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13/10/2016

Livorno, banche e potere politico. Un'analisi alla luce degli ultimi fatti

Nella crisi generalizzata del sistema bancario, una di quelle che non si risolveranno a breve né facilmente, la situazione livornese non pare affatto chiara alle forze politiche locali. Per il centrosinistra la rete del potere bancario è sempre stata uno di quei segreti da custodire gelosamente, nella bocca degli addetti ai lavori.
 
Il muro di informazioni su questo tema ha sempre separato chi era convinto di detenere il potere reale dal resto della città. Ed è stata talmente diffusa l’omertà su questi temi tanto che, non molto tempo fa, in seguito ad una intervista a scopo scientifico (lontana da temi scottanti e fatta con ricercatori non livornesi) un passato esponente della politica livornese è arrivato a negare qualsiasi legame tra politica e banche in città. Anche su fatti di un quarto di secolo fa. Quando si dice la gelosia di certe informazioni e di certi ruoli.

Non è un caso, quindi, che la Fondazione Livorno abbia recentemente nominato, a luglio, Riccardo Vitti come presidente. Un nome in continuità con l’establishment politico-finanziario del recente passato, compresa la gestione di Spil del famoso parcheggio da 26 milioni che ha silurato la funzionalità della partecipata e sinistrato le casse pubbliche. E’ proprio questo sistema, che pensa di essere ancora classe dirigente e di cui Vitti è oggettivamente espressione, che fa pensare, a molti, che a Livorno presto anche il potere formale, espresso materialmente e simbolicamente in palazzo Civico, tornerà nelle mani di sempre.

Nel frattempo registriamo due fatti e una tendenza di cambiamento. Per intendersi, complessivamente, su una cosa: le reti di potere politico-bancario a Livorno contano, sono potere di governance reale. Ma, è questo l’aspetto che troppi sottovalutano, le ristrutturazioni delle banche incideranno, e sul serio, negli assetti di potere come li conosciamo.

Andiamo, brevemente, per gradi. Prima di tutto per vedere l’attuale penetrazione, a rete, del sistema bancario è paradigmatica la vicenda Interporto. La rinegoziazione del debito Interporto, che prevede la dismissione di alcuni asset pubblici per ristrutturare il debito, ha visto protagonisti, oltre alla Regione e alla Autorità portuale, ben 15 istituti di credito e un advisor. Una rete di soggetti di governo (Regione) e di governance infrastrutturale (Autorità Portuale) e bancario-finanziaria (i 15 istituti di credito) che è sovradimensionata, barocca rispetto alle trasformazioni del mondo politico e finanziario in corso. Basta pensare che, visto che l’esempio piace, dove si attraggono capitali i soggetti per una ristrutturazione del genere in campo sarebbero tre, massimo quattro non una ventina. Questo per far capire che il processo di esubero, definito sempre come ineluttabile per i lavoratori si avvicina anche per i soggetti politico-finanziari. I quali, sul territorio, non perdono però occasione per farsi la guerra.

E’ notizia della scorsa settimana il fatto che l’asta per i servizi finanziari della tesoreria comunale è andata deserta. A parte le polemiche, sulle cifre dell’avanzo di cassa, tra vecchia e nuova amministrazione il fatto suscita una certa curiosità politica. Perché chi vince l’appalto per la Tesoreria del comune diventa un soggetto privilegiato per l’amministrazione in materia di politiche finanziarie. Perché quindi l’appalto è andato deserto? Ci risulta che la gara d’appalto accorpasse Tesoreria e partecipate. Mentre il primo servizio è considerato ancora appetibile, il secondo molto meno. C’è stato quindi un accordo di cartello, tra le possibili banche partecipanti, per far saltare la gara in modo da far separare la Tesoreria, la polpa, dal resto? A questa domanda sarebbe meglio rispondessero le forze politiche che hanno approvato la gara, che ci risulta passata dal consiglio comunale. Ma, si sa, parlare di un servizio essenziale per regolare i rapporti tra amministrazione e banche locali è nulla in confronto a polemiche come le mitiche multe di Marzovilla o le denunce sui consiglieri che devono pagare il divieto di sosta. Eppure questa vicenda ci fa capire come sia cambiato il rapporto tra banche e amministrazione. Qui il colore dell’amministrazione non c’entra: sia le banche sia il comune sono alla ricerca di margini di profitto essenziali per la loro sopravvivenza. Le prime sono alle prese con una dura ristrutturazione (che è appena agli inizi...), il comune dal punto di vista finanziario è alla ricerca di ogni margine possibile di ottenimento risorse. Impensabile, per tornare all’inizio, che di fronte a tali mutazioni il passato si possa riproporre così, senza scosse.

E veniamo quindi ad un punto paradigmatico, esemplare. Che ci fa capire come stanno cambiando i poteri bancari e quindi quelli del territorio.
 

Probabilmente qualche tifoso del guitto di Rignano pensa che, siccome l’operazione è benedetta da Renzi, se tutto va in porto niente in Toscana cambierà. Al contrario, MPS entrerà in una logica di redditività di scala che niente ha a che veder con la banca che abbiamo conosciuto. Non molto tempo fa circolava un aneddoto, di un banchiere locale vicino a Renzi, che diceva agli americani, non JP Morgan in questo caso, che se volevano venire in Toscana dovevano “farsi conoscere dal territorio”. Forse, dice chi racconta l’aneddoto, non si è capito chi sono questi americani. A loro non interessano le operazioni che tengono assieme più soggetti economico-finanziari, interessa la bruta trimestrale di cassa, legge che sono in grado di imporre con la forza del denaro. E così, visto che MPS conta molto in città (tanto da aver espresso due assessori col precedente sindaco di cui uno al bilancio), se JP Morgan si impadronirà del Monte dei Paschi vedremo molti mutamenti, in città ed in porto. Non tutti graditi. O molto pochi. Ma è questione di pochi anni, le mutazioni del potere bancario, e della stessa forma-banca, sono destinate a produrre su Livorno choc maggiori della caduta del Pd al comune. Nel frattempo la città, anche quella che presume di contare, è molto lontana persino dall’inquadrare i problemi. Figuriamoci quanto è lontana dal governarli. Ma questa è la realtà e sarebbe disonesto tacerla.

Redazione, 12 ottobre 2016

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