No, non era terrorismo.
Come non è terrorismo lottare per difendere l’ambiente dalle grinfie
dei devastatori e saccheggiatori di presente e futuro. E dire che la
protesta dei No tav in Val di Susa non ha “il connotato dell’azione
terroristica volta a condizionare le decisioni dello Stato sull’alta
velocità”, lo ha fatto definitivamente la Cassazione respingendo il
ricorso della Procura di Torino che insisteva nel sostenere questa
accusa nei confronti di quattro attivisti (Claudio Alberti, Niccolò
Blasi, Chiara Zenobi e Mattia Zanotti) che avevano lanciato molotov
contro il cantiere di Chiomonte.
Confermata per i quattro la condanna a
tre anni e sei mesi per altri reati. Con questa decisione emessa dalla
Prima sezione penale della Suprema Corte è stata confermata la condanna a
tre anni e sei mesi a carico dei quattro attivisti No Tav per i reati
di danneggiamento, detenzione e porto di molotov e resistenza a pubblico
ufficiale, così come stabilito dalla Corte di Assise di Appello di
Torino il 21 dicembre 2015.
L’assalto a Chiomonte avvenne la
notte tra il 13 e il 14 maggio del 2013 e si concluse in brevissimo
tempo con il danneggiamento di un compressore, senza feriti. I
lavori per il sondaggio geodetico furono interrotti solo per mezz’ora. I
quattro imputati non hanno fatto ricorso contro la condanna e hanno già
scontato quasi tutta la pena ai domiciliari, ora gli resta solo qualche
mese. Nel chiedere il rigetto del ricorso della Procura di Torino,
l’avvocato Claudio Novaro aveva sottolineato che «non si può considerare
terrorismo tutta l’opposizione sociale» e che l’assalto a Chiomonte
«non era un’azione in grado di far retrocedere lo Stato». Il Pg della
Cassazione voleva invece un nuovo esame della vicenda.
«Abbiamo perso il conto ma
ancora una volta (la terza) la Cassazione ha respinto il ricorso della
procura generale di Torino che continuava a sostenere il reato di
terrorismo per Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò – scrive il
movimento NoTav – fin dagli arresti, a partire dai soliti pm con
l’elmetto, Andrea Padalino e Antonio Rinaudo, e poi il procuratore
generale Marcello Maddalena (che ha sostenuto l’accusa di persona al
suo ultimo processo prima della pensione) hanno sempre percorso la
strada di quest’accusa, provando a marchiare con il reato più grave, un
movimento e i suoi appartenenti.
Operazione portata avanti con metodo (e
con l’assordante silenzio di tutti quei sinceri democratici dei quali
abbiamo perso traccia) con il triplice intento di incarcerare quattro
ragazzi per lungo tempo, spaventare tutti i notav e marchiare in maniera
indelebile un movimento popolare con molto consenso per dargli, a
pensiero loro, il colpo di grazia per sconfiggerlo.
Non possiamo dirci soddisfatti fino in
fondo perché è stata confermata la condanna a tre anni e sei mesi
(l’unico ferito continua ad essere un compressore) però vedere battuti i
togati in mimetica ed elmetto, dai loro stessi tribunali, ci da
soddisfazione.
Ma non soddisfazione di cui gioire
perché qui rimane un nodo da sciogliere grosso come una casa: fino a
quando sarà permesso a questa cricca di agire in tal modo comminando
anni di galera, arresti e misure restrittive a tutti, dopando ogni reato
o presunto tale?
Non c’è nulla di strano per tutti quei
sinceri democratici che si troveranno in questi giorni alla Biennale
della Democrazia a discutere di diritti, se per un blocco stradale, come
avvenuto oggi, 12 notav vengono condannati a 24 anni di carcere? E’
normale continuare a considerare affidabile e capace un pool di pm e il
loro procuratore generale, ai quali cade più volte in malo modo la
credibilità sui processi di punta (per loro chiaro) come questo?
Ma sì tutto normale, basta non voler
guardare i fatti per quello che sono e non proiettare un documentario
che narra di una parte di questi fatti con prove ed atti processuali
come ARCHIVIATO. L’obbligatorietà dell’azione penale in Valsusa che
proietteremo autonomamente sabato 1 aprile 2017, alle ore 18,00, presso
il Maneggio della Cavallerizza Irreale in Torino, via Verdi n. 9».
Intanto, venerdì sera, alla
vigilia delle controcelebrazioni dei Trattati di Roma, a Bussoleno
l’assemblea del popolo notav ha deciso una grande manifestazione
popolare per sabato 6 maggio. Da Bussoleno a San Didero, con la
partecipazione, a fianco del movimento e dei sindaci della Valle, tra
gli altri, di una delegazione delle Brigate di Solidarietà Attiva,
impegnate da tempo nel terremoto del centro Italia, di cittadini di
Amatrice e delle Mamme della Terra dei Fuochi. Alla manifestazione si
arriva dopo fatti importanti come la firma della ratifica del trattato
tra Italia e Francia, la fine (a modo loro) del tunnel geognostico e le
lettere di esproprio recapitate in Valle da Telt. «C’eravamo, Ci siamo, Ci saremo. Sempre!», si legge sui siti di movimento. Con un post scriptum: «Visto
quanto successo a Roma, con il sequestro preventivo di oltre 120
manifestanti, tra cui molti notav, ai quali è stato impedito di
partecipare alla manifestazione contro questa Unione Europea, annunciamo
da subito che non accetteremo questo tipo di divieti e di limitazione
dei diritti alla libera circolazione e alla libertà di manifestare il
proprio pensiero, e ci organizzeremo e ci tuteleremo per permettere a
tutti e tutte la partecipazione alla manifestazione».
29 marzo 2017
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