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03/11/2025

L’Italia di Meloni: salari da fame, redditi in calo

Stando ai dati pubblicati di recente dall’Eurostat, il reddito lordo reale pro capite delle famiglie italiane nel 2024 rimane ancora inferiore rispetto ai livelli del 2008. Fatto 100 il numero indice per il 2008, lo scorso anno le famiglie del Belpaese hanno visto il proprio reddito reale attestarsi al 95,97%.

Il fallimento della nostra classe dirigente, e insieme ad esso l’evidente propaganda di imprenditori che piangono miseria ogni giorno, emerge con chiarezza dal raffronto con la media UE e dell’area euro: 114,29%, 109,40% nel secondo. In Germania l’indice 2024 è salito al 116,20%, in Francia al 113,45% e in Spagna al 103,94%.

Dal 2020 l’andamento è in linea con gli altri paese del Vecchio Continente, ma l’Italia è rimasta molto indietro negli anni precedenti: a ridosso della crisi del debito sovrano, nel 2013, il numero indice segnava 88,68%. Mentre nell’anno della pandemia l’area euro aveva recuperato i livelli reddituali del 2008, con una media al 104,03%, l’Italia stagnava ancora al 90,48%.

Peggio dell’Italia, al 2024, sta facendo solo la Grecia, con un reddito reale disponibile all’84,13% rispetto al 2008. Non è evidentemente un caso che i due paesi a soffrire di più sotto questo aspetto sono proprio quelli su cui, in maniera più soffocante, si è stretto il cappio dei vincoli dell’austerità europea.

Ad Atene è appena passata una legge che porta la giornata lavorativa a 13 ore, giustificata dal governo in maniera esplicita con il ricatto salariale: il messaggio è stato che, siccome le persone chiedono di lavorare di più, gli si dà questa opportunità. Viene ovviamente omesso il fatto che sono i salari da fame a costringere a orari di lavoro ottocenteschi.

È importante dunque rimarcare che, nelle classifiche europee, l’Italia resta alta anche quando si parla di persone che sono povere pur lavorando. Rispetto al 2023 esse sono anzi aumentate, passando dal 9,9% al 10,2%, un dato di due punti superiore a quello della media UE. Il terreno affinché si verifichino ‘scenari ellenici’ è già pronto.

Tra le cause principali di questa ‘povertà lavorativa’ c’è la diffusione del part-time, della precarietà e, ovviamente, le basse retribuzioni. Per anni e anni la concertazione sindacale ha compresso i salari in favore dei profitti, con le forze politiche tutte schierate contro il salario minimo, una misura che oggi mostra tutta la sua necessità.

Con l’avvicinarsi di una legge di bilancio fatta di ulteriori tagli per uscire dalla procedura UE di infrazione sul debito, e dei target NATO sulle spese militari che nei prossimi anni dreneranno decine e decine di miliardi da lavori, prestazioni e servizi pubblici, è importante costruire una reale opposizione nelle piazze, passando per lo sciopero generale indetto dall’Unione Sindacale di Base il 28 novembre.

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