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15/09/2024

C’è chi riesce a mentire anche sui missili...

Ignoranza, approssimazione, malafede, suprematismo idiota… La miscela che sta portando l’Occidente capitalistico oltre tutte le “linee rosse” che separano dalla guerra nucleare è così tossica che forse neanche i diretti responsabili se ne rendono più conto.

Vale per le classi dirigenti (finanziarie e politiche) come per una parte dei vertici militari (anche se come “tecnici” della guerra dovrebbero essere i più consapevoli dei rischi reali), ma soprattutto per i media, incaricati – istituzionalmente – di “formare l’opinione pubblica” fornendole un quadro edulcorato, ideologizzato, “facilitato” e dunque falso della situazione reale.

Un esempio in fondo innocuo è fornito dalle reazioni al “mandato di cattura” emesso dalle autorità russe contro alcuni giornalisti occidentali che avevano seguito da “embedded” (con divise, elmetti, giubbotti antiproiettile forniti dalle truppe) l’incursione ucraina nel territorio russo del Kursk.

Abituati da oltre 30 anni – prima guerra Usa in Iraq, 1991 – a fare da ufficio stampa alle truppe dell’Impero trovano ormai “normale” entrare in un paese straniero (extra-Shengen, ovviamente) senza “chiedere permesso”. Ossia senza fare richiesta di visto (se previsto da quel paese), attendere che sia concesso, ecc. Per di più al seguito di un “esercito invasore” (per quanto “mini”, come in questo caso).

Se il paese è debole (Iraq, Libia, Somalia, Siria, ecc.) difficilmente c’è una reazione. Certo, c’è pur sempre il rischio di prendersi una pallottola o una scheggia, come per qualsiasi soldato. Ma la “reazione ufficiale” del governo assalito è l’ultimo dei problemi.

Se però “l’offeso” ha lo spessore della Russia è logico attendersi di finire in qualche lista di “indesiderati”. Non si entra a casa di nessuno senza chiedere permesso, giusto? Se no è “effrazione”, oltretutto a mano armata...

La difesa degli inviati Rai – Stefania Battistini e l’operatore Simone Traini – ora perseguibili in Russia è affidata per esempio dal Corriere al pessimo Lorenzo Cremonesi, un abituè del giornalismo embedded Nato, che per l’appunto rivendica tutte le “missioni” cui lui e altri colleghi hanno partecipato al seguito degli americani o di Israele, “dimenticando” che si trattava pur sempre di bullismo bellico contro i più deboli, classiche operazioni neocolonialiste dell’Occidente.

Cade però dal pero della supponenza quando cita “il governo di Kiev [che nel 2014-15] minacciò di sanzioni noi reporter stranieri, che dalle zone del Donbass ucraino entravano in quelle controllate dai filorussi (coadiuvati dai soldati di Mosca)”, dimenticando – anche qui – la radicale differenza: le repubbliche di Donetsk e di Lugansk si erano autonomizzate addirittura con un referendum popolare.

Dunque lì – pur senza un riconoscimento ufficiale da parte della sedicente “comunità internazionale atlantista” – gli inviati occidentali erano di fatto “ospiti graditi” di due repubbliche attaccate da un “esercito invasore”. L’opposto dell’episodio di Kursk...

L’atteggiamento per cui, invece, il solo fatto di essere giornalisti (occidentali, ovvio, quelli palestinesi o arabi possono esser macellati senza problemi...) garantirebbe un diritto a muoversi senza rispettare alcuna regola di un qualsiasi Stato («Andate a quel Paese, questo è semplicemente il nostro mestiere»), è chiaramente una rodomontata da bischeri. Provassero ad entrare negli Stati Uniti senza autorizzazione e poi vediamo se gridano alla “censura americana [che] non può fermare il nostro lavoro”...

Ma questo sono per l’appunto piccolezze corporative, anche se rivelatrici di una mentalità belligerante e servile.

Più grave, e di molto, la menzogna sulle questioni militari e l’escalation che ci sta portando sull’orlo del conflitto nucleare. Come si fa a provare che “il nemico” – Putin, in questo caso, ma il nome può cambiare spesso senza che cambi la tecnica – è un bugiardo da abbattere? Non potendo vantare competenze proprie il “bravo giornalista” va a far testimoniare un generale disponibile. Impresa non impossibile, anche molti altri generali stanno lì da anni a dire tutt’altro.

Tre giorni fa, in una discorso preso molto sul serio anche dalla Casa Bianca – basta riascoltare le dichiarazioni del portavoce Kirby – il presidente russo ha spiegato, anche tecnicamente, perché la consegna all’Ucraina di missili a lungo raggio da parte di paesi Nato sarebbe di fatto una partecipazione diretta dell’Alleanza nella guerra alla Russia.

Rileggiamolo: “Non stiamo parlando di consentire o proibire al regime di Kiev di colpire il territorio russo. Sta già colpendo con l’aiuto di veicoli aerei senza pilota e altri mezzi. Ma quando si tratta di usare armi occidentali ad alta precisione e a lungo raggio, è una storia completamente diversa.

Il fatto è che, come ho già detto, e qualsiasi esperto lo confermerà (sia qui che in Occidente), l’esercito ucraino non è in grado di colpire con moderni sistemi occidentali ad alta precisione e a lungo raggio. Non può farlo. Ciò è possibile solo con l’uso di dati satellitari, di cui l’Ucraina non dispone: si tratta di dati provenienti solo da satelliti dell’Unione Europea o degli Stati Uniti, in generale, dai satelliti della NATO. Questo è il primo.

Il secondo, e molto importante, forse fondamentale, è che le missioni di volo verso questi sistemi missilistici possono, di fatto, essere eseguite solo da personale militare dei paesi della NATO. I militari ucraini non possono farlo. E quindi, non è una questione di consentire al regime ucraino di colpire la Russia con queste armi o di non consentirlo. Si tratta di decidere se i paesi della NATO sono direttamente coinvolti in un conflitto militare o meno.

Se questa decisione viene presa, non significherà altro che la partecipazione diretta dei paesi della NATO, degli Stati Uniti e dei paesi europei alla guerra in Ucraina. Questo è il loro coinvolgimento diretto. E questo, naturalmente, cambia significativamente l’essenza stessa, la natura stessa del conflitto. Ciò significherà che i paesi della NATO, gli Stati Uniti e i paesi europei sono in guerra con la Russia. E se questo è il caso, allora, tenendo presente il cambiamento nell’essenza stessa di questo conflitto, prenderemo decisioni appropriate in base alle minacce che saranno create per noi.”


Cosa fa il Corriere? Chiama il generale Camporini per farsi dire che «Per impostare il piano di volo dei missili non serve un corso universitario né essere occidentale. Bastano degli ucraini con due mesi di addestramento».

Poi scende anche nei dettagli: «I missili a lungo raggio hanno diversi sistemi di navigazione, ma il principale è lo stesso Gps del navigatore sulla nostra auto. Lo usano gli Atacms, gli Storm Shadow così come le armi russe. Quanto ai dati di “intelligence”, è dall’inizio della guerra che gli ucraini dispongono delle informazioni sulle retrovie russe. Non ci sarebbe alcuna novità».

Un non addetto ai lavori può credergli sulla parola. Uno appena un po’ più diffidente, come noi, si informa, anche perché non mancano le fonti per sapere cosa sono, come funzionano e come vengono comandati missili che ormai hanno molti anni di presenza “sul mercato”.

I missili di cui si sta trattando la consegna agli ucraini – e che la Gran Bretagna del sedicente “laburista” Starmer si appresterebbe a dare prima degli Stati Uniti (“va avanti tu e vediamo che succede”) – sono gli Atacms, gli Storm Shadow e gli Jassm.

I primi, costruiti dalla Lockeed Martin, vengono lanciati da terra anche da mezzi di trasporto, e vengono guidati tramite sistema inerziale e gps (“come quello delle nostre automobili”, giustamente). Hanno una gittata massima di 300 chilometri ma, essendo sparati da terra, sono facilmente individuabili dai satelliti spia. Quindi non possono stare troppo vicini al fronte, ma devono essere lanciati dalle retrovie, riducendo di molto la possibilità di colpire bersagli logistici in territorio russo (depositi di armi, aeroporti, ecc).

Gli Storm Shadow sono invece missili di fabbricazione franco-britannica, sono già stati “regalati” all’Ucraina all’inizio della guerra da Italia, Francia e GB, e sono serviti per colpir alcune navi russe nel Mar Nero. La loro gittata è di circa 250 km ma, potendo essere lanciati da aerei, questa varia insieme alla possibilità del velivolo di entrare oppure no nello spazio aereo russo. Vista la storia anche recente dell’aeronautica ucraina (i pochi F-16 ricevuti sono stati subito abbattuti o rimasti nascosti) non sembra possano cambiare l’andamento della guerra.

Ma già nel loro caso i sistemi di navigazione salgono da due a quattro (GPS, INS, IIR e TERPROM), aggiungendo la “termografia a raggi infrarossi” e la profilazione del terreno. Una volta sparato è guidato dalle informazioni inserite al momento del lancio, e non possono essere modificate durante il volo. Anche in questo caso, insomma, la partecipazione di personale Nato all’utilizzo di questi missili sarebbe limitata alla fornitura delle informazioni da inserire nel piano di volo. Cosa, diciamo, fin qui “tollerata” dai russi.

Ma i JASSM-ER – non la versione AGM-158A di cui parla il Corriere – sono decisamente un’altra cosa. Intanto la gittata, estesa fin quasi ai 1.000 km. E soprattutto il sistema di guida.

In pratica, “Il JASSM-ER resta in attesa di un bersaglio specifico da designare e può essere riprogrammato in volo. Il data-link aiuta a trasmettere lo stato del missile e conferma la selezione del bersaglio corretto durante la fase terminale”.

Domanda: cos’è questo “data link” e chi ne dispone? I data link per uso militare, in termini semplici, sono “reti militari di comunicazione digitale, composti di hardware (terminali appositi) e software (protocolli di comunicazione e messaggistica) dedicati”.

Ne esistono di tipi molto diversi, in continua evoluzione con le infinite innovazioni tecnologiche in materia. Ma, come potete leggere da soli nel link che vi abbiamo appena fornito, ne dispongono solo la Nato e la Russia (forse anche la Cina).

Dunque per far sì che uno JASSM-ER possa essere pienamente operativo – ovvero stare in volo in attesa di ricevere le informazioni decisive per raggiungere un bersaglio scelto magari all’ultimo momento “da terra” (dai “guidatori” assistiti dai data link), ci vuole personale Nato con accesso ai sistemi dell’Alleanza. Visto che l’Ucraina non ne fa parte e non può avere personale già formato per sistemi sconosciuti e non trasferibili “in due mesi”.

Da soli neanche questi missili possono cambiare il corso catastrofico della guerra, ma certamente la partecipazione in prima persona di militari della Nato costituisce un salto di qualità politicamente rilevante verso lo scontro diretto con la Russia. Impossibile dire il contrario, se si è seri.

E infatti un giornale iper-atlantista ma non gestito da deficienti, come il Financial Times, ammette che effettivamente ai vertici di Casa Bianca e Nato si rendono conto di essere sul limite di una dichiarazione di guerra, non di un altro “regalo a Kiev”. E quindi frenano. Mentre al Corriere “che problema è? mandiamo qualsiasi arma e vinciamo facile la guerra”...

Ignoranza, approssimazione, malafede, suprematismo idiota... Il giornalismo mainstream è la sentina in cui percolano senza filtri le peggiori sostanze del suprematismo occidentale. Questi corrono verso la fine tenendo d’occhio solo il proprio conto in banca, che cresce obbedendo in tutto e per tutto, senza farsi più domande.

È ora di staccare la spina...

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