di Massimo Zucchetti
Ora che sono passate alcune ore dall’anglomachia che ci ha posto sul tetto d’Europa, proviamo a guardare la partita con occhi meno accecati dalla giustissima esultanza (ahò, che sei ‘nglese? No? E allora perché nun esurti quanno vinceno l’azzuri????)
Le seriazioni statistiche lasciano il tempo che trovano, in ogni caso in tutta la partita gli inglesi hanno fatto num. 2 (due) tiri in porta, di cui uno entrato dopo tre minuti di gioco.
Alla luce della scarsissima incisività della loro azione offensiva nel primo tempo, e la loro completa sparizione dalla nostra metà campo nel secondo, possiamo tranquillamente considerare quel golletto iniziale come un episodio.
Episodi che una qualsiasi squadra degna di laurearsi Campione d’Europa, giocando in casa a Wembley – dicesi a Wembley – con un totale di 6 partite su 7 in casa, pioggia a catinelle che notoriamente favorisce certi inamabili scarponi (per informazioni rivolgersi a Chiesa e Jorginho) avrebbe dovuto gestire sul velluto, raddoppiando almeno per spegnere un avversario tecnicamente ed atleticamente (sissignori, incredibile, vero?) superiore.
Invece hanno lasciato agli ospiti un umiliante possesso di palla del 62%, concedendoci 17 tiri a rete dei quali 5 nello specchio, e inopinatamente capitolando solo per l’avventuroso goal dell’immenso Leo Bonucci.
Lo stesso Bonucci (anni 34) che scherzava gli attaccanti inglesi con nonchalanti disimpegni di nuca verso Donnarumma.
Per asfaltare le velleitarie punte inglesi sono bastati lui e King Kong Chiellini, 70 anni in due, fino a farli sembrare dei fulmini di guerra, che chi segue la Juventus sa non esser più vero da un pezzo, purtroppo.
La partita era votata dagli dei del calcio per gli inglesi, che hanno avuto tutto, ma proprio tutto in loro favore. Compresi ben due rigori sbagliati dai nostri inconcussi eroi rigoristi, cioè Gallo Belotti (che mi sta molto simpatico, vista la squadra in cui deve giocare, povera anima) e finanche Jorginho che mai aveva sbagliato in carriera.
Chi ha memoria ricorda che nel 2006 fu fatale alla Francia UN rigore sbagliato da Trezeguet.
Qui invece gli inglesi dal molle piedino erano pieni di paura, tanto da esaltare e far sembrare impenetrabile il nostro Gigio, che è sì il miglior portiere al mondo, ma che innanzi a un rigore tirato come diocomanda non avrebbe potuto che andare da una parte, e la palla nel sacco dall’altra.
Non è stata fortuna, dunque. Fortuna hanno avuto gli inglesi ad arrivare immeritatamente ai rigori grazie al golletto iniziale, mentre noi abbiamo sciupato parecchio, ma poi, “Leo ve callò la boca” con lo spago.
Fortuna hanno avuto a battere i rigori nella porta sotto la curva inglese scatenata. Ne hanno sbagliati tre – diconsi tre – su cinque. Grazie a quale scherzo del destino avrebbero dovuto vincere?
Casomai, la Spagna poteva vincere in semifinale con noi, per non parlare del rigore-fantasma con il quale gli inglesi hanno eliminato i danesi, terza miglior squadra del torneo dopo Italia e Spagna.
Il calcio è sì sport, ma è anche ludus simile a quello degli animali predatori che cacciano in branco, e si riduce a volte ad una lotta per la sopravvivenza all’ombra ognuno del proprio campanile, difendendo e attaccando, stringendo i denti: survival football, appunto.
L’Italia è stata la più brava a sopravvivere, a non perdere contro una squadra migliore (parlo della Spagna) ed a ribaltare con fin troppa fatica una partita già segnata come quella di domenica sera, contro dei padroni di casa tutto sommato mediocri.
Fabio Capello, l’uomo che espugnò Wembley per la prima volta nel lontano novembre 1973 con un gol al 42° del secondo tempo, ride di cuore, nero sugli aranci: indica in Federico Chiesa il nostro miglior virgulto: ma erano altri tempi, c’era Zoff in porta, poi Facchetti, Rivera, Romeo Benetti e Tarcisio Burgnich, Causio e Gigi Riva. L’ultima grande impresa dei messicani.
Ma ora come allora, battere gli sbiaditi pronipoti dei Maestri del calcio, a casa loro, davanti a 60.000 spettatori uheggianti, con un gol di svantaggio e sotto la pioggia, in una finale, conviene al nostro discreto orgoglio.
Dissi in tempi non sospetti che Roberto Mancini era nocchiero inflessibile e che era uno bravo, che sapeva di calcio e che otteneva risultati: chiediamo che in futuro i nostri CT siano tutti della sua cifra tecnico-tattica, come Lippi, mica come quello là, di cui abbiamo la Ventura di non ricordare il nome, che allenava il Torinocalcio.
Ho detto.
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