Campioni di povertà assoluta: almeno in qualcosa l’Italia eccelle. E dire che c’era stato un lieve miglioramento nel 2019 ma nel 2020 le famiglie in povertà assoluta sono diventate oltre 2 milioni, il 7,7% del totale contro il 6,4% dell’anno precedente.
335 mila famiglie, ma il numero si capisce meglio sapendo che parliamo di 5,6 milioni di persone, il 9,4% del totale contro il 7,7%, del 2019. In sostanza 1 milione di persone in più cadute in povertà nell’anno della pandemia. Statistica today dell’Istat fotografa una realtà impietosa della nostra crisi sociale ed economica, la peggiore – sottolinea l’istituto – dal 2005 a oggi.
Tra il 2015 e il 2019 si erano registrati miglioramenti generali, i primi dalla grande crisi del 2008, azzerati con l’arrivo della crisi dovuta al covid. La stima dell’Istat non è soltanto un freddo dato statistico perchè parte dalla rilevazione dei consumi, il vero dato di allarme sui consumi delle famiglie che determina l’indice di povertà. Nel 2020 la spesa (media) mensile per famiglia si è attestata su una media di 2.328 euro, il 9,1% in meno rispetto al 2019; solo le spese alimentari sono rimaste al livello dell’anno precedente come le spese per l’abitazione. Tutte le altre spese per beni e servizi sono invece diminuite del 19,2%.
Stavolta c’è una sorpresa nella dislocazione geografica della crisi, con la povertà che cresce nel nord d’Italia: 218 mila famiglie per 720 mila persone, il 7,6 per cento contro il 5,6% del 2019. Resta stabile a sud dove comunque è più diffusa e radicata con il 9,3%, mentre al centro la percentuale è del 5,5. L’altro dato inaspettato riguarda invece il venir meno della differenza di spesa tra chi abita in un paese e chi vive in città. Se nei grandi Comuni l’incidenza di povertà assoluta passa dal 5,9% al 7,3% negli altri si passa dal 6,0% al 7,6%. Così resta stabile la povertà per i nuclei monofamiliari mentre le famiglie con più componenti subiscono maggiormente il peso della crescita della povertà. Particolarmente colpite le famiglie con un solo genitore e quelle con figli minori.
Proprio tra le persone al di sotto della maggiore età si fa più sensibile la crisi. Un milione e 346 mila sono i minori in povertà, 209 mila più del 2019. Soltanto le persone in età di pensione vedono le loro condizioni sostanzialmente stabili. E sono gli anziani a costituire con la loro entrata previdenziale l’unico elemento di stabilità, infatti il 5,6% di famiglie con almeno un anziano in condizioni di povertà è un dato sostanzialmente stabile al 5,1% del 2019. Ma il tema dei minori resta pesante, perchè la povertà minorile non si limita al dato economico presente ma va dalla salute, alla possibilità di far ricorso a cure mediche, all’educazione e quindi allo sviluppo culturale e alle possibilità lavorative migliori che una buona formazione scolastica può fornire.
Dalla rilevazione statistica possiamo constatare che i parziali e tardivi provvedimenti governativi a sostegno delle persone colpite dalla crisi da covid, uniti al Reddito di Cittadinanza e a quello di Emergenza, in qualche modo hanno salvaguardato alcuni consumi base come quello alimentare. Ma la diminuzione in un solo anno di 9 punti percentuali sul Pil è destinata a provocare danni ancora più grandi nei prossimi mesi. Per questo motivo anziché essere messe in discussione – come è avvenuto al momento della formazione del governo Draghi – le misure che fin qui hanno garantito la sopravvivenza a milioni di persone dovrebbero essere incentivate.
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