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21/09/2024

Legge di Bilancio 2025: torna l’austerità, tranne che per le imprese. Il rientro dal deficit lo pagano i lavoratori

Per ora solo anticipazioni e nessuna certezza, ma le intenzioni del governo Meloni sembrano abbastanza chiare: contratti pubblici senza risorse, nuovo attacco alle pensioni, nessun intervento sui clamorosi extraprofitti delle banche e decontribuzioni a pioggia per le imprese, con la conferma delle deduzioni del 120% sui nuovi assunti. Qualche briciola, se ci sarà, andrà ai settori più garantiti, con la conferma del taglio del cuneo fiscale e la riduzione degli scaglioni IRPEF.

Il governo sta aspettando i nuovi dati ISTAT, attesi per il prossimo 23 settembre, confidando nel rialzo del PIL e quindi nella possibilità di avere qualche risorsa in più. Ma intanto, per bocca del ministro Giorgetti, ha già fatto capire che i 19 miliardi di maggiori introiti fiscali non potranno essere utilizzati su salari, pensioni o servizi.

La parte più pericolosa della manovra riguarda il ventilato intervento sulle pensioni. Innanzitutto c’è la volontà di portare a 70 l’età pensionabile per i pubblici dipendenti, per ora solo in forma volontaria, ma come volano di un allungamento generalizzato. Del resto la stampa di regime si è affrettata a spiegare che già oggi nel settore privato, per tutti quelli che ricadono completamente nel sistema contributivo e quindi hanno cominciato a lavorare dopo il 1995, si riesce ad andare in pensione solo con il compimento del settantesimo anno di età.

E invece di intervenire sulle pensioni povere (e sui salari poveri, che ne sono la causa assieme alla precarietà) si pretende di spostare il 25% del TFR sui Fondi pensione, camuffando questa operazione come introduzione di una “pensione di garanzia per i giovani”. Infine, sempre sulle pensioni, si studiano forme sempre più accelerate di passaggio al calcolo contributivo anche per quelle fasce di età che ancora usufruirebbero del vecchio sistema almeno per un tratto della loro vita lavorativa, e si procede ad ulteriori tagli dell’indicizzazione delle pensioni.

Il taglio del cuneo fiscale dovrebbe essere esteso anche al 2025 e riguarderà circa 14 milioni di lavoratori, con un costo stimato di 9,4 miliardi di euro e la conferma di circa 100 euro mensili che derivano dalla riduzione della contribuzione. La conferma della riduzione degli scaglioni dell’IRPEF da 4 a 3 comporterà invece un costo di circa 4 miliardi, e la Lega sta cercando di far alzare il tetto del secondo scaglione a 60mila euro con un costo aggiuntivo di altri 4 miliardi.

All’assemblea annuale di Confindustria, la Meloni ha ottenuto un’ottima accoglienza e il presidente Orfini ha sostanzialmente plaudito alle scelte della maggioranza, aprendo al rapporto di collaborazione con Cgil, Cisl e Uil. E immediata è arrivata la risposta dei vertici della triplice che hanno accolto l’invito alla collaborazione, in particolare su regole della rappresentanza e contratti pirata, sposando l’idea che i bassi salari sarebbero frutto di una contrattazione illegittima da parte di soggetti non rappresentativi. E tutti i contratti firmati dalla triplice a salari da fame?

A far da cornice a questa manovra, però, non c’è solo l’opposizione di sua maestà. C’è soprattutto il clima di guerra e la scelta di svincolare la spesa militare da ogni regola sulla concorrenza e sul contenimento del deficit pubblico. Ci sono le indicazioni contenute nel Rapporto Draghi e l’ombra dell’ex presidente del Consiglio, riassumibili in poche battute: utilizzare l’emergenza della guerra per rilanciare l’industria militare soprattutto attraverso gli investimenti pubblici, utilizzare tutte le risorse a disposizione per sviluppare le industrie più competitive, favorendo il massimo della concentrazione economica, e accelerare nella costruzione del sistema UE, introducendo il voto a maggioranza.

In queste indicazioni non è prevista nessuna politica di redistribuzione delle risorse per chi in questi anni si è impoverito ed ha subito un forte attacco al potere d’acquisto di salari e pensioni. Per chi è in sofferenza non c’è niente, l’unica misura concreta è il ddl 1660 che prevede forti aumenta di pena per chi protesta.

Costruire la più vasta opposizione a questa nuova manovra di bilancio è la sfida che abbiamo davanti.

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