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01/06/2014

L’Istanbul europea e la Turchia laica sfidano Erdogan


Un anno fa la protesta delle Turchia laica e moderna contro le tentazioni islamiste e autoritarie di Ergogan che voleva cementificare Gezi Park. Malgrado la minaccia del premier di far arrestare chiunque manifesti, piazza Taksim e Gezi Park a Istanbul sono piene di gente e lacrimogeni. Timori

Il proclama è ducesco: ‘per chi non obbedisce, galera!’. In mattinata il premier turco aveva ceduto ai suoi istinti autoritari ormai incontrollabili e aveva lanciato un monito molto forte: coloro che intendono manifestare “saranno arrestati”. Sulla base di quale violazione di legge, verrebbe da chiedersi in uno Stato di diritto, ma al momento le garanzie di legge in Turchia sembrano in forte crisi. Versione delle legge da parte del premier: “Non potete occupare Taksim, come avete fatto l’anno scorso, dovete rispettare la legge”, ha detto Erdogan a migliaia di suoi sostenitori plaudenti in piazza.


“Se ci andate”, ha avvertito ancora l’irascibile uomo politico, “alle nostre forze sicurezza sono state date istruzioni chiare e faranno tutto ciò che è necessario”. Infatti, segnala l’agenzia ANSA, la polizia turca ha iniziato a lanciare gas lacrimogeni contro i manifestanti nei dintorni di Taksim e della via del passeggio, Viale Istiklal, nel cuore di Istanbul. Siamo ancora agli inizi, ma già una fitta nuvola di lacrimogeni si alza sulla zona. Le forze antisommossa hanno usato anche i cannoni ad acqua. Scontri segnalati anche ad Ankara e Adana. L’anniversario di Gezi Park non passerà sotto silenzio.


Dunque, malgrado il minaccioso divieto, un sit-in pacifico con libri e fiori si era comunque già radunato, da metà giornata, davanti al massiccio dispiegamento di truppe antisommossa a Taksim e Gezi Park, seguendo la parola d’ordine circolata sui social network. I nemici ‘social’ che in Turchia sono stati messi all’indice dal governo di Erdogan proprio per il loro potere di mobilitazione sociale fuori da ogni schieramento. Prima il divieto ai cinguettii di Twitter, poi la messa al bando di You Tube. Ultima la tragedia dei 301 minatori morti e del suo consigliere che prende a calci i familiari disperati.

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