Quella che si chiuderà con il voto anticipato di domenica sarà probabilmente la campagna elettorale meno entusiasmante degli ultimi decenni in Grecia. Al fallimento del governo Tsipras – il primo con una forza di sinistra radicale egemone – e alla conseguente disillusione di vasti strati di elettorato non può che seguire uno scontro tra due schieramenti tra i quali la distanza ideologica e programmatica si è ampiamente ridotta. Di fatto al centro della contrapposta propaganda rimane l’austerity ma che credibilità può avere oggi Syriza nel riproporre quelle promesse e quegli impegni che ha sistematicamente disatteso nei sei mesi di governo con la destra nazionalista? Ed infatti i toni di Tsipras si sono abbassati e le promesse si sono ridimensionate, e a molti pare che comunque vada la situazione non potrà che peggiorare. Nonostante questo l’ex primo ministro, depurato il partito dai settori più critici (anche se non tutte le aree contrarie alla firma del Terzo Memorandum sono confluite in Unità Popolare e sono molti i quadri e i militanti non conformi rimasti in Syriza), sta sfruttando gli ultimi scampoli di campagna elettorale per chiedere al popolo greco “una seconda possibilità”. Il duello televisivo di ieri sera tra Tsipras e il leader di Nea Dimokratia, Evangelos Meimarakis, non ha certo entusiasmato i telespettatori. D’altronde il primo si è descritto come quello che ha provato a rintuzzare le pretese della Troika e dei creditori portando a casa alcuni risultati, e che proverà a fare meglio la prossima volta, mentre il secondo ha addirittura chiesto la fine del braccio di ferro con le istituzioni europee e il lancio di una campagna di “vere riforme”. Se non è zuppa, è pan bagnato…
Intanto i sondaggi sono tornati a predire un testa a testa tra centrodestra e centrosinistra. Secondo un rilevamento di Kapa Research pubblicato ieri dal sito del quotidiano To Vima, Syriza batte Nuova Democrazia solo di pochi decimi: 26,7% contro 26,2%. Al terzo posto i neonazisti dl Alba Dorata (7%), seguiti dai socialisti del Pasok (6,1%), i comunisti del Kke (5,9), i centristi di To Potami (5%), poi Unità Popolare (4,2%) e l’Unione dei Centristi (3,6%). I Greci Indipendenti, partner di Syriza nel governo che si è dimesso obbligando gli elettori a tornare alle urne, è accreditato di un rischioso 3,1%, di pochissimo sopra la soglia minima necessaria per entrare in parlamento.
E’ lotta all’ultimo voto, ovviamente, per piazzarsi in testa e conquistare così i 50 seggi che la legge elettorale ellenica assegna alla formazione più votata ma le tendenze dicono – se verranno confermati i sondaggi, ovviamente – che nessuno dei due partiti conquisterà una soglia tale da aggiudicarsi la maggioranza assoluta. Anzi, pare proprio che nessuno dei due maggiori contendenti si avvicinerà proprio alla maggioranza, e che sarà difficile anche solo formare un governo di coalizione con altre forze minori. Tsipras ha di nuovo escluso ieri sera, nel corso del dibattito condotto sulla tv pubblica Ert, la grande coalizione tra i due partiti maggiori che invece Meimarakis ha apertamente invocato come unico modo per dare un governo ampio e responsabile al paese e sottrarlo all’instabilità. “Una maggioranza per Syriza alle elezioni è possibile, ma se non ci sarà lavorerò per costruire una coalizione progressista, non per una innaturale alleanza” con la destra, ha detto Tsipras durante lo scontro in tv. Intendendo che se chiude le porte ad una collaborazione di governo con Nea Dimokratia, sarebbe disponibile a formare un esecutivo insieme ai socialisti e ai centristi. Il che non può certo soddisfare quegli elettori che pur non seguendo Unità Popolare – da molti giudicata troppo radicale nel chiedere l’uscita della Grecia dall’Euro e dall’Unione Europea – comunque non sono disponibili a dare carta bianca ad una ipotesi di ulteriore spostamento a destra dell’asse politico di Tsipras.
Al di là di come andrà il voto, appare comunque assai difficile che ciò che rimane di Syriza possa fare il pieno di voti come accaduto il 25 gennaio scorso. Sicuramente ciò non accadrà tra i giovani, forse la categoria sociale più disillusa dalla kolotoumba – la capriola – di Tsipras e l’accettazione del tremendo Terzo Memorandum a pochi giorni dalla grande affermazione del ‘No’ nel referendum sull’austerità pretesa dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario. Aver disatteso le promesse rivelatesi presto populiste profuse a piene mani nel corso della campagna elettorale che portò al trionfo di gennaio, rischia inoltre di convincere l’elettorato più moderato di Syriza a tornare al voto dei partiti dell’establishment. Che, seppure non potranno migliorare la situazione, assicureranno almeno stabilità rispetto ad una formazione che sempre di più viene considerata da alcuni settori sociali ‘di passaggio’, destinata a scomparire o comunque a trasformarsi in qualcos’altro.
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