Do you remember il PNRR? I soldi arrivati a pioggia negli anni scorsi dal piano di ripresa europeo, dovevano servire a far ripartire l’economia dopo il collasso dovuto alla pandemia.
I recenti governi italiani (con Conte, Draghi e Meloni) sono riusciti a fare un doppio “capolavoro” negativo.
Il primo è che hanno preso più a soldi a prestito che a fondo perduto (come hanno fatto altri paesi), soldi che quindi andranno restituiti.
Il secondo è che invece di usare i finanziamenti PNRR per stabilizzare criticità strutturali del sistema li hanno distribuiti in mille progetti a tempo che, una volta esauriti i soldi, vedranno verranno chiusi senza aver stabilizzato ciò che prima era precario.
Oggi i precari del PNRR Giustizia manifestano davanti al Ministero della Funzione Pubblica per chiedere al Governo che vengano approvati gli emendamenti che prevedono la loro stabilizzazione.
Nei prossimi mesi 6mila lavoratrici e lavoratori precari del PNRR Giustizia perderanno il posto di lavoro. Si tratta di figure professionali altamente qualificate, perfettamente formate e inserite nell’organizzazione del lavoro.
Ma i precari dei progetti finanziati dal PNRR che rischiano di essere licenziati sono quasi 20mila. Non solo nella Giustizia ma anche nelle Università e nei centri di ricerca come il CNR.
Con i licenziamenti verranno buttati a mare i risultati raggiunti con il progetto PNRR e rimarrà solo il debito da onorare con l’Unione Europea.
Questa è la politica del Governo Meloni e l’amministrazione del sistema Giustizia del Ministro Nordio, il quale sembra ossessionato solo dal fare la guerra ai magistrati e raggiungere l’obiettivo della separazione delle carriere.
La Legge di bilancio che sta per essere presentata alle Camere dal Governo, dovrebbe contenere anche le risposte ad alcune questioni fondamentali, fra queste la stabilizzazione di tutti i 12mila precari del Ministero della Giustizia utili a consolidare gli avanzamenti realizzati con il PNRR e a colmare la cronica carenza di personale che caratterizza questo delicatissimo settore.
Ad oggi solo la metà di loro, 6mila, dovrebbe rimanere, mentre altrettanti lavoratrici e lavoratori il 1 luglio del prossimo anno andranno a casa lasciando un enorme buco di organico nel settore.
La manifestazione di oggi arriva dopo gli scioperi del 31 gennaio e del 15 ottobre promossi dall’USB che hanno registrato altissime percentuali di adesione. E i precari annunciano che la protesta non si fermerà fino a quando il Governo si deciderà a dare risposte concrete.
Un comunicato del Ministero parla di accordo raggiunto con i sindacati Cisl, Uil, Unsa, Flp e Confintesa ma fa gelare il sangue: a seguire verranno avviate le procedure per i restanti profili nei limiti delle unità già finanziate: cioè 6mila precari perderanno il lavoro con il benestare dei cosiddetti “firmatari”.
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