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22/11/2025

Non abbassare il tiro nella mobilitazione per la Palestina

Altri 34 palestinesi (tra cui 18 bambini) sono stati uccisi dai bombardamenti israeliani su Gaza tra mercoledi e giovedi e nonostante il cessate il fuoco. Altri 5 sono stati uccisi questa mattina. Ma per i telegiornali italiani questa non è stata una notizia degna della dovuta attenzione.

Altri 245 sono stati uccisi nelle settimane precedenti da quando è scattata la cosiddetta “tregua”. Ma questo “dettaglio” non viene mai rilevato negli articoli o nei servizi dedicati all’attuazione del “Piano di pace” per Gaza.

I palestinesi sono stati bombardati (13 morti) addirittura anche nei campi profughi in Libano, come avvenuto nel campo di Ain el Hilweh tre giorni fa.

In Cisgiordania le aggressioni dei coloni ai contadini palestinesi crescono di giorno in giorno, supportate dai militari israeliani e dalle decisioni delle autorità di Tel Aviv che, per esempio, stanno praticamente realizzando la pulizia etnica nell’area di Gerusalemme dove oggi sono stati uccisi due palestinesi. Stanno inoltre emergendo le testimonianze sugli orrori contro i prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane.

Come è stato detto giustamente nell’assemblea nazionale del 16 novembre a Roma, il “genocidio diffuso” da parte di Israele contro i palestinesi sta continuando con la sola novità che politicamente e mediaticamente viene “coperto” e silenziato con lo scenario di un cessate il fuoco e di un piano di pace che doveva produrre proprio questo effetto: disinnescare la estesa e crescente mobilitazione popolare di solidarietà con il popolo palestinese e depotenziare l’isolamento internazionale di Israele.

Sul nostro giornale avevamo intuito in tempi non sospetti che questa sarebbe stata una delle conseguenze del Piano Trump anche nel nostro paese.

È innegabile che se tale operazione ha consentito un po’ di relativo sollievo alla popolazione palestinese a Gaza (ma anche qui la realtà sul campo non è poi così rassicurante), dall’altro è stata una ciambella di salvataggio sia per la destra che per la “sinistra” filo-sioniste, messe seriamente in difficoltà dall’ampiezza dell’indignazione e delle manifestazioni a sostegno del popolo palestinese.

La mobilitazione per la Palestina, fortunatamente, non è caduta nella trappola e non ha fermato i motori.

Ma è proprio questo che il governo e gli apparati israeliani – e filo-israeliani nel nostro paese – vogliono stroncare con tutti i mezzi.

Lo stiamo vedendo con il clima di tensione creato dal ministero degli Interni a Bologna intorno alla partita di basket tra la israeliana Maccabi e la locale Virtus. Lo avevamo visto con le cariche e gli idranti contro manifestanti a Roma in piazza Verdi qualche settimana fa.

Ma lo stiamo vedendo anche con l’arroganza con cui i commentatori filo-israeliani nel nostro paese stanno cercando di recuperare lo spazio perduto nei mesi scorsi sul piano della narrazione su quanto avvenuto a Gaza e in Palestina, una arroganza che arriva a sfiorare il negazionismo vero e proprio sul genocidio contro i palestinesi.

Proprio coloro che per decenni hanno – anche giustamente – contrastato chi negava i numeri dello sterminio degli ebrei in Europa, oggi si pongono sullo stesso piano negando i numeri del genocidio contro i palestinesi.

Ma se il genocidio prosegue – e i dati sul campo lo confermano nonostante le telecamere spente dei mass media e la disattenzione della politica – la mobilitazione sulla Palestina non deve arretrare di un passo e ri-articolare la propria iniziativa. Non sarà sempre possibile replicare l’onda che abbiamo visto nelle settimane di settembre e ottobre.

Ci sono occasioni in cui si manifesta in 100 e occasioni in cui si manifesta in 100mila. Servono entrambe, anzi l’esperienza di questi due anni ha dimostrato che le prime hanno preparato il terreno per le seconde.

Qualche sorpresa potrebbe riservarcela lo sciopero generale del 28 e la manifestazione nazionale del 29 novembre che vedrà nuovamente convergere le istanze del conflitto sociale contro il riarmo e i bassi salari con quelle della giustizia per il popolo palestinese.

Il tentativo del governo italiano di nascondere le proprie responsabilità e complicità con i crimini israeliani coprendosi con il Piano di pace di Trump che dovrebbe cancellare con un colpo di spugna quanto accaduto fino a oggi, non può essere accettato, tanto più se lo stesso governo intende portarci dentro al gorgo del riarmo e della guerra in Europa.

Vanno dunque salutate con favore le campagne per l’interruzione dei rapporti tra alcune grandi città metropolitane e le aziende o istituzioni israeliane. È il caso delle aziende multiutility municipali di Milano e di Roma. Decisive continuano a essere le mobilitazioni per spezzare i legami tra le università e i centri di ricerca italiani con quelle israeliane.

Così come lo sono le contestazioni della partecipazione di Israele a eventi sportivi come nel caso di oggi a Bologna, di ieri a Milano o di qualche settimana fa a Udine. Lo sono la continuità dei sabati milanesi in piazza per la Palestina. E lo è la denuncia della collaborazione militare tra la Leonardo e la macchina bellica israeliana.

Le iniziative di boicottaggio verso le aziende, le istituzioni e gli apparati israeliani, per la loro capillarità e praticabilità, vanno mantenute in piedi nonostante l’attenzione mediatica sul genocidio dei palestinesi sia oggi ridotta ai minimi termini. Anche se non ci saranno sempre grandi manifestazioni a denunciarlo, non è finito il genocidio del popolo palestinese, stanno solo provando a nasconderlo meglio.

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