Paese nel caos: il presidente dell'ANC sospende i lavori. Il governo: "Colpo di Stato". Opposizioni in piazza: ieri 40mila manifestanti contro l'esecutivo islamista.
La Tunisia è nel caos: in poche ore, il Paese, scosso da settarismi e
omicidi politici, ha assistito ad una seria crisi politica e a nuove
manifestazioni di piazza.
Ieri sera il presidente dell'Assemblea Costituente, Mustapha Ben
Jaafar, ha annunciato la sospensione delle attività che riprenderanno
solo quando governo e opposizioni apriranno un negoziato: "Assumo le
mie responsabilità in qualità di presidente dell'ANC e ne sospendo il
lavoro fino all'avvio di un dialogo, al servizio della Tunisia", ha
detto ieri in un messaggio televisivo Ben Jaafar, membro del partito
Ettakatol, che partecipa alla coalizione di maggioranza. Una decisione
derivante dalla nuova ondata di proteste (e della conseguente
repressione delle forze di sicurezza) seguita all'assassinio del leader
di sinistra Mohammed Brahmi, ucciso di fronte alla sua abitazione a cinque mesi dall'omicidio di Chokri Belaid.
Una crisi che il governo guidato dal partito islamista Ennhada è stato incapace di gestire, provocando manifestazioni
di massa nel Paese. L'ultima ieri sera, quando 40mila persone (100mila
secondo gli organizzatori) sono scese per le strade della capitale,
Tunisi.
L'Assemblea Costituente è stata eletta nell'ottobre del 2011, ma da
allora governo e opposizioni si sono spaccate sulla carta costituzionale
e la legge elettorale che avrebbero dovuto uscire dall'ANC e condurre a
nuove elezioni. Spaccature che hanno provocato un ritardo di otto mesi:
la Costituzione avrebbe dovuto essere approvata lo scorso dicembre. Immediata
la reazione di Ennahda: uno dei leader, Nejib Mrad, ha definito la
decisione di Ben Jaafar un "colpo di Stato inaccettabile", mentre il
leader del partito Ghannouchi, da tempo target delle proteste, ha detto
che l'esecutivo non si dimetterà su pressione della piazza. "Ci sono
richieste eccessive che vogliono la caduta di un governo eletto. Nei
regimi democratici, le proteste non cambiano i governi, solo i regimi
dittatoriali crollano per una manifestazione".
Manifestazioni guidate e volute dalle opposizioni, dall'estrema sinistra
al centro, che ieri - esattamente sei mesi dopo la morte di Belaid -
hanno chiamato il popolo tunisino in strada. La manifestazione, una
delle più ingenti degli ultimi mesi, ha chiesto la caduta del governo
islamista e cantato slogan contro Ennahda. Dopo la morte di Brahmi, le
opposizioni avevano avviato sit-in di fronte alla sede dell'Assemblea
Costituente come forma di protesta verso il governo considerato colpevole della morte del leader di opposizione.
"Questo governo incompetente deve dimettersi e lasciare spazio ad un
esecutivo di unita nazionale", aveva commentato Samir Taieb,
parlamentare di sinistra, aggiungendo che 65 deputati avevano deciso
di boicottare le riunioni dell'Assemblea Costituente (un numero pari
quasi ad un terzo dei 217 seggi, in grado quindi di provocare lo stop
dei lavori).
L'opposizione aveva da subito chiesto l'immediata rimozione dell'attuale
coalizione di maggioranza e proposto un governo di salvezza nazionale.
Ennahda aveva risposto affermando che il governo stava già lavorando
all'allargamento della coalizione e che in ogni caso andava attesa la
fine dei lavori costituenti, prevista in poche settimane. E all'epoca,
anche il presidente dell'Assemblea, Ben Jaafar, aveva lo stesso
traguardo: chiusura dei lavori e poi una nuova legge elettorale che
permettesse al Paese di andare alle urne entro l'anno. Ora le carte in
tavola sono cambiate.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento