E Zelenskij stavolta sembra aver capito meglio. Ha scelto il solito monologo al Paese per far capire – senza rischiare di essere fucilato alla fine della registrazione de video – che non vorrebbe accettare di discutere quel piano, ma non si può far altro. Se tutti sono d’accordo...
«L’Ucraina potrebbe ora trovarsi di fronte a una scelta molto difficile: perdere la propria dignità o rischiare di perdere un partner fondamentale; o 28 punti difficili o un inverno estremamente difficile, il più difficile mai visto, e ulteriori rischi. Una vita senza libertà, senza dignità, senza giustizia. E ci si aspetta che ci fidiamo di qualcuno che ci ha già attaccato due volte. Non faremo dichiarazioni altisonanti, lavoreremo con calma con l’America e tutti i nostri partner. Presenterò argomenti, persuaderò, offrirò alternative, ma sicuramente non daremo al nemico alcun motivo per dire che l’Ucraina non vuole la pace».O i 28 punti, o i termosifoni spenti sotto la neve (parafrasando il Mario Draghi dell’aprile 2022, che chiamava “l’Europa” alle sanzioni anti-russe). Quindi si siederà a quel tavolo – prima con Trump, poi forse anche con Putin – cercando di tirare la corda il più possibile, ma senza spezzarla.
Lo spazio in effetti c’è, praticamente per ogni ipotesi. Quei 28 punti sono soltanto titoli, i singoli capitoli vanno tutti scritti. E l’ambiguità regna sovrana, come per ogni altro “piano Trump” buttato su un qualsiasi tavolo.
Basta cominciare a leggerli:
2. Sarà concluso un accordo globale di non aggressione tra Russia, Ucraina ed Europa. Tutte le ambiguità rimaste in sospeso negli ultimi 30 anni saranno considerate risolte.A volerli prendere alla lettera, gli Usa di Trump si considerano di fatto fuori dalla Nato, anche se ancora non l’hanno comunicato ufficialmente agli “alleati”. Il “patto di non aggressione” verrebbe infatti siglato solo dagli altri contendenti, mentre Usa e Russia si regolerebbero tra loro sulla base dei trattati strategici firmati in tempi ormai andati.
3. Si prevede che la Russia non invaderà i paesi vicini e che la NATO non si espanderà ulteriormente.
4. Sarà avviato un dialogo tra la Russia e la NATO, con la mediazione degli Stati Uniti, al fine di risolvere tutte le questioni relative alla sicurezza e creare le condizioni per una distensione.
Addirittura gli Usa si pongono come “mediatore” tra Russia e Nato. Per chi conosce la storia del secondo dopoguerra sembra quasi una presa in giro, o una “rivoluzione” di cui nessuno si era accorto.
Altrettanto vago il seguito:
5. L’Ucraina riceverà garanzie di sicurezza affidabili.Definire 600mila militari una “limitazione”, per esempio, è un nonsenso. Attualmente l’esercito ucraino conta un milione e 200mila uomini, ma solo perché c’è la mobilitazione generale per la guerra. Prima del conflitto – quando peraltro dal paese non erano fuggiti a milioni – era di 190.000. Quindi la “limitazione” avrebbe una logica riducendo quest’ultima cifra. Anche perché mantenere un esercito di oltre mezzo milione di persone – quando devi ricostruire il paese, ti manca la manodopera e anche i soldi – è un una mission impossible.
6. Le forze armate ucraine saranno limitate a 600.000 militari.
7. L’Ucraina accetta di inserire nella sua costituzione che non aderirà alla NATO, e la NATO accetta di includere nel suo statuto una disposizione che specifica che l’Ucraina non sarà integrata in futuro.
Il punto più ambiguo è però un altro: “8. La NATO accetta di non schierare truppe in Ucraina”. Cosa significa? Che invece i singoli paesi – Francia e Gran Bretagna in testa – potranno eventualmente farlo “privatamente” ma senza invocare poi l’art. 5 dell’Alleanza? Difficile che Mosca possa approvare una formulazione del genere senza una lunga e robusta lista di “chiarimenti”.
Collegate a queste ambiguità c’è poi tutta la parte relativa all’integrazione dell’Ucraina dentro l’Unione Europea – che peraltro neanche è stata consultata per l’elaborazione del “piano” – fin dal punto 11. “L’Ucraina è idonea all’adesione all’UE e beneficerà di un accesso preferenziale a breve termine al mercato europeo mentre la questione è allo studio”.
È noto che il percorso di adesione alla UE è parecchio lungo, perché ogni nuovo membro deve adeguarsi alle regole europee in materia di stato di diritto, normative, politiche agricole, ecc. Garantire un “accesso preferenziale” significa creare una “concorrenza sleale” con i paesi che hanno appena concluso dolorosamente quel percorso o che lo stanno contrattando in questo momento.
Significa, in particolare, cambiare drasticamente la distribuzione dei fondi europei (si pensi solo a quelli per l’agricoltura), fare eccezioni sulle modalità produttive e il rispetto dei limiti ambientali e così via. Difficile che si possa ottenere un consenso unanime tra i 27, o almeno evitare una robusta minoranza di contrari.
Sulla parte riguardante “i soldi” (i punti 12, 13 e 14) consigliamo la lettura dell’analisi di Emiliano Brancaccio, apparsa su il manifesto, che coglie le questioni essenziali: il costo della ricostruzione va in conto all’Unione Europea, gli eventuali profitti verranno condivisi – è la proposta – tra Usa e Russia. Semplice, no?
Inutile andare avanti. Si capisce che ogni singolo punto dovrà essere “concretizzato” in modo molto articolato per evitare che la “libera interpretazione” di ogni singolo contraente riporti immediatamente ad una nuova guerra. È una bozza di discussione, scritta “alla texana”, con gli stivali sul tavolo e senza neanche la carta geografica; esplicita una direzione di marcia, ma nessuno l’accoglierebbe come una “proposta di trattato”.
Per capirci. Al punto 10 si dice “Se l’Ucraina lancerà un missile su Mosca o San Pietroburgo senza una valida ragione, la garanzia di sicurezza sarà considerata nulla e non valida”. Su qualsiasi altra città russa invece va bene?
Abbiamo davanti una strada ancora parecchio accidentata, insomma, anche se soltanto l’impressione che si sia aperta una possibilità di pace è bastata a far crollare in borsa i titoli delle industrie militari.
Che l’Ucraina accetti di “ragionarci sopra” è ovviamente decisivo. A parte ogni ragionamento moralistico, sarebbe complicato “garantire la pace” mentre gruppi armati utilizzano tattiche “terroristiche” per riaccendere fuori tempo massimo un focolaio di guerra.
Il soggetto che invece appare totalmente tagliato fuori è l’Unione Europea, più la Gran Bretagna che non ne fa più parte. Starmer, Merz e Macron – senza neanche consultare Giorgia Meloni, per dire quanto conta... – si sono subito affannati a prospettare un “piano alternativo”. Quello che non avevano neanche preso in considerazione per quattro anni, obnubilati dall’obiettivo di “sconfiggere la Russia, punto e basta”.
Quanto sia realistico pensare di proseguire la guerra senza l’apporto degli Stati Uniti è il punto di partenza del “discorso alla nazione” di Zelenskij. “È una proposta che non si può rifiutare”.
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