Quello che funziona in Palestina, può funzionare anche in Messico. Lo deve aver pensato il Dipartimento per la Sicurezza Interna del governo statunitense che la scorsa settimana ha firmato un contratto da 145 milioni di dollari con la compagnia israeliana Erbit Systems per la fornitura di macchinari di sorveglianza da utilizzare al confine tra Stati Uniti e Messico. Le stesse tecnologie utilizzate con successo dalle autorità israeliane lungo il Muro di Separazione in Cisgiordania.
Il
contratto multimilionario – vinto dalla Erbit stracciando colossi come
Lockheed Martin e Boeing, che nel 2006 era stata scelta per fornire un
“muro virtuale” con il Messico – ha la validità di un anno, ma potrebbe
raggiungere il miliardo di dollari se il Congresso statunitense
approverà la riforma dell’immigrazione, legge che porterà ad un
intensificarsi dei controlli ai confini Sud. Alla compagnia israeliana
sarà affidato il compito di costruire moderne torrette di osservazione,
comprensive di sensori di avvistamento, centri di comando e di
controllo.
Gli
israeliani hanno esperienza con la sicurezza dei confini, ha commentato
Mark Amtower, della Amtower&Co., società di consulenza del governo
americano: “Volevamo impiegare i migliori”. “L’Arizona ha
aspettato oltre un decennio che il Dipartimento della Sicurezza Interna
fornisse la tecnologia necessaria lungo il confine per sostenere il
lavoro della polizia di frontiera – ha aggiunto il senatore repubblicano
McCain – Se questa tecnologia sarà sviluppa e integrata, darà ai nostri
agenti la capacità di individuare, valutare e rispondere a tutti gli
ingressi illegali”.
Una
chiara risposta a chi spesso ritiene l’occupazione militare dei
Territori Palestinesi un costo per le autorità di Tel Aviv. Al
contrario, le moderne tecnologie sviluppate dalle compagnie israeliane,
pubbliche e private, nel campo della sicurezza permettono al Paese di
firmare contratti milionari con nazioni di tutto il mondo, alla
caccia dell’esperienza di un potere militare come quello israeliano,
accumulata in decenni di occupazione, controllo dei confini e sviluppo
dell’industria militare.
Un
buon esempio è proprio la Erbit System, che da anni testa le proprie
tecnologie sulle comunità palestinesi dei Territori Occupati,
in particolare dopo l’avvio della costruzione del Muro di Separazione,
nel 2000, e l’apertura dei checkpoint lungo il confine. La stessa
compagnia (il principale fornitore di droni e tecnologia militare del
governo di Tel Aviv, strumenti utilizzati ampiamente negli attacchi
aerei contro Gaza) in un video promozionale si sponsorizza come società
in grado di garantire “da oltre 10 anni la sicurezza in uno dei confini
più difficili del mondo”. Tanto da essere scelta nel 2004, sempre in
Arizona, per fornire i droni Hermes 450 alla polizia di frontiera
statunitense impiegata lungo il confine messicano.
Nell’ultimo
rapporto, reso noto lo scorso anno dal governo di Tel Aviv, in Israele sono
6.784 gli imprenditori privati impegnati nell’esportazione di armi che,
insieme all’industria di Stato, rendono Israele il sesto maggiore esportatore di armi al mondo. Secondo il quotidiano Ha’aretz, nel
2012 il valore totale delle esportazioni israeliane di armi ha toccato
quota sette miliardi di dollari, con un incremento del 20% rispetto
all’anno precedente.
Fare business sulla pelle di gente segregata ed oppressa è roba da nazisti, altro che sicurezza di sta fava.
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