«Restituire certezza del diritto ai proprietari di casa e sbattere il galera chi occupa le case e sgomberarle al di là delle chiacchiere di altri e dei processi politici, è un servizio agli italiani»: con queste parole ieri Matteo Salvini in Transatlantico alla camera ha salutato l’approvazione in prima lettura del Ddl sicurezza con 162 sì e 91 no. Il pacchetto di norme che istituiscono nuovi reati e inaspriscono pene contiene praticamente tutto il campionario delle questioni sociali trasformate in emergenze da reprimere.
L’esempio salviniano è emblematico: parla di casa (e dell’emergenza tutta mediatica delle occupazioni) proprio il ministro delle infrastrutture, che dovrebbe occuparsi di politiche abitative, e che ha cancellato ogni misura di sostegno ai morosi in difficoltà ed evita di dialogare con i sindacati e le associazioni che tutelano gli inquilini. A chi gli ha chiesto se il suo partito solleciterà tempi rapidi per l’approvazione definitiva del provvedimento, il leader leghista ha risposto: «Assolutamente sì, prima si approva e meglio è, questo incide in meglio nella vita dei cittadini. La Lega chiederà un canale di urgenza assoluta, i dati sulla sicurezza lo dicono».
Dunque, il rischio è che la palla passerà presto al senato. Ieri, in sede di approvazione definitiva, la maggioranza non si è fatta mancare un ordine del giorno che impegna il governo a istituire un tavolo tecnico per l’introduzione della castrazione chimica in Italia in caso di reati di violenza sessuale o di altri gravi reati determinati da motivazioni sessuali. È la ciliegina sulla torta panpenalista, che contiene altre forzature allo stato di diritto. Si è parlato, nei giorni scorsi, delle detenute madri che tornano in galera, dell’insensato giro di vite sulla cannabis light (pare molto caro al sottosegretario alla presidenza del consiglio Alfredo Mantovano), delle norme vessatorie contro la resistenza passiva per strada (evidentemente pensata per colpire quei pericolosi gandhiani degli ecoattivisti) o nelle carceri (particolarmente odiosa in tempi di suicidi e disperazione dietro le sbarre) o dell’aggravante pensata per punire le proteste se volte a impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica.
C’è anche l’articolo 28, che autorizza gli agenti di pubblica sicurezza a portare senza licenza alcune tipologie di armi quando non sono in servizio. Carabinieri, agenti della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza e della Polizia Penitenziaria potranno detenere senza licenza le armi elencate all’articolo 42 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (che risale al Regio decreto n. 773 del 1931): arma lunga da fuoco, rivoltella e pistola di qualunque misura, bastoni animati con lama di lunghezza inferiore ai 65 centimetri. O l’articolo 11, che, con il recepimento in Commissione di un emendamento della Lega, insegue le bolle mediatiche dei giustizieri youtuber (si pensi al fenomeno Cicalone) e introduce come aggravante quella di «avere commesso il fatto all’interno o nelle immediate adiacenze delle stazioni ferroviarie e delle metropolitane o all’interno dei convogli adibiti al trasporto di passeggeri».
Non mancano i pericolosi strascichi delle sciagurate scelte dei governi di centrosinistra che introdussero (il governo era quello di Paolo Gentiloni, ministro dell’interno era Marco Minniti) il Daspo urbano. Adesso il questore, in caso di reiterazione delle condotte considerate pericolose, può «disporre il divieto di accesso» alle aree delle infrastrutture di trasporto e alle loro pertinenze, come le stazioni, nei confronti di coloro che risultino anche solo denunciati o condannati anche con sentenza non definitiva nel corso dei precedenti cinque anni. Viene ampliata anche l’applicazione dell’arresto in flagranza differita prevista per chi viene accusato di lesioni personali a un pubblico ufficiale in servizio: adesso, guarda un po’, varrà anche nei casi in cui il fatto è commesso in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico.
Le destre non puntano solo a inseguire i facili consensi delle emergenze virtuali, quelle che sembrano costruite per nascondere i problemi reali, o a inventare nuovi nemici. Sembra vogliano davvero regolare i conti con la società e chi la anima, coi conflitti che la fanno vivere e sopravvivere. E vogliano farlo svuotando a colpi di leggi repressive gli spazi pubblici e ogni forma di solidarietà reciproca e mutuo soccorso che si possa costruire, come accade in un picchetto antisfratto, davanti a una fabbrica a rischio chiusura, in un luogo di detenzione in cui si chiedono condizioni più umane. Un programma politico, più che un semplice giro di vite.
Tutto ciò col silenzio complice delle “opposizioni parlamentari”, le quali al di là di un voto contrario puramente di bandiera non hanno mosso un dito per contrastare realmente le nuove leggi “fascistissime”, peggiorative rispetto allo stesso codice Rocco. Anzi: su circa 160 parlamentari, al momento del voto a Montecitorio l’“opposizione” ne aveva in aula soltanto 91!!! Non solo: prima della votazione finale del Ddl, PD e 5 Stelle hanno presentato alcuni ordini del giorno (recepiti dal governo) che impegnavano quest’ultimo ad incrementare la spesa per assumere nuovi agenti di polizia e di guardie penitenziarie: l’ennesima riprova di come, al di la di qualche sfumatura, nella sostanza siano tutti uniti nella direzione di un inasprimento dei dispositivi repressivi, funzionale alla guerra e all’economia di guerra, cioè di fatto all’introduzione di una vera e propria legge marziale!
Questi gli articoli salienti del disegno di legge:
Art. 1 – Introduce i nuovi reati, puniti con pene fino a 6 anni, di detenzione e/o diffusione di materiale inerente la preparazione o l’uso di armi e sostanze pericolose utilizzabili per non meglio precisate finalità di terrorismo, anche internazionale.
Art. 7 – Prevede la revoca della cittadinanza italiana, entro 10 anni dalla sentenza definitiva, contro il cittadino condannato per terrorismo o eversione.
Art. 8 – Introduce nel codice penale il nuovo art. 634 bis, che punisce il reato di occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui con la pena da 2 a 7 anni di reclusione sia per l’occupante sia per chi coopera con esso. La norma si aggiunge a quella prevista dall’art. 633 c.p., che punisce la occupazione abusiva di immobile, con la reclusione da 2 a 4 anni. Inoltre, viene introdotto nel codice di procedura penale il nuovo art. 321 bis, che dà alla polizia il potere di sgomberare immediatamente l’immobile occupato.
Art. 10 – Introduce il potere del questore di disporre contro il cittadino l’allontanamento da una determinata area urbana fino a 48 ore. Si può quindi immaginare l’uso che ne verrà fatto prima di manifestazioni e cortei sindacali e politici. Allarga i casi di emanazione del DASPO urbano fino a prevedere il DASPO giudiziario, disposto dal giudice quale condizione per la concessione della sospensione condizionale della pena.
Art. 11 – Ripristina la sanzione penale e non più amministrativa per il reato di blocco stradale. Introduce l’aggravamento della pena da 6 mesi a 2 anni a carico di coloro che effettuano un blocco stradale o ferroviario con il proprio corpo e con più persone riunite. E’ il manganello giudiziario per farla finita con scioperi operai e manifestazioni non autorizzate.
Art. 12 e 13 – Sono norme mirate contro i Rom. Il primo abolisce l’obbligo per il giudice di rinviare la pena se la condannata è incinta o madre di un bimbo di età inferiore ad un anno, sicchè madre e figlio potranno finire in carcere a discrezione del magistrato. Il secondo punisce, con pene aggravate, non solo chi organizza l’accattonaggio, ma anche chi induca terzi a farlo.
Art. 14 – Introduce l’aumento di un terzo della pena prevista per i reati di violenza, minaccia, resistenza a pubblico ufficiale (già prevista da 6 mesi a 5 anni), se il fatto è commesso contro un ufficiale o agente di polizia, vietando al giudice di considerare prevalenti le circostanze attenuanti rispetto a tale nuova aggravante.
Art. 15 – Prevede che si proceda d’ufficio – e non più su querela di parte – nel caso di lesioni personali lievi o lievissime a danno di ufficiali o agenti di polizia in servizio, punite con pena da 2 a 5 anni.
Art. 20 – Autorizza ufficiali e agenti di polizia a portare armi senza licenza, anche quando non sono in servizio.
Queste tre norme corazzano e scudano l’azione violenta in servizio e l’eventuale uso di armi fuori servizio da parte di 300.000 ufficiali e agenti di polizia (provenienti da Polizia, Carabinieri, Finanza, Polizia Locale) contro i cittadini.
Art. 18 e Art. 25 – L’art. 18 introduce: a) la nuova aggravante del reato di istigazione a disobbedire alle leggi (art. 415 c.p., che prevede una pena fino 5 anni), se viene commesso all’interno di un carcere dai detenuti o anche mediante comunicazioni dirette a persone detenute; b) il nuovo art. 415 bis c.p., che punisce con la reclusione fino ad 8 anni “chiunque, all’interno di un istituto penitenziario, promuova, organizzi o diriga una sommossa con atti di violenza o minaccia, di resistenza anche passiva all’esecuzione degli ordini o con tentativi di evasione, commessi congiuntamente da tre o più persone”. Le pene possono essere aumentate, in determinati casi (lesioni personali, uso di armi, ecc.) fino a 20 anni. L’art. 25 completa le suddette norme con la previsione dell’esclusione dei detenuti istigatori o ribelli (anche passivi!) dai benefici penitenziari, equiparandoli a mafiosi e terroristi.
Art. 19 – Applica quanto previsto dall’art. 18 per i detenuti in carcere contro i migranti ristretti nei CPR, confermandone la natura carceraria.
Questa normativa annulla qualsiasi diritto dei detenuti e li annichilisce ad esseri senza dignità, sottoposti all’imperio e arbitrio assoluti e al ricatto permanente del personale penitenziario.
Art. 23 – Il governo Renzi aveva già concesso, con il decreto-legge n.7/2015, ai funzionari e agenti dei servizi segreti, infiltrati in associazioni terroristiche o eversive, l’immunità penale nel caso di compimento di reati associativi per finalità di terrorismo. La norma, che era transitoria e più volte prorogata, diventa ora permanente e prevede l’estensione dell’immunità penale per la direzione ed organizzazione di associazioni terroristiche, anche internazionali, ed eversive dell’ordine democratico, nonché nel caso di fabbricazione o detenzione di ordigni o di materiale con finalità di terrorismo. Si passa così dalla figura dell’agente infiltrato a quella dell’agente provocatore, o – peggio ancora – dell’organizzatore di attentati e stragi.
Inoltre parifica la cannabis light a quella non light, vietando quindi la coltivazione e il commercio di infiorescenze anche di cannabis con thc inferiore allo 0.2 per cento. Una possibilità che avrebbe gravissime ricadute su tutte le imprese del settore.
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