«Il
31 luglio gruppi islamisti hanno massacrato oltre cinquanta civili fra
cui donne e bambini nei villaggi curdi di Tall Hassil e Tall Aran. Ci
risulta anche che il primo agosto venti donne e bambini che stavano
scappando su un camion sono stati uccisi vicino a Tall Aran,»: via skype da Aleppo, l’agenzia di informazioni curda Anha conferma quanto già denunciato nei giorni scorsi da partiti e reti curde. «Le
informazioni ci vengono da abitanti dei villaggi e dai combattenti in
zona; l’area è a noi inaccessibile, il primo villaggio è circondato
dagli islamisti, il secondo è del tutto nelle loro mani». La zona non si trova nel Kurdistan siriano ma in provincia di Aleppo, e nell’area i curdi sono circa quarantamila.
Da Londra, Ahmet Semo, del principale partito curdo in Siria, il Pyd, riferisce: «L’accerchiamento
dei due villaggi è iniziato il 29 luglio. Gli islamisti hanno assaltato
le case. Una donna che è riuscita a fuggire e ora si trova con altri ad
Afren ha visto uccidere i suoi bambini. So che anche mio cugino che
faceva parte del fronte curdo, è stato ucciso».
La
maggior parte delle donne e dei bambini uccisi farebbe parte di
famiglie di membri dello Jabhat al-Akrad, fronte curdo alleato delle
Unità di protezione del popolo curdo (Ypg, formato da uomini e donne)
che combattono contro i gruppi vicini ad Al Qaeda e contro l’Esercito
siriano libero (Esl).
Il
massacro sarebbe una vendetta per l’uccisione in battaglia di diversi
combattenti jihadisti e “ribelli”; ma i curdi parlano anche di « una
riunione a Gaziantep in Turchia il 26 luglio di settanta comandanti
dell’Esercito siriano libero nella quale si è deciso di annientare i
curdi», cosa ripetuta in un video da un membro del consiglio militare dell’Esl, Abdul Jabar al-Akidi.
Un
comunicato del Pyd accusa Unione europea, Stati Uniti e paesi arabi
per il loro silenzio di fronte ai massacri e precisa che «gruppi
affiliati ad Al Qaeda e all’Esl sono sostenuti da paesi esteri,
soprattutto la Turchia che lascia passare uomini e armi per far la
guerra ai curdi ». Continua il comunicato: «La rivoluzione
siriana, iniziata pacificamente nel marzo 2011, si è ridotta a guerra
sanguinosa fra il governo e la sedicente opposizione, le cui azioni non
hanno nulla di rivoluzionario o democratico ». Il Pyd sostiene di battersi contro la minaccia di un califfato islamico anche nelle regioni curde.
L’ufficio
di informazione del Kurdistan in Italia riferisce inoltre di
dodici camion di aiuti alimentari destinati alle zone curde della Siria
bloccati da due giorni al confine di Nusaybin; la Turchia non li lascia
entrare.
Intanto, a proposito di massacri, dopo l’uccisione giorni fa di decine di persone hors combat (soldati catturati e civili) a Khan al-Assal vicino ad Aleppo, da
parte del gruppo jihadista Ansar al-Khalafa, e dopo la condanna russa
della «strage compiuta dall’internazionale del terrore », da
Ginevra la commissaria Onu per i diritti umani Navi Pillay, dopo aver
visionato foto e video girati dagli stessi gruppi islamisti ha
condannato il fatto e chiesto un’indagine indipendente, come aveva già
fatto Damasco rivolgendosi al Consiglio di sicurezza delle Nazioni
unite.
A
Zabadani vicino a Damasco sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco il
sindaco della cittadina e un esponente dei comitati di Riconciliazione.
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