C’è qualcosa di osceno nella protervia con cui Autostrade per l’Italia, davanti ai cadaveri, cita contratti e penali. L’idea che una società, miracolata da una concessione statale priva di senso economico e sociale, ricordi che in base ai documenti firmati avrebbe diritto a 20 miliardi di euro anche se venisse provata la sua responsabilità per i morti di Genova è un fatto che scuote le coscienze. Un accordo del genere (oltretutto in parte coperto da segreto di Stato)
è un contratto capestro. Chiunque coltivi ancora in sé un minimo senso
di giustizia può facilmente capire quale sia la truffa di quella
concessione ultra decennale prolungata in tutta fretta.
Secondo il contratto anche in caso di accordo rescisso per colpa grave alla società controllata dalla famiglia Benetton
spettano per anni versamenti miliardari. Non abbiamo idea del perché
politici di diverso colore nel tempo abbiano accettato tutto questo.
Sappiamo però che un accordo del genere autorizza le ipotesi peggiori.
Che esulano dalla semplice incapacità e inettitudine di tanti governanti
protagonisti dell’affare. Più volte in passato noi e altri giornalisti,
a partire dai colleghi di Report, abbiamo denunciato e
raccontato lo scandalo di queste concessioni. Ma quelle storie e
notizie scomparivano presto dai media. Troppo potenti e ricchi i
concessionari dello Stato, troppo importanti gli investimenti
pubblicitari dei Benetton, perché editori e direttori ricordassero quale
era il loro dovere.
Ora, dopo ridicoli tentativi di occultare la verità prendendosela con i No gronda
(contrari a un’opera che quando sarà ultimata non porterà alla chiusura
del ponte), la morte e la distruzione si occupano purtroppo di
rimettere a posto le cose. Dal 2015 chi lavorava sotto il ponte era
costretto a ripararsi dalla caduta di pezzi di ferro con delle reti. Le
segnalazioni ad Autostrade erano rimaste senza seguito. E solo pochi
mesi fa, con procedura d’urgenza, era stata indetta una gara per le
riparazioni di piloni e tiranti. Questo basta per far comprendere che a
Genova chi poteva e doveva intervenire non ha voluto farlo per tempo.
Ma non è tutto. Perché, mentre si scava ancora tra le macerie,
Autostrade e i suoi azionisti comunicano che in 5 mesi sono in grado di
rifare il ponte. Dimostrando che dietro alle loro passate scelte c’era
solo la volontà di moltiplicare utili già scandalosamente alti.
Noi non sappiamo come finirà questa storia. Sappiamo però che se
vogliono avere ancora diritto di cittadinanza in questo Paese ex
ministri, ex premier, ex sottosegretari protagonisti dell’affare e la
famiglia Benetton devono presentarsi agli italiani per chiedere con
umiltà perdono. Spetta invece al Parlamento il compito
di trovare la strada legislativa e di diritto per annullare quella
clausola sui soldi da versare ad Autostrade, in tutta evidenza
vessatoria per i contribuenti. Sperando che questa volta i servi dei
concessionari di Stato presenti in gran numero alla Camera e al Senato
trovino la dignità di tacere. E che invece la stampa italiana ancora
oggi impegnata in surreali acrobazie per non mettere nei titoli il cognome Benetton, trovi finalmente il coraggio di parlare.
Fonte
Non mi attendevo prese di posizione così nette.
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