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03/11/2025

Più colonie in Cisgiordania per seppellire qualsiasi stato palestinese

Mentre vengono trasmesse le notizie e le immagini dei coloni israeliani che si scagliano contro i palestinesi che raccolgono le olive in Cisgiordania, Tel Aviv procede l’opera di insediamento nella regione, con un obiettivo molto chiaro: cancellare la continuità territoriale della West Bank, e cancellare qualsiasi ipotesi di stato palestinese. E questo, da ben prima del 7 ottobre 2023.

È stato confermato da pochi giorni che si prevede la costruzione di quasi 2 mila nuovi alloggi nelle colonie israeliane della Cisgiordania: saranno 50 mila quelli costruiti o approvati dalla formazione dell’ultimo governo Netanyahu, alla fine del 2022. Ripeto: ben prima del 7 ottobre 2023. Negli ultimi 3 anni circa, sono stati intorno ai 2.600 gli ettari confiscati agli abitanti locali.

Il governatorato palestinese di Gerusalemme ha fatto sapere che le autorità dell’occupazione sionista hanno dato via libera ad un’ulteriore confisca di 585 ettari del villaggio di Anata, a nord-est della città. La scusa, tra le altre che spesso vengono usate, è quella di “necessità militari”. Circa la metà del territorio di Anata era già stato confiscato in passato.

Quest’ultima decisione si pone in continuità con altre imprese ‘edilizie’ intorno a Gerusalemme. In particolare, la costruzione di 3.400 nuove unità abitative tra la città e l’insediamento illegale di Ma’ale Adumim. Questo blocco di abitazioni costituirebbe una sorta di via di muro che interromperebbe di fatto la circolazione dei palestinesi tra il nord e il sud della Cisgiordania.

L’annessione a Israele di Ma’ale Adumim è stato uno dei due progetti di legge che sono stati approvati dalla Knesset durante la visita del vicepresidente statunitense Vance. Se quello riguardante tutta la Cisgiordania non è passato per un soffio, ed è stato criticato da Washington, l’estensione della sovranità di Tel Aviv alla sola Ma’ale Adumim ha ricevuto una più larga approvazione.

È lo stillicidio dell’annessione della regione, che è meno eclatante di una votazione parlamentare ma che avviene continuamente da anni e anni, e che anzi negli ultimi cinque ha visto il numero degli insediamenti crescere del 180%. Ora, soprattutto per iniziativa del ministro delle Finanze Smotrich, si sta tentando un ulteriore salto di qualità.

Il giornale israeliano Yedioth Ahronoth ha parlato di un piano di colonizzazione “massiccio e senza precedenti” per rafforzare la propria presenza in Cisgiordania e magari ottenerne anche l’approvazione verso le prossime elezioni, il prossimo anno. Ma c’è qualcosa di più: da qualche mese è stato dato il via a un enorme piano infrastrutturale che dovrebbe collegare 80 insediamenti della West Bank alle reti idriche, elettriche e stradali israeliane.

È lo stesso giornale israeliano a sottolineare che, se si associa a tutto ciò anche la creazione di una Direzione ministeriale incaricata della ‘legalizzazione’ degli insediamenti israeliani, emerge chiaramente il salto di qualità della colonizzazione. E l’obiettivo è chiarissimo: la continuazione di questo operato serve a seppellire definitivamente qualsiasi ipotesi di nascita di uno stato palestinese in Cisgiordania.

Senza continuità territoriale, senza poter amministrare i propri territori, con una sovranità spezzata, non può nascere alcuno stato in senso moderno. Nel frattempo, negli ultimi due anni la povertà è aumentata dal 12% al 29%, e il tasso di disoccupazione è arrivato al 35%. A pagare pesantemente la colonizzazione sono innanzitutto le donne: sono almeno 6.500 quelle costrette a lavorare negli insediamenti illegali, spesso senza un contratto e per meno di 20 dollari al giorno, prive di condizioni minime di sicurezza.

Quando sentiamo i finti ‘progressisti’ nostrani, tipo quelli che usano paragoni mistificanti per continuare a vomitare la propria propaganda sionista – ad esempio, Fiano di Sinistra per Israele – parlare di pace e due stati, andrebbero contestati anche solo per il fatto che nascondono che queste due possibilità sono rese impossibili da Tel Aviv stessa.

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