di Guido Salerno Aletta
L'aumento dei costi per i consumatori occidentali era già cominciato con le tasse introdotte per finalità ambientali, come le aste che in Europa si svolgono per l'aggiudicazione dei diritti di emissione di CO2 cui partecipano i produttori di energia, le industrie fortemente inquinanti come quelle siderurgiche ed i cementifici, e le compagnie aeree.
In Francia, era stata aumentata la tassazione sul gasolio per disincentivare l'uso delle automobili, riducendo da 100 a 90 Km/h la velocità massima sulle strade statali: la protesta dei Gilet Jaune è stata la risposta sociale a queste decisioni.
La transizione energetica, con il passaggio dalle fonti di origine fossile a quelle rinnovabili, sconta un differenziale di costi e di efficienza che va colmato artificialmente, facendo costare di più le prime attraverso la tassazione. Vero è che, poi, gli incassi derivanti agli Stati da questi prelievi devono essere utilizzati per agevolare gli investimenti nelle fonti rinnovabili.
Si innesca così un ciclo virtuoso che favorisce gli equilibri ambientali: a metà secolo, infatti, i Paesi Occidentali si sono impegnati a raggiungere la parità nelle emissioni di carbonio. Al Cop 26, un anno fa a Glasgow, Cina e India hanno indicato questo traguardo come raggiungibile più avanti nel tempo, di un decennio circa.
Siamo in una fase di distruzione creatrice: smantelliamo intere filiere produttive, ad esempio sostituendo le automobili con motori a combustione interna con sistemi ibridi o con trazione a batteria, completamente elettrica. Norme sempre più restrittive si applicano ad altri settori, per migliorare l'efficienza energetica ed ottenere la riduzione delle emissioni di CO2.
È di tutta evidenza che questo processo di trasformazione, costosissimo, non sarà mai realizzato nei Paesi più poveri: è quanto mai difficile immaginare che Paesi come l'India, ad esempio, possano vietare la produzione delle auto a benzina o diesel entro il 2035, come è stato deciso dall'Unione Europea.
È del tutto improbabile che lo stesso avvenga nei settori industriali e nella vita quotidiana: l'energia elettrica nei Paesi più poveri continuerà ad essere prodotta utilizzando sempre il carbone, il petrolio e naturalmente il gas. Serve molta fantasia per immaginare che ci possa essere dappertutto nel mondo una loro completa sostituzione con sistemi fotovoltaici oppure eolici. Oppure con sistemi azionati dalle onde del mare.
Qui sta il punto: gli USA e l'UE dovranno difendere le proprie industrie che avranno costi dell'energia enormemente più elevati, ed i propri cittadini che già pagano bollette più elevate, che devono acquistare auto elettriche molto più dispendiose, che devono rispettare standard molto più stringenti per ogni attività.
A quel punto saranno introdotti i dazi ambientali per rendere più costose le merci importate o i servizi forniti dai Paesi che sono più indietro con gli standard ambientali. In America già viene teorizzato il Border Tax Adjustement al fine di rendere equivalente il costo ambientale dei prodotti.
Non potendo più contrastare il libero commercio in cui i Paesi poveri battono la concorrenza dei Paesi ricchi sulla base di salari più bassi o di una intensificazione del lavoro per noi inaccettabile, la Carbon Tax diventa un rimedio miracoloso: la Tesla che verrà prodotta in Cina nello stabilimento di Shanghai costerà di più della medesima Tesla prodotta negli Usa o in Europa. È così che si batte la concorrenza dei Paesi poveri: bisogna farlo per salvare il Pianeta.
L'Occidente si era illuso di governare il mondo con la globalizzazione, ed ora cerca di correre ai ripari. È sempre "il migliore", "il più civile" rispetto al resto del mondo, cui insegna ancora una volta quale sia la via corretta da seguire, nell'interesse del Pianeta. Nel proprio interesse.
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