e non ti daremo più armi. Soltanto una cosa del genere potrebbe convincere questo signore ad arrivare a un cessate il fuoco”.
Di fronte a queste dichiarazioni che hanno circolato abbondantemente in tutta la sonnecchiosa domenica elettorale, i primi a imbizzarrirsi sono stati i guerrafondai del Pd e della banda Calenda & Co.
La presidente dei senatori democratici, Simona Malpezzi, si è rivolta alla Meloni chiedendole se è d’accordo con le parole pronunciate da Berlusconi sulla guerra in Ucraina. Poi è arrivato anche Carlo Calenda secondo cui “Berlusconi ricomincia con i suoi vaneggiamenti putiniani, in totale contrasto con Ue, il governo di cui fa parte e il ministro degli Esteri che è anche espressione del suo partito. Pessimo“.
A metterci una pezza ci ha privato il ministro degli Esteri Tajani il quale ha ribadito che: “Forza Italia è da sempre schierata a favore dell’indipendenza dell’Ucraina, dalla parte dell’Europa, della NATO e dell’Occidente. In tutte le sedi – assicura Antonio Tajani – continueremo a votare con i nostri alleati di governo rispettando il nostro programma”. Diversamente da Tajani che nel governo è ministro e vicepresidente, i capogruppo di Forza Italia alla Camera e al Senato hanno sostenuto le dichiarazioni del loro Berlusconi. M5s e Lega invece hanno preferito non commentare. Un silenzio che non è rimasto inosservato.
Ma perché Berlusconi – ed è la terza volta – è intervenuto così apertamente contro la guerra in Ucraina e lo stesso Zelenski? Tra l’altro affermando alcune verità sugli accordi di Minsk sabotati da Kiev e dall’Occidente ribadite poi anche dalla Merkel.
Se è noto il feeling con Putin da parte di Berlusconi, occorre ammettere, diversamente dal resto del ceto politico di destra o del Pd, che il Cavaliere ha dimostrato e dimostra di conoscere meglio degli altri il senso comune prevalente nel paese, anche verso la guerra in Ucraina in cui i governi Draghi e Meloni ci hanno trascinato da un anno.
Tutti i sondaggi, con una straordinaria continuità da un anno a questa parte, confermano che la maggioranza della popolazione non vuole che l’Italia sia coinvolta nella guerra, non vuole che l’Italia invii armi all’Ucraina e vuole invece che si persegua la strada del negoziato, anche contro il parere di Zelenski.
Il Cavaliere si vede che i sondaggi li legge ed è più scaltro degli altri nell’adeguarsi al sentiment della società. Una spina in più sul terreno del governo ma anche l’occasione, dopo un anno, per invertire la corsa all’escalation militare in cui l’esecutivo sta trascinando il paese.
Anche per questo il 25 febbraio saremo in piazza contro a Genova per la manifestazione nazionale chiamata dai portuali che alla guerra si sono opposti concretamente.
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