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17/09/2024

La crisi climatica non conviene all’economia, parola di Panetta

Sembra paradossale che bisogni affidarsi ai calcoli su entrate e uscite quando si parla se continuare ad avere un pianeta abitabile o meno, ma è questa la logica che guida questo sistema, come ha reso piuttosto esplicito Fabio Panetta, governatore della Banca d’Italia.

Ieri, infatti, si è svolta proprio a Palazzo Koch, sede dell’istituto, una G7-International Energy Agency (IEA) Conference, ovvero uno dei tanti eventi all’interno della cornice della presidenza italiana del G7. Il titolo dell’evento, tradotto, era “Garantire una transizione energetica ordinata”.

Si è trattato di un evento che voleva essere di alto profilo, con la presenza anche del ministro dell’Economia Giorgetti. A fare gli onori di casa, comunque, è stato proprio Panetta, di cui l’intervento completo è stato reso disponibile sul sito della Banca d’Italia.

Risulta evidente già dal titolo e dagli ospiti che lo scopo dell’evento era quello di dare delle indicazioni su come i paesi raccolti nel G7 devono affrontare concretamente, a livello economico, i nodi e le sfide di una “transizione verde” non più rimandabile.

Non più rimandabile, ma sempre meno attrattiva per i grandi investitori, pubblici e privati, in particolare dopo gli eventi degli ultimi anni. La crisi ucraina e palestinese hanno influenzato pesantemente anche vari settori economici (ad esempio, quello delle materie prime), e hanno accelerato la frammentazione del mercato mondiale.

Panetta, tuttavia, sottolinea come siano le stesse ragioni del mercato a spingere verso la transizione. La sua necessità “trascende le preferenze personali, poiché ora esiste un consenso nella comunità scientifica che il danno economico a lungo termine derivante dal cambiamento climatico supera di gran lunga i costi di attuazione degli Accordi di Parigi”.

Il governatore della Banca d’Italia invita dunque le autorità del G7 a non far deviare la strada dei loro paesi dalla riduzione dell’impatto sul disastro climatico che viviamo. Lo fa, però, con la logica dei costi e dei benefici che, a quanto pare, è l’unica che questa classe dirigente riesce a comprendere.

Non è solo una questione economica, ma di controllo politico delle filiere fondamentali di questa nuova “economia verde”. Infatti Panetta evidenza come la crisi con Mosca abbia imposto all’Europa di scollegarsi dalle fonti fossili russe, rendendo le rinnovabili una soluzione utile anche per le mire belliche occidentali.

Allo stesso tempo, quello che però va evitato è che ciò porti a un’altra dipendenza, quella sui minerali critici usati nelle nuove tecnologie verdi. Se parliamo di terre rare, la Cina è il paese che ne estrae più di tutti, “controllando circa il 70% della produzione mondiale, e detiene una quota ancora maggiore nella loro lavorazione”.

Pechino controlla le filiere delle terre rare, e la paura è che la transizione verde si trasformi in una dipendenza strategica dal Dragone. Cosa che il G7 non si può permettere, in questa fase di acceso scontro anche con la Cina (peraltro voluto dagli Usa).

Una delle soluzioni proposte è quella di rafforzare i rapporti con i paesi ricchi di materie utili, ma facenti parte, in sostanza, del Sud Globale e incapaci di sfruttarle. Di nuovo, si affaccia l’ombra di un rapporto di sfruttamento dai tratti coloniali, anche se mitigata dall’idea di compensazioni.

Compensazioni che, secondo Panetta, devono essere pensate anche nella redistribuzione dei costi che i vari soggetti della collettività dovranno affrontare in questa transizione, ben diversi tra grandi imprese, famiglie e così via. Ciò è fondamentale per ottenere l’approvazione pubblica delle politiche verdi.

Quello del consenso è un tema che sta sicuramente a cuore a Giorgetti, intervenuto dopo il governatore della Banca d’Italia. La sfida che aspetta i politici nel settore riguarda il “ripensamento delle nostre politiche, il riorientamento dei flussi finanziari, la riprogettazione e lo sviluppo delle infrastrutture e la diversificazione delle nostre catene di approvvigionamento”.

Il ministro dice poi alcune cose molto interessanti. Nella stessa frase parla della necessità della “pianificazione” (parola usata per criticare il PNRR, definito ‘sovietico’ nello stabilire i tempi delle riforme) degli interventi, funzionali anche a utilizzare “in modo efficiente le scarse risorse pubbliche”.

Le parole di Giorgetti sono perfettamente dentro la logica del “più stato per il mercato” esposta in passato da Draghi. Ma allo stesso tempo, ci ricorda, come in pratica ha fatto anche Panetta, che lasciare al mercato la direzione della società verso le sfide del futuro significa andare incontro alla catastrofe.

Una direzione pubblica e centralizzata rimane l’unica alternativa, anche nella transizione verde, affinché si realizzi – questo un nodo fondamentale – senza gravare sui settori popolari e non sulle compagnie che sono le maggiori artefici di emissioni globali.

Questo emerge tra le righe della G7-IEA Conference, anche se, ovviamente, Panetta e Giorgetti continuano a professare una visione centrata sul privato. Nonostante dalla Banca d’Italia abbiano dovuto ricordare che persino le proiezioni economiche mostrano come la transizione ecologica sia più conveniente della devastazione dell’ambiente.

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