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09/08/2018

L’Unione Europea ama i “Tir assassini”


Incidenti stradali come inneschi di esplosioni spaventose, Tir “assassini”, autisti super-sfruttati costretti a guidare un numero di ore infinitamente superiore alle possibilità umane...

Il “botto” di Bologna, come tutto in questo paese, ha messo in moto una catena di “atti di comunicazione” orientati a spostare l’attenzione dal sistema logistico (multinazionali, padroncini, contratti capestro, tempi strettissimi, ecc.) ai soliti capri espiatori. Come se il dato per cui in Italia si sia fatto di tutto per spostare la maggioranza assoluta del trasporto merci su gomma fosse... colpa dei Tir.

Un briciolo di memoria aiuta a ricordare che solo 40 anni fa c’era pressoché parità tra trasporto su ferro (i treni merci, che viaggiavano prevalentemente di notte) e su gomma. Poi, un po’ per la pressione del just in time (ogni merce deve stare in certo posto in un certo momento, perché la produzione prevede che i magazzini di stoccaggio siano ridotti al minimo), un po’ per fare gli interessi della Fiat (che produceva e produce camion con il marchio Iveco), un po’ per tagliare l’occupazione nelle Ferrovie dello Stato (i dipendenti sono passati in un paio di decenni da 220.000 a poco più di 70.000), il trasporto su gomma è arrivato a rappresentare il 90% del totale.

Una marea di Tir attraversa quotidianamente la penisola con a bordo di tutto, compresi i materiali esplosivi (diretti o “potenziali” perché infiammabili, come il gpl) e la “concorrenza” tra le varie imprese logistiche – dalle multinazionali ai “padroncini”, appunto – impone che il rispetto degli orari di consegna sia assoluto, al prezzo più basso.

Abbiamo dunque un traffico di mezzi pesanti che aumenta con la normale crescita economica e che tendenzialmente non deve mai interrompersi. La contraddizione è evidente (maggior traffico significa tempi di percorrenza più lenti), ma nessuno vuole riconoscerla.

La “flessibilità” richiesta dal sistema si scarica quindi sugli autisti, anello debolissimo della catena (tanto è vero che molti vengono ormai reclutati tra “gli stranieri”, spesso dell’Est europeo, perché costano ovviamente meno e non possono aprire bocca), allungando a dismisura gli orari di guida. Sfruttamento lavorativo a parte (le cose da dire sono quasi scontate), il risultato è che aumentano i rischi per tutti quelli che percorrono le strade, con qualsiasi mezzo. Anche a piedi.

Qualche liberal fuori tempo massimo potrebbe obiettare che ciò avviene soltanto in Italia, perché qui il “rispetto delle regole” è minore, ma “per fortuna che c’è l’Unione Europea”, faro di civiltà, che certamente dovrebbe prevedere regole migliori, a cominciare dall’orario massimo di guida per singolo autista.

Errore. Proprio la Commissione Europea, solo due mesi fa, ha dato il primo voto favorevole per la modifica dell’orario di lavoro dei camionisti. Per aumentarlo, ovviamente. Non basta: prevista anche la diminuzione delle ore di riposo, diluite su quattro settimane, anziché su due.

Il 5 giugno, infatti, sono state messe all’ordine del giorno tra diverse iniziative “legislative” (nell’Unione non è il Parlamento che fa le leggi, ma direttamente “il governo”, alla faccia della democrazia liberale...) per “riformare” il trasporto commerciale su strada nel Vecchio Continente. Una delle modifiche riguarda appunto la disciplina dei tempi di riposo obbligatori (un autista stanco è un pericolo per sé e per gli altri): ad oggi, gli autisti sono tenuti a osservare 45 ore di riposo all’interno di due settimane continuative di servizio; si vuole invece aumentare questo periodo fino a un mese, lasciando invariato il tempo previsto per lo stop.

In pratica, si dimezzano i tempi di riposo e si raddoppia il rischio dei “colpi di sonno”.

Sulla nuova normativa pesano interessi convergenti e potenti. I paesi dell’Est la vogliono per aumentare l’occupabilità degli autisti patentati in patria ma liberi di viaggiare per tutta Europa; le multinazionali della logistica, ovviamente, per ridurre il costo del lavoro. Dei rischi per autisti e automobilisti nessuno si preoccupa.

E la Germania, che dice? Niente. I Tir delle aziende tedesche sono ormai guidati quasi soltanto da autisti polacchi...

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