A ottobre sarà siglata una intesa per il cessate il fuoco con Israele. A prometterlo è stato ieri il leader di Hamas nella Striscia di Gaza, Yahya Sinwar. Secondo quanto ha detto ai giornalisti, infatti, il
movimento islamico palestinese ha compiuto dei passi importanti verso
la fine dell’assedio israeliano sul piccolo lembo di terra palestinese
che dura da oltre undici anni. Ci vorrà del tempo, ha precisato
il leader islamista, ma un accordo finale sulla tregua dovrebbe
arrivare entro un paio di mesi grazie alla mediazione egiziana.
Il cessate il fuoco – riferiscono fonti interne – dovrebbe portare
all’apertura dei valichi verso l’esterno e uno scalo marittimo a Cipro.
In cambio, Hamas porrebbe fine alla Grande Marcia del Ritorno (iniziata
lo scorso 30 marzo) e al lancio di palloncini incendiari verso Israele.
Se fosse così, però, non si arriverebbe alla fine dell’assedio, ma soltanto ad una attenuazione dei suoi effetti disastrosi per la popolazione gazawi:
la gravissima crisi umanitaria della Striscia potrebbe leggermente
migliorare, ma i confini continuerebbero ad essere controllati da
Israele.
Sinwar ha poi precisato che le forze di sicurezze di Gaza ricadrebbero sotto una “unità nazionale legittima”.
In pratica un governo di unità nazionale che però, nonostante l’accordo
di riconciliazione siglato un anno fa, Hamas e l’altro maggior partito
palestinese (Fatah) non hanno mai implementato. Sulle capacità militari
del movimento islamico, Sinwar ha poi chiarito che il suo gruppo non sta
cercando alcun confronto con Israele, ma sarà pronto per ogni
evenienza. “La resistenza continuerà a sviluppare le sue armi per
proteggere il nostro popolo dalla ripetuta aggressione sionista” ha
detto, secondo quanto riportato dal sito Internet di Hamas.
Mercoledì, intanto, gli Usa hanno pubblicato una
dichiarazione in cui hanno esortato l’Autorità palestinese (Ap) ad avere
un maggiore ruolo a Gaza. “L’Ap non può criticare restando ai
margini” ha detto Jason Greenblatt, il capo negoziatore del presidente
statunitense Donald Trump. “Il popolo di Gaza, e gli israeliani che
risiedono vicino a Gaza, soffrono da troppo tempo. E’ giunta l’ora che
l’Autorità palestinese guidi il popolo palestinese – tutti i palestinesi
– verso un futuro migliore”.
La risposta di Ramallah alle
parole statunitensi è stata immediata: i commenti di Greenblatt sono un
“palese intervento” negli affari palestinesi. “C’è un chiaro
tentativo americano di implementare il piano chiamato ‘affare del
secolo’ nella Striscia di Gaza sotto forma di progetti umanitari e
tregua” ha detto Ahmad Majdalani, membro del Comitato esecutivo
dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp). Majdalani
ha poi accusato l’inviato speciale Onu Nikolay Mladenov e il Qatar
perché starebbero facilitando gli obiettivi americani.
“Mladenov e il Qatar stanno discutendo con Israele la costruzione di un
aeroporto, di un porto e altri progetti a Gaza. Questa è una violazione
del mandato che Mladenov ha ottenuto dal Segretario generale delle
Nazioni Unite”.
Ieri il quotidiano israeliano Haaretz ha scritto che il
presidente palestinese Abbas sarebbe da un lato preoccupato dai
negoziati che Hamas sta compiendo con Israele senza il coinvolgimento
dell’Ap, ma dall’altro è restio ad assumersi la responsabilità di Gaza
perché teme che l’Autorità palestinese possa essere punita qualora non
riesca a impedire attacchi contro Israele da parte di piccoli gruppi
armati della Striscia. Haaretz ha poi riportato un commento
attribuito all’ambasciatore statunitense in Israele David Friedman
secondo cui ogni trattativa che non include l’Ap rappresenta “un premio
straordinario per Hamas”.
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