Il discorso di Conte, esordiente leader politico di ciò che resta del Movimento 5 Stelle, suona come un commiato.
Il Movimento è morto, ma dovete essere orgogliosi di quelle leggi che siete riusciti ad ottenere, pur con tanti errori e ingenuità.
Questo il succo.
“Non è un’operazione di restyling o marketing politico, ma un’opera coraggiosa di rigenerazione, senza rinnegare il passato”.
Praticamente ammette che è un’operazione di “mercato” per cercare di recuperare consenso capitalizzando la ‘popolarità’ della sua persona, prima che gli italiani, stretti tra la campagna di vaccinazioni che procede a passo di lumaca e lockdown cromatici con puntate a Ibiza per i ricchi, possano ricordarlo soltanto come l’uomo dei temuti confusi DPCM serviti a cena.
Forse sperava di essere rimpianto, paragonato ad un governo Draghi “lacrime e sangue”, (che comunque convintamente sostiene), forse pensava che il “governo dei migliori” si sarebbe distinto per la discontinuità con la sua paternalistica, ma simpatica, raffazzonata gestione.
Ma chi ha guidato, male, la gestione dell’emergenza è destinato, comunque, ad essere associato, nella recente memoria collettiva, al dolore, alla privazione, ad un periodo drammatico.
Forse la narrazione storica un giorno sarà più clemente, ma oggi no.
Il Movimento 5 Stelle cerca in Conte, il moderato liberale, un nuovo volto, non un riscatto, per poter restare al potere, pur avendo perduto la sua funzione di anticasta, di controllo del potere, di denuncia, di calmiere della giusta rivendicazione dei diritti, attraverso la partecipazione diretta del cittadino medio alle scelte politiche, in un percorso di rivoluzione culturale gentile.
Il Movimento 5 Stelle aveva avvicinato moltissimi cittadini alla politica, è vero e bisogna dargliene atto.
Dopo il vuoto lasciato dalla criminalizzazione della protesta dei movimenti degli anni '70, decimati dalla strategia della tensione, dalle stragi di Stato, il 5 Stelle è stato il primo movimento politico di massa dopo il '78 che è riuscito a risvegliare la speranza che un soggetto politico potesse davvero cambiare il sistema entrando nel sistema.
E il cittadino è comunque diventato più vigile, più attento al comportamento dei suoi portavoce (così si chiamano gli eletti pentastellati), che non sarebbero dovuti diventare professionisti della politica: due mandati e a casa.
Incompetenti? No. Perché si sarebbero avvalsi dell’intelligenza collettiva, della democrazia diretta partecipata, delle possibilità della “rete”.
Una visione forse troppo ingenua, priva di una struttura territoriale, ma soprattutto, rinnegando le ideologie, priva di una coscienza storica e socioeconomica, culturale.
Priva della coscienza di classe.
Ed è proprio questo che manca nel discorso dai toni democristiani di Conte, che dimostra una totale estraneità alla storia e ai principi fondanti del Movimento 5 Stelle, che non ha mai abbracciato né vissuto come invece ha fatto la famigerata base, attivisti volontari sul territorio, che hanno speso con entusiasmo 10 anni della loro vita dedicando tempo, competenze, sacrificando spesso affetti e lavoro, finanziando iniziative e campagne elettorali.
I grandi assenti sono proprio loro: la base degli attivisti, che aveva chiesto, tramite gli Stati Generali, il riconoscimento dei gruppi territoriali.
Segue una triste passerella di parlamentari dediti allo sperticato elogio, per ingraziarsi il nuovo capo ed ottenere la prossima candidatura o un incarico che li sistemi a vita.
E nella miseria dialettica di astrusi proclami di “contaminazione gentile, ma spietata” spicca un altro assente: l’autocritica.
Se non si parte da una sana e spietata autocritica, senza sconti, come si può rifondare e rigenerare un soggetto politico che in pochi anni ha visto trasformare il 33% in numeri da prefisso telefonico?
Solo contando sulla presunta popolarità di Conte, che “stranamente” i sondaggi pubblicizzati dai media mainstream danno oggi al 20%?
Chiuso il siparietto dello lo spettacolo pubblico, ora si parlerà seriamente di soldi, nomine e candidature, ma in segreto, senza streaming.
Conte invoca il principio dell’onestà.
Onestà? Termine semanticamente vuoto di contenuti.
Come può Conte parlare di lotta alla mafia, supportando un governo insieme a Forza Italia, che ha quale sottosegretario alla giustizia l’avvocato di Berlusconi?
Come può avallare lo smantellamento dell’ergastolo ostativo?
Come può pontificare di legalità e approvare il governo dei condoni?
In nome di quale lotta alle disuguaglianze avalla il governo di Confindustria e dell’élite finanziaria, che aumenta le spese militari, che attua il piano Colao, che si piega ai dettami europei e della Nato, che addirittura sdogana la privatizzazione della scuola permettendo la contemporaneità di più corsi di laurea?
Come può essere credibile un Conte versione ‘green’, se la sua maggioranza avalla l’aumento dei limiti massimi dell’inquinamento elettromagnetico e, lungi dall’interesse dei cittadini vessati e disperati per un anno di lockdown, focalizza le priorità sulla cosiddetta transizione ecologica e la digitalizzazione (naturalmente in 5G)?
Conte sta al Movimento 5 Stelle delle origini come il PD sta al PCI di Togliatti e Ingrao.
Lavorerà con Letta ad una coalizione di blando centrosinistra, un nuovo Ulivo OGM, con l’obiettivo di ripristinare il falso bipolarismo destra/sinistra, magari con l’aiuto delle solite sardine, per eliminare definitivamente l’anomalia di sistema rappresentata, breve meteora, dal Movimento 5 Stelle.
Conte supporta Draghi e siede con Salvini, Renzi e Berlusconi.
È l’uomo per tutte le alleanze, il moderato liberale che traghetterà un movimento ormai disfunzionale ad un partito di cui nessuno sentiva la necessità nel quadro parlamentare italiano.
Tranne i cosiddetti “miracolati” che di tornare a casa, dopo aver gustato i privilegi della famigerata casta, non hanno più voglia.
Ultimo dubbio: le famose restituzioni dagli stipendi dei parlamentari 5 Stelle, che fine faranno?
Al momento giacciono in un conto corrente più di 6 milioni e mezzo non destinati.
Serviranno per finanziare il nuovo partito di Conte?
E, in questo caso, i soldi versati dai parlamentari espulsi perché non hanno votato la fiducia a Draghi, saranno estrapolati e restituiti?
Per concludere bastano le parole di Gianfranco Rotondi: “Conte è un mio amico e resta mio amico nel senso democristiano del termine. Tutti abbiamo praticato l’opportunismo della collocazione politica più conveniente. In questo momento Conte si prende un partito forte e se lo intesta. Poi magari ci rivediamo in centro”.
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