Con le riaperture previste lunedì 4 maggio, quasi 3 milioni di lavoratrici e lavoratori in più si muoveranno da casa per andare al lavoro e molti lo faranno utilizzando i trasporti pubblici.
Ma rispettare le prescrizioni sul distanziamento sui mezzi pubblici, contenute nell’ultimo Decreto, sarà impossibile. Ad affermarlo, in una lettera inviata al Ministro dei Trasporti De Micheli, sono i presidenti dell’Agens (Agenzia confederale dei Trasporti e Servizi) e dell’Asstra (Associazione dei trasporti che riunisce il tpl di tutta Italia). “Il distanziamento ipotizzato di 1 metro per la Fase 2”, sostengono nella lettera, “limita la capacità del sistema dei trasporti di persone al 25-30 per cento del numero di passeggeri trasportati in condizioni di normalità”.
Facendo una elementare proporzione significa che su 10 passeggeri trasportati normalmente, ne resterebbero bloccati alle fermate e alle stazioni almeno 7. Le conseguenze che prevedono i presidenti delle due associazioni dei trasporti non sono difficili da immaginare: in primo luogo l’assembramento di persone si sposterebbe dall’interno dei mezzi dei trasporto alle fermate di autobus e metropolitane, colme di cittadini in attesa di poter salire perché li attende il cartellino da timbrare in azienda. Ciò comporterebbe “un effetto contrario a quello desiderato” con “assembramenti non controllabili e pericolosi per la salute delle persone” e “potenziali problemi di ordine pubblico”, scrivono i due manager.
L’unica via d’uscita sarebbe, in teoria, un aumento dei mezzi circolanti. Ma questa, dopo anni di tagli ai trasporti pubblici, è un’eventualità che non appare assolutamente realistica: “L’offerta di trasporto sarebbe assolutamente insufficiente, anche a fronte di una domanda che, prevedibilmente, sarà inferiore rispetto alla situazione pre-emergenza Covid-19”.
In Lombardia anche i presidenti dell’Atm Milano e delle Ferrovie Nord, hanno sollecitato il governo affinché rimuova l’obbligo di distanziamento minimo di un metro all’interno dei mezzi pubblici.
L’unico obbligo che, realisticamente, sarebbe possibile far rispettare sarebbe l’utilizzo della mascherina che, nei fatti insieme al distanziamento, è l’unica misura di sicurezza prevista nel protocollo generale per la riapertura delle imprese.
In Piemonte, l’assessore regionale ai trasporti ha dichiarato che dal 4 maggio ripartirà solo il 45-50% dei bus e dei treni. Tra le misure previste indica “modalità del servizio di trasporto pubblico che andranno di pari passo con la riapertura delle attività. Abbiamo fatto incontri con le grandi aziende che riaprono, come FCA, che ha cambiato gli orari di lavoro in otto turni con ingressi sfalsati ogni mezz’ora”.
A Roma l’Atac ha messo nero su bianco che non potranno essere i suoi controllori a gestire e sorvegliare un flusso d’utenza che nella Capitale fa registrare di media 2,4 milioni di spostamenti al giorno. E quindi ha indicato l’obbligo di mascherine a bordo dei bus.
I test fatti nei giorni scorsi su una mobilità coerente con il distanziamento di sicurezza, annuncia il caos per lunedì mattina. I parametri di distanziamento previsti permettono l’accesso sul bus solo di 20 passeggeri (rispetto a una capienza di 80-100 posti) e di 130 utenti sulla metropolitana, dove ciascun treno può ospitare 1.208 persone.
Con questi numeri, dal 4 maggio in poi i trasporti pubblici a Roma rischiano di non reggere l’impatto della riapertura.
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