A volte prende la disperazione, più spesso la rabbia... La notizia dell'”immigrato rimesso in libertà perché spacciare è la sua unica fonte di sostentamento” – secondo un giudice ovviamente “buonista e di sinistra” – attraversa il paese come una frustata. Ma è tutto falso. Solo che a sostenerla è Il Giornale, fogliaccio edito da Berlusconi, e ripreso a tutto twitter dal ministro dell’Interno. Quindi diventa “verità” perché è un organo centrale dello Stato a dichiararla tale...
La ricostruzione e la smentita sembra una fatica di Sisifo, ma qualcuno deve pur farla... In questo caso ci pensa Marco Fanti, su Facebook, che merita i ringraziamenti di tutti.
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Mi rendo conto che sia perfettamente inutile cercare di spiegare che il ministro dell’Interno (e prima di lui il Giornale) non ha capito nulla dell’ordinanza dei giudici di Milano e ha scritto una sciocchezza per stuzzicare il proprio elettorato contro la magistratura e gli immigrati, ma ci proverò lo stesso.
Innanzitutto i fatti: un cittadino straniero è stato trovato con 5 pasticche di stupefacente in tasca ed accusato di detenzione ai fini di spaccio. Il Gip ne ha disposto la custodia cautelare in ragione dei precedenti al fine di impedire la reiterazione del reato.
Il tribunale del riesame, chiamato a giudicare sull’impugnazione del difensore, ha dapprima escluso che la detenzione dello stupefacente fosse ad uso personale affermando che “l’indagato non risulta avere altra fonte di sostentamento” (e quindi non ha fatto alcun “favoritismo” nei suoi confronti, al contrario lo ha sottoposto ad un giudizio peggiore di quello che avrebbe riservato ad un italiano con un lavoro o una famiglia che gli paga tutti i vizi, trovato con la stessa quantità di stupefacente), ma ha annullato la custodia cautelare in carcere perché ha ritenuto che, in ragione del modesto quantitativo di droga detenuto dall’indagato, dovesse applicarsi il quinto comma dell’art. 73 dpr 309/90 (punito fino a quattro anni di reclusione), anziché il primo, la cui pena edittale arriva fino ad un massimo di venti anni.
Poiché il codice di procedura penale impedisce di tenere in carcere prima della condanna gli indagati per reati puniti con pena inferiore a cinque anni nel massimo, il tribunale del riesame ha disposto la scarcerazione del cittadino straniero (imponendogli il divieto di dimora), esattamente come avviene ogni giorno per centinaia di italiani che si vengono a trovare nella identica situazione.
Naturalmente, all’esito del processo, se ritenuto colpevole, il cittadino straniero sconterà la sua pena ai termini di legge, come avviene per ogni altro condannato (e vi ricordo che le carceri sono piene, e non è vero che in carcere non va nessuno, specialmente gli stranieri).
Se pensate che non sia giusto e che la legge dovrebbe cambiare, ricordatevi che potrebbe toccare se non a voi, a vostro figlio o ad un vostro amico di finire in carcere, per lo stesso fatto o per qualsiasi altra bagattella, senza un processo e senza la possibilità di difendervi.
Continuate pure ad applaudire il vostro “capitano” che vi prende in giro distorcendo la realtà in questo modo imbarazzante, ma state attenti: i vostri sogni potrebbero realizzarsi e non vi salverà nemmeno il più bravo avvocato del mondo.
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Per chi volesse capire come si fa a manipolare “professionalmente” l'informazione consigliamo la visione di questa magistrale interpretazione regalata al mondo da Gian Maria Volontè in “Sbatti mostro in prima pagina“.
Detto da giornalisti: è proprio così.
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