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31/08/2018

La logica del sequestro di persona. Il Salvini “atipico”

“Oggi ho scoperto che ho altri due capi di imputazione, per me sono medaglie. Il ricatto alla Ue non esiste come reato, ma lo rivendico”. Salvini dixit, a proposito della contestazione di altri due reati per come ha gestito il caso della nave Diciotti – della Guardia Costiera italiana, è bene sempre ricordare – per dieci giorni costretta a restare in mare senza far sbarcare né i naufraghi, né l’equipaggio. Scopo di questa idiozia – secondo lo stesso Salvini e dunque anche per la magistratura – il tentativo di esercitare “coazione” sui partner dell’Unione Europea.

Il reato più grave è insomma il “sequestro di persona a scopo di coazione”.

Senza voler entrare nel merito giuridico della questione – ci atteniamo qui soltanto alla logica sottesa dai sequestri – diciamo subito che ogni sequestro di persona avviene esattamente per costringere un altro soggetto a subire la propria volontà, a comportarsi in modo diverso o contrario rispetto a quel che avrebbe fatto se fosse stato lasciato libero di decidere autonomamente.

Nella storia di questo paese ci sono stati due tipi assai diversi di sequestri: per motivi economici (l’”anonima sequestri” – che non era un’organizzazione criminale, ma la somma delle bande attive in questo “settore” – dalla Calabria alla Sardegna, dalla Sicilia alla Lombardia, era arrivata ad un certo punto a tenere prigionieri oltre una decina di persone, negli anni ’70), oppure per motivi politici.

Nel primo tipo, la logica è semplice, quasi elementare: una banda cattura un uomo o una donna di una famiglia ricca – imprenditori, aristocratici, possidenti, ecc. – e cerca di farsi pagare un riscatto. E’ un classico gioco a due, in cui un soggetto collettivo (la banda) prova a imporre a un altro soggetto collettivo (la famiglia) l’esborso di una cifra che diventa l’oggetto della trattativa (ognuno dei due soggetti prova a massimizzare il guadagno oppure ridurre la perdita).

Nel secondo tipo la dinamica è più complessa, ma la logica di base non è molto differente. Un gruppo combattente (guerrigliero nella terminologia dei rivoluzionari, “terrorista” in quello del governo in carica e dei suoi servi-alleati) cattura un esponente politico o un funzionario dello Stato per costringere lo stesso Stato a trattare sugli obiettivi politici esplicitamente posti. Nella storia italiana, classicamente, l’obiettivo consisteva in uno scambio di prigionieri – Moro è il caso più noto – oppure miglioramenti nelle condizioni di vita dei prigionieri, la chiusura dei carceri particolarmente infami (l’Asinara, nel caso del giudice D’Urso), oppure ancora alcune misure sociali.

Ci sono anche stati casi di sequestri a scopo di autofinanziamento compiuti da gruppi politici (l’armatore genovese Costa), ma la dinamica non era molto differente, tanto che in quel caso si tendeva a dichiarare la natura politica del soggetto attivo soltanto alla fine, per non compromettere l’obiettivo (la pressione delle forze di polizia era enormemente superiore nei confronti dei gruppi armati di sinistra).

Ma i sequestri di persona avvengono anche tra Stati... L’esempio più classico è la cattura di spie di un altro Stato sul proprio territorio o in quello di uno Stato alleato, e si concludono quasi sempre con lo scambio di prigionieri, visto che la pratica dello spionaggio reciproco è universale.

Anche i sequestri tra Stati, però, obbediscono alla stessa logica generale: viene catturato uno o più membri della controparte (del “nemico”) e si costringe l’altro a trattare per il rilascio in cambio di qualcosa. Gioco a due, come gli altri.

Sotto queste caratteristiche, in effetti, l’azione svolta da Salvini è abbastanza chiaramente un sequestro di persona. Ma con alcune differenze decisamente clamorose, che lo rendono decisamente atipico.

a) In tutti le tipologie di sequestro che abbiamo esaminato la cattura avviene nei confronti di uno o più membri del campo avverso; nel caso della Diciotti, invece, sono stati tenuto sotto sequestri degli “estranei” (i naufraghi che, secondo le leggi internazionali, andavano invece soccorsi al più presto) e addirittura dei militari della propria parte (lo Stato), per costringere una terza parte (l’Unione Europea o singoli Stati aderenti) ad adottare misure che non era disposta a prendere. Sia detto tra parentesi: e infatti non le ha prese, visto che a parte 20 profughi che forse verranno spediti in Albania (paese extra-Ue, dunque) e altrettanti in Irlanda, tutti gli altri sono rimasti e resteranno in Italia, seppure a carico della Cei (cui va del resto l’8 per mille delle nostre tasse e un discreto gruzzolo di fondi europei restituiti dalla quota italiana). Come “sequestratore”, insomma, Salvini è un dilettante che non ha ancora capito bene le regole del gioco: il “terzo”, visto che non ha niente da perdere (i sequestrati non fanno parte del suo campo), continua a fare quel che gli pare...

b) Le bande di sequestratori, e a maggior ragione i gruppi guerriglieri (e persino le spie degli Stati in territorio nemico), rischiano in proprio – la pelle o la libertà – prendendo le armi e andando in azione. Salvini invece ha fatto rischiare – un po’, soltanto un po’ – la salute a persone che avevano già subito violenze inenarrabili, ed anche i “nostri militari” a bordo della nave (stranamente dimenticati soprattutto dal cosiddetto ministro degli interni, nei suoi sproloqui quotidiani).

Ognuno può a questo punto dare il suo parere informato sul “coraggio” di Salvini, oltre che sulla sua lungimiranza politica e sulla sua statura morale.

Sequestri di questo tipo, a nostra memoria, non se ne sono mai verificati.

Solo in qualche C movie di Hollywood si è visto qualche gruppo iper-cattivo intento a sequestrare un numero variabile di innocenti per strappare un riscatto a un terzo soggetto su ordine di un “cattivissimo me” che conduce le trattative stando comodamente seduto altrove. Ma è cinema, e neppure di qualità.

E’ questione di classe. Se non ce l’hai, nessuno te la può dare...

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