Leggendo i commenti del mondo liberal-democratico italiano si ha la sensazione che la vittoria di Starmer alle elezioni britanniche sia stata prima di tutto contro la sinistra e poi, un po’ per sbaglio, anche contro la destra. È il riformismo occidentale che vince, perde la sinistra ancorata al socialismo, al pubblico, alla pace, una sinistra che oggi è diventata anche antisemita. Questo il delirio dominante, che si basa su un assioma: il Labour di Starmer ha vinto, mentre quello di Corbyn aveva perso, quindi la sinistra, se vuole ancora vincere, deve diventare come Starmer e rinunciare a qualsiasi contatto con il mondo di Corbyn.
Jeremy Corbyn era il leader del Labour prima di essere estromesso dal ritorno al comando dei seguaci di Tony Blair, il premier britannico che, se ci fosse giustizia internazionale, oggi sarebbe sotto processo per crimini di guerra e strage. I blairiani di Starmer avevano accusato Corbyn di antisemitismo per il suo sostegno alla causa palestinese, con il sostegno di una potente campagna mediatica e di tutto il sistema di potere finanziario e militare.
Ora ci viene spiegato che Corbyn perdeva e Starmer stravince.
In realtà il Labour di Corbyn era arrivato a raccogliere 12 milioni di voti, 2 in più di quelli ricevuti ora da Starmer, ma allora il partito conservatore era in forze e aveva prevalso.
Oggi i conservatori sono crollati, hanno perso milioni di voti a favore dell’estrema destra di Nigel Farage, tutti il voto britannico si è articolato e frantumato, e questo ha immensamente favorito i laburisti. Che con il 33% dei voti, la percentuale raccolta da Le Pen al primo turno francese, ha ottenuti il 63% dei seggi. Il sistema elettorale britannico, con il collegio uninominale dove il primo vince anche se non ha la maggioranza, ha permesso al Labour un risultato da sogno.
Un risultato che sicuramente avrebbe ottenuto anche Corbyn, perché il crollo dei conservatori è dovuto ad un crisi totale sia di leadership, Sunak era inviso anche al suo elettorato, sia di proposta politica. Dopo la Brexit i conservatori non han più saputo che fare, divisi tra chi l’ha voluta e chi l’ha combattuta, con il paese in crescente crisi economica e sociale. La scelta guerrafondaia, con il sostegno fanatico all’escalation militare contro la Russia, e la collaborazione totale con Netanyahu, il razzismo di stato contro i migranti, con l’accordo di deportazione in Ruanda dei clandestini, sono stati anche strumenti per costruire consenso. Ma non hanno funzionato.
Pertanto la decisione dell’establishment del Labour e del paese di far fuori Corbyn è arrivata appena in tempo per evitare che un vero governo di sinistra succedesse alla crisi dei conservatori. Starmer garantisce continuità nella guerra e nella NATO, nella complicità con il genocidio israeliano a Gaza, e soprattutto nelle politiche liberiste a favore dei ricchi che hanno fatto la fortuna, anche personale, di Tony Blair. Sì qualche misura di facciata Starmer sarà costretto a prenderla, ma non certo in modo da tale da danneggiare l’élite che lo ha scelto per sostituire i sempre più impresentabili conservatori.
Ma questo ritorno fuori tempo massimo del blairismo non ha alcun futuro. Il mondo è profondamente cambiato da quando le classi dirigenti occidentali potevano dare un’immagine di progresso a politiche economiche liberiste, mentre facevano guerre per esportare la democrazia. Quelle politiche di finta sinistra di Blair, Clinton e anche Prodi sono finite nella rinascita della peggiore destra, riproporle oggi sarebbe solo fare un favore ancora più grande ad essa.
Oggi la democrazia è in crisi in Occidente ed in Europa, la guerra contro la Russia e l’economia di guerra stanno distruggendo ogni stabilità sociale, il sostegno ad Israele ha provocato una rottura con giovani e studenti, i sistemi politici sono sempre più escludenti. E di fronte a tutto questo la risposta sarebbe il ritorno al blairismo? Come se in Italia l’alternativa a Meloni potesse essere Renzi.
La vittoria in Gran Bretagna di Starmer, che già conferma il 90% delle politica interna dei conservatori e il 100% di quella estera e di guerra, non è l’apertura di una nuova stagione riformista, ma un ulteriore sviluppo della crisi attuali delle politiche dell’Occidente liberista. Finita l’euforia e messi di fronte problemi e alle scelte reali, i laburisti rischieranno di raggiungere rapidamente i conservatori nella crisi di rappresentanza.
E qui c’è un fatto significativo, ovviamente cancellato dalla narrazione dominante sulla sinistra che vince quando fa la destra: Corbyn ha vinto. Sì nel suo collegio di Islington nella periferia di Londra, l’ex leader laburista è stato eletto battendo sia il candidato ufficiale Labour che quello conservatore. E i voti che ha preso Corbyn per rientrare a Westminster sono di più di quelli raccolti da Starmer per la sua personale rielezione.
È un bel segnale che riecheggia e porta nel palazzo le gigantesche manifestazioni per la Palestina, gli scioperi contro i tagli sociali, il rifiuto della guerra e del riarmo. Sentiremo Corbyn in Parlamento e tanto popolo nel paese dire una verità che il nostro sistema in crisi fa finta di non sapere: ma davvero volete tornare a Blair? No grazie.
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