Niente di più lontano dal film psicologico e apocalittico di Lars von Trier, Melancholia (2011) in cui un enorme pianeta, dal significativo nome di “Melancholia”, era entrato in un’orbita di collisione con la Terra. Quello di von Trier era un film intimista, in cui la minaccia oscura del pianeta rappresentava l’altrettanto oscura minaccia della depressione per la psiche umana. Don’t look up (2021), diretto da Adam McKay, è una commedia nera che gioca sul contrasto tra finzione e realtà, tra rappresentazione della realtà nella contemporanea epoca digitalizzata e il reale nelle sue più varie sfaccettature, col quale gli individui contemporanei sembrano avere perso ogni contatto. Un altro dei temi scottanti messi in campo dal film è anche l’informazione e la gestione di essa; e di come siano estremamente complesse le dinamiche che stanno dietro alla fabbrica d’informazioni nella contemporaneità, fra giornali, telegiornali, internet (blog, siti, social), trasmissioni e talk show televisivi.
Sembra che la realtà, alla fine, sia sempre distorta: gli individui, infatti, sembrano accettare soltanto una rappresentazione spettacolare della realtà, rifiutando di guardarla in faccia per come è veramente. Niente di nuovo sotto il sole: lo aveva già intuito Debord nella sua Società dello spettacolo quando affermava che la realtà si era allontanata in una rappresentazione ma anche, prima, gli studiosi francofortesi oppure, da noi, un lucido intellettuale come Pasolini. Si può così delineare la trama del film senza rivelarla troppo: una gigantesca cometa sta per colpire la Terra ma gli scienziati, per dare l’allarme al mondo, non riescono letteralmente a comunicare con il potere politico – in questo caso un presidente degli Stati Uniti donna meravigliosamente interpretata da Meryl Streep, che ha riservato al figlio e agli accoliti più stretti le stanze del potere – perché distratto da dinamiche di spettacolo e gossip. In questa presidenza degli Stati Uniti grottesca e caricaturale vi è forse un rimando alla vecchia presidenza Trump e a certe sue posizioni nei confronti della gestione dell’emergenza Covid. Già, ma che c’entra il Covid con una cometa? C’entra, eccome se c’entra. Gli scienziati (fra cui spicca un bravissimo Leonardo Di Caprio), infatti, non riescono a comunicare non solo con il potere politico, ma neppure con quello mediatico: le loro comparsate in talk show televisivi non vengono prese sul serio e sono avvolte da risvolti carnevaleschi e burleschi. Il dramma ben reale che essi vorrebbero comunicare (la distruzione della Terra e dell’umanità) si trasforma in un gossip da social, in una burla che sembra creata ad arte da qualche gruppo complottista.
Ed ecco che appare la parolina magica: ci sono addirittura i negazionisti della cometa! E questa parola non può non farci pensare alla stringente attualità. Tra l’altro, il titolo del film, “Don’t look up”, “non guardare su”, si riferisce a un movimento ‘negazionista’ promosso addirittura dalla stessa presidenza degli Stati Uniti. Nonostante, a un certo punto, la cometa si veda davvero a occhio nudo, essi vorrebbero negarne addirittura l’esistenza, basta non guardare il cielo. Del resto, come già accennato, tutto ciò ci ricorda l’approccio iniziale della politica trumpiana nei confronti dell’emergenza Covid, improntata a una campagna di sottovalutazione del pericolo reale. Quest’ultimo, nella reale gestione del Covid (dappertutto, non solo negli Stati Uniti) come in quella della minaccia della cometa narrata dal film, ha subito una spettacolarizzazione senza precedenti: le più varie notizie contraddittorie vengono diramate dai più svariati organi d’informazione, dal quotidiano scientifico al più anonimo e complottista profilo facebook, in un calderone ‘digitalizzato’ di fronte al quale la mescolanza postmoderna di stili e comportamenti sociali diventa una giacchettata.
Del resto, il potere politico ed economico statunitense, a costo di far correre rischi all’umanità, cerca di trarre guadagno dalla cometa: dopo aver scoperto che essa è composta di un minerale utile per la costruzione di PC e oggetti digitali (non a caso), invece di cercare di annientarla per salvare la Terra, la vorrebbe ‘spezzettare’ in piccoli frammenti per utilizzarli a scopo economico in modo da surclassare la Cina e le altre superpotenze del digitale. Il film rappresenta una situazione iperbolica e carnevalesca, evidenziando e caricaturando i tratti più grotteschi della realtà, nello stesso identico modo in cui la “letteratura carnevalizzata”, secondo il teorico russo Michail Bachtin, mette in luce gli aspetti grotteschi del corpo umano, evidenziandoli in espansioni abnormi, (un esempio ne è il gigante Gargantua del capolavoro di François Rabelais, Gargantua e Pantagruele).
La politica, l’informazione, la scienza, l’economia, in Don’t look up, sono strette in una macabra danza, un ballo funereo che assomiglia al macabro carnevale degli appestati che chiude Nosferatu. Il principe della notte (1979) di Werner Herzog. La società contemporanea, fatta di social, di rimbalzi mediatici continui e contraddittori, di complotti veri o presunti, di “si dice”, d’informazioni unidirezionali, di paure legate a retaggi arcaici e superstiziosi, si sfalda, lasciandosi andare a un funereo e carnevalesco ballo degli appestati. L’aspetto più inquietante è che in questo ballo, per quanto noi ci crediamo assolti, siamo tutti coinvolti.
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