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02/05/2020

Una scuola senza governo

Mentre diventa sempre più evidente l’incapacità del governo Conte e delle amministrazioni regionali a fronteggiare l’emergenza sanitaria, soprattutto a causa della subordinazione alle pretese padronali, anche nella scuola la situazione peggiora.

Ciò che sta accadendo ha dei caratteri di straordinaria gravità. La ministra Azzolina è in conclamato stato confusionale e totalmente inadeguata alla situazione. Dopo avere dichiarato la gravità, per la scuola, delle conseguenze della pandemia, rinviando l’apertura degli istituti a settembre, ma forse anche oltre, ha emanato, in aperta contraddizione, una circolare sugli esami di maturità “in presenza” che ha causato molte proteste tra insegnanti e studenti che temono per la loro salute.

Inoltre, presa da sindrome di ipermeritocrazia, è intervenuta anche sul sistema di valutazione in modo da valorizzare – sostiene – il percorso “pregresso” degli studenti. Così mentre migliaia di studenti e insegnanti attendono indicazioni chiare sulla maturità, ricevono solo direttive su come ripartire i centesimi della valutazione finale.

È evidente che fare gli esami in presenza sarebbe auspicabile, ma non si capisce come si potrebbero creare le condizioni di sicurezza per commissioni di sette persone che dovrebbero restare nelle scuole per molte ore ogni giorno per almeno una settimana. Tutto ciò a partire dal 17 giugno, quando è certo che esisterà ancora il pericolo di contagio.

C’è da chiedersi, quindi, perché non si trovi per la maturità una soluzione analoga a quella ideata per le scuole medie, vale a dire una sorta di formalizzazione dell’esame.

Ancora peggio, la ministra ha indetto un concorso con prove d’esame per l’immissione in ruolo dei docenti precari, fantasticando su un’improbabile selezione da tenersi in luglio e agosto, con il conseguente vagare in giro per il paese di decine di migliaia di aspiranti.

Presa anche in questo caso da sindrome ipermeritocratica, la ministra pretende di svolgere prove con esami e voti – l’ennesimo quizzone per via informatica – e si oppone alla più ragionevole proposta di svolgere un concorso per titoli e servizio, avviando all’immissione in ruolo i docenti che hanno maturato tre anni di servizio.

Tutto questo in una situazione in cui è urgente l’assunzione immediata in ruolo di tali insegnanti, anche per fare fronte alle future limitazioni nel numero degli alunni per classe dovute all’epidemia, che dovrebbero essere attuate già dal primo settembre.

A questo proposito, il numero delle assunzioni stabilito dal Ministero è insufficiente, essendo inferiore alle 50.000 unità, quando si stima che potrebbe essere necessaria una quantità d’insegnanti quattro volte maggiore. L’alternativa che forse avanza nella testa della ministra Azzolina è probabilmente quella di aumentare l’orario di lavoro degli insegnanti, soluzione più economica, ma controproducente sul piano educativo.

Non si deve dimenticare che quando le scuole riapriranno, gli insegnanti saranno caricati di enormi responsabilità. Ciò perché si troveranno di fronte ad alunni toccati da decessi, invalidità, problemi economici, sociali e interpersonali delle famiglie e avranno quindi un compito delicato, certamente molto più impegnativo del “recupero” di qualche mancanza nella parte di programma non svolto quest’anno. Gli insegnanti dovranno occuparsi di una ri-socializzazione scolastica che contrasta con l’idea di un aggravio dell’orario del loro lavoro in classe.

Al fine di predisporre il rientro nelle scuole, la ministra ha nominato un Comitato di diciotto esperti. Scelta abbastanza singolare poiché al Ministero lavorano migliaia di persone che hanno il compito di ideare soluzioni per l’attività scolastica e di proporle all’autorità politica, ma ancor più per la sua composizione, dove spiccano esperti di formazione aziendale, di economia e altri provenienti da associazioni di scuole private.

E non è stata certo incoraggiante l’uscita del presidente del Comitato di esperti, Patrizio Bianchi, già assessore all’istruzione dell’Emilia che, intervistato da Radio Popolare di Milano, ha dimostrato di avere una certa difficoltà nel distinguere tra Consiglio di Facoltà, Consiglio d’Istituto e Collegio dei docenti.

Nel furore meritocratico che sembra tutto travolgere, si è inserito anche il noto INVALSI. Proprio nel momento in cui sembrava che l’emergenza avesse fatto giustizia dell’inutile e spesso stupido corredo di test dell’INVALSI, la presidente dell’Istituto, durante un’audizione parlamentare, ha annunciato che si stanno mettendo a punto delle prove “formative” che dovrebbero servire a orientare gli alunni delle scuole nelle loro scelte future.

Tali prove potrebbero essere proposte volontariamente da parte degli insegnanti. È legittimo chiedersi quale sia il senso di una tale proposta se non quello di dimostrare l’utilità (o l’ inutilità?) dell’INVALSI.

La scuola sta fronteggiando un’emergenza gravissima solo grazie allo spirito di sacrificio e alla professionalità degli insegnanti, che si sono adattati a modalità relazionali e didattiche inusitate, utilizzando le proprie attrezzature informatiche e inventandosi soluzioni per mantenere il contatto con i propri allievi. Tuttavia, sono molto affaticati dal carico di lavoro aumentato, svolto tra l’altro in condizioni emotivamente difficili. Quanti vorranno tormentarsi ulteriormente con i test INVALSI?

Ennesimo problema per il quale il Ministero mostra indifferenza è quello delle piattaforme su cui si sta svolgendo la didattica e distanza. Per questa attività sono stati stanziati 85.000.000 di euro, destinati soprattutto, a quanto sembra, a mettere dei computer o tablet a disposizione degli studenti che ne hanno necessità.

È però evidente che se la didattica a distanza dovrà, purtroppo, continuare, per alcuni periodi o per situazioni di recrudescenza della pandemia, anche nel prossimo anno scolastico, non si può continuare a usare piattaforme private scelte dalle singole scuole con criteri poco chiari. È quindi necessario pensare a una piattaforma pubblica a cui le scuole possano fare riferimento, evitando tra l’altro che dei privati possano, come accade attualmente, entrare in possesso di dati sensibili di minori, praticamente con la complicità delle istituzioni.

Tuttavia, sul sito del Ministero si trovano soltanto delle presentazioni e delle istruzioni d’uso di diverse piattaforme private, senza accenni critici al loro impiego né all’idea di avviare la costruzione di una pubblica.

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