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26/09/2024

Il CERN si prepara a espellere centinaia di scienziati affiliati a istituzioni russe

Il Consiglio Europeo per la Ricerca Nucleare, comunemente conosciuto con la sigla CERN, è il più grande laboratorio al mondo che si occupa di fisica delle particelle. Tra le sue strutture e acceleratori, sono state fatte alcune delle scoperte più importanti degli ultimi decenni, in uno spirito di collaborazione tra vari paesi.

Il CERN ha però deciso, ormai due anni fa, di tagliare i rapporti con Mosca, in seguito all’inizio dell'“operazione speciale in Ucraina”. Ora si vuole completare questa decisione espellendo dalla partecipazione alle sue attività gli scienziati affiliati a istituti russi, a meno che non si trasferiscano in strutture fuori da quel paese.

Dal 1955, prima l’Unione Sovietica e poi la Federazione Russa hanno cooperato con l’istituto di Ginevra con il ruolo di “osservatore”. Alla fine del 2022, questo status è stato sospeso e sono state prese delle misure contro la Russia e anche contro la Bielorussia: restrizioni sui viaggi e sullo spostamento di vari materiali.

Il CERN si era impegnato a porre fine agli accordi con Mosca e Minsk al momento della loro scadenza, come poi formalizzato nel dicembre 2023. Il rapporto con la Bielorussia si è concluso il 27 giugno scorso, e dal primo dicembre la stessa sorte toccherà a quelli con gli scienziati affiliati a strutture russe.

Per ora si prevede che uno solo dei rapporti in essere verrà mantenuto, ovvero quello con il Joint Institute for Nuclear Research (JINR). Esso si tratta di un centro intergovernativo con sede nei pressi di Mosca, a Dubna, e perciò vanta una posizione legale differente da quella dei laboratori russi.

Questa scelta ha ricevuto alcune critiche dal mondo accademico ucraino, e in particolare da Borys Grynyov, direttore dell’Istituto per i materiali a scintillazione di Kharkiv. Grynyov siede come membro associato nel Consiglio del CERN, e ha definito il mantenimento del legame col JINR come “un grosso errore”.

L’80% dei finanziamenti del JINR proviene dalla Russia, ma Grynov è preoccupato soprattutto perché, a suo dire, quel laboratorio permetterà al Cremlino di accedere a informazioni scientifiche e tecnologiche all’avanguardia, che potrebbero essere usate in qualche modo per sostenere lo sforzo bellico contro Kiev.

In opposizione a tali affermazioni si pone Hannes Jung, fisico delle particelle presso il German Electron Synchrotron di Amburgo e membro del Science4Peace Forum, un’organizzazione che si batte contro le restrizioni alla cooperazione scientifica e sostiene il mantenimento della cooperazione con la Russia.

A suo avviso, la rottura con Mosca “lascerà un vuoto. Penso che sia un’illusione credere che si possa coprire questo vuoto in modo molto semplice con altri scienziati”, afferma Jung. Il finanziamento russo all’acceleratore LHC (4,5% del budget degli esperimenti) è stato invece coperto da fondi di altri provenienza.

Il portavoce del CERN Arnaud Marsollier ha affermato: “La convenzione del CERN è molto chiara sul fatto che svolgiamo una ricerca fondamentale pacifica”. Egli ha anche stimato che circa 90 scienziati si siano trasferiti da istituzioni russe a istituzioni non russe dal 2022 e meno di 20 sono ancora alla ricerca di una posizione esterna alla Russia.

Altre organizzazioni e progetti scientifici hanno invece mantenuto, per vari motivi e magari con qualche restrizione, i rapporti con Mosca. E non si può ignorare come questa narrazione vada in contraddizione con quella ribadita a più riprese quando l’oggetto del dibattere non è il rapporto con la Russia, ma con Israele, ad esempio.

Il nodo che emerge è, ancora una volta, da una parte quello applicato degli studi e delle tecnologie dual use, dall’altra quello più teorico della neutralità o meno della scienza. In entrambi i casi, quello che sentiamo dire dalle autorità occidentali vale a seconda che il paese considerato sia un nemico o un alleato.

Un doppio standard a cui è difficile fare l’abitudine, ma che negli ultimi anni si è palesato in tutta la sua chiarezza. Rendendo sempre meno credibile e solida l’egemonia ideologica euroatlantica.

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