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17/09/2024

UE - Ursula vara la Commissione, SuperMario sorveglia da vicino

L’arte democristiana del compromesso a porte chiuse è l’unica cosa chiara che ha portato Ursula von der Leyen a presentare in tempo utile la sua “squadra” per la Commissione Europea (il “governo” dell’Unione).

Ufficialmente, nel corso dell’ultima settimana, i nodi erano stati soltanto due. Il ruolo da attribuire a Raffaele Fitto, indicato dal governo Meloni e appartenente al gruppo ECR (conservatori di estrema destra), contro cui erano insorti soprattutto governi e gruppi parlamentari verdi e socialisti (meno il PD, che si conferma la solita inguardabile poltiglia di “chiacchiere e distintivo”).

E, all’ultimo momento, la porta sbattuta da Thierry Breton, vecchio liberal-liberista francese già commissario, sostituito all’ultimo momento con il consenso di Macron, che ha proiettato il giovane Stephane Se’journé (ex ministro degli esteri ed ex marito dell’ex premier Laval, a proposito di “amichettismo” o “compagnia di ventura”), nell’incarico alla “prosperità e alla strategia industriale” con tanto di vicepresidenza esecutiva.

L’arte del compromesso accontenta-tutti si è vista proprio intorno a questi due scogli affioranti.

Fitto ha avuto come previsto una delle vicepresidenze, ma queste si sono magicamente moltiplicate da quattro a sei, diminuendone dunque il peso relativo. In più – o in meno – il suo incarico prevede solo la delega alla Coesione e alle Riforme (compreso ciò che resta del NextGenerationUe varato in piena pandemia), e non gli “affari economici” con il pieno controllo dei fondi del PNRR.

Un depotenziamento forse non troppo appariscente ma sostanziale, visto che nella lettera di missione scritta da von der Leyen gli si chiede espressamente di “lavorare a contatto” con Valdis Dombrovskis, l’arcigno “falco” baltico da sempre schierato per l’austerità e il controllo rigido dei conti dei paesi mediterranei.

Ironicamente, Dombrovskis perde la vicepresidenza tenuta fin qui, ma guadagna un ruolo di supervisore e controllore del “meridionale di estrema destra” che in realtà Fitto non è mai stato (nasce democristiano, poi naviga tra i berlusconiani e altri gruppi fino ad approdare alla corte di Meloni).

Al suo fianco, oltretutto, ci sarà lo slovacco Maros Sefcovic, titolare del Commercio e della Sicurezza economica. Da sottolineare il fatto che il gruppo dei sedicenti “socialisti” (PSE) non riconosce più come membro il partito di Sefcovic (quello del premier Fico), perché contrario ad armare ulteriormente l’Ucraina e ai progetti di guerra contro la Russia.

Chiaro che queste due soluzioni sono collegate tra loro e servivano a stemperare almeno un po’ il malumore “progressista” (con duecento virgolette) per la presenza di un rappresentante di quel governo che ha votato contro la conferma di Ursula von der Leyen e che dunque è “fuori e contro la maggioranza” europea.

Per il governo Meloni c’è un incasso minore dello sperato, ma comunque è un risultato da festeggiare perché ora il suo partito è stato sdoganato anche in Europa. Come già detto mille volte, chi sperava che la UE fosse un “baluardo” contro il fascismo e i suoi nostalgici è un imbecille che spera nel “cavaliere bianco” per liberarsi di quello nero. Che si mettono d’accordo senza problemi...

Ma non è stato facile neanche difendere le postazioni più ambite (quelle economiche, naturalmente, pretese da un po’ tutti gli Stati) o aumentare la “rappresentanza di genere” fino a un passabile 40%, visto che le proposte iniziali dei vari paesi indicavano un misero 22%, a conferma del fatto che “i valori” tanto sbandierati sono ben poco tenuti in reale considerazione.

La lista dei vari incarichi è ovviamente lunga, visto che ci sono 27 nomi con 27 deleghe per 27 paesi.

Gli altri quattro vicepresidenti sono la spagnola Teresa Ribera (prima inter pares) con la delega a “una transizione pulita, giusta e competitiva”. La finlandese Henna Virkkunen avrà la delega alla sovranità digitale, la sicurezza e la democrazia. La estone Kaja Kallas, come già annunciato, sarà l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, a presidio del riarmo per la guerra, al posto del comunque fomentatissimo Borrel. La romena Roxana Minzatu avrà la delega alle persone, alle competenze e alla preparazione.

Seguono tutti gli altri.

La croata Dubravka Suica (PPPE) sarà commissaria per il Mediterraneo, un nuovo ruolo che prima non esisteva. ‘Sarà anche responsabile del più ampio vicinato meridionale’, e ‘collaborerà a stretto contatto con Kaja Kallas e molti altri commissari per sviluppare i nostri interessi comuni con la regione’, un modo mellifluo per indicare il controllo stretto dell’immigrazione.

L’ungherese Olivér Várhely sarà commissario per la Salute e il benessere degli animali, oltre che responsabile per l’Unione europea della salute.

L’olandese Wopke Hoekstra (PPE) sarà commissario per il Clima, la decarbonizzazione (‘zero emissioni nette’) e la ‘crescita pulita’. Sarà anche responsabile della tassazione.

Il lituano Andrius Kubilius (PPE) sarà il commissario per la Difesa (nuovo portafogli) e lo Spazio. Lavorerà allo sviluppo dell’Unione europea della Difesa e al rafforzamento della capacità industriale e di investimento in questo settore. Ancor prima di essere esaminato dal Parlamento e di entrare in carica, Kubilius si è subito fatto notare per questa dichiarazione di guerra: «La Russia costituisce la più grande minaccia alla sicurezza dell’Europa. L’Ue deve essere pronta a qualunque evenienza avendo a disposizione nei nostri depositi abbastanza equipaggiamento militare e sufficiente personale militare pronto per la mobilitazione».

La slovena Marta Kos (Renew), sarà commissaria per l’Allargamento dell’Ue, responsabile anche del Vicinato orientale.

Il ceco Jozef Síkela (indipendente, ma indicato da un governo che fa parte del gruppo conservatore ECR) sarà il commissario per i Partenariati internazionali. ‘Guiderà il lavoro su ‘Global Gateway’ e assicurerà che sviluppiamo partenariati’ con i paesi terzi, in particolare in Africa.

Il cipriota Costas Kadis (PPE) sarà Commissario per la Pesca e gli Oceani, e dovrà presentare il primo ‘Patto europeo per gli oceani’.

La portoghese Maria Luís Albuquerque (Ppe) sarà commissaria per i Servizi finanziari e l'Unione per il risparmio e gli investimenti’. Il suo ruolo, ha sottolineato von der Leyen “sarà fondamentale per rafforzare e completare la nostra Unione dei mercati dei capitali e garantire che gli investimenti privati ​​alimentino la nostra produttività e innovazione”.

La belga Hadja Lahbib (Renew) sarà commissaria per la Preparazione alle crisi e la loro gestione, con la responsabilità per la protezione civile in caso di catastrofi naturali e per gli aiuti umanitari.

L’austriaco Magnus Brunner (PPE) sarà Commissario per gli Affari interni e l’Immigrazione. ‘Si concentrerà ovviamente sull’attuazione del Patto Ue sull’asilo e l’immigrazione, ma anche sul rafforzamento dei nostri confini e sullo sviluppo di una nuova strategia di sicurezza interna’.

La svedese Jessika Roswall (PPE) sarà commissaria per l’Ambiente, la ‘resilienza idrica’ e ‘un’economia circolare competitiva’.

Il polacco Piotr Serafin (PPE) sarà il commissario per il Bilancio UE, la lotta alle frodi e la Pubblica amministrazione. Sarà responsabile della preparazione del prossimo bilancio pluriennale dell’Unione.

Il danese Dan Jørgensen (S&D) sarà il commissario per l’Energia e l’Edilizia abitativa (nuovo portafoglio).

La bulgara Ekaterina Zaharieva (PPE) sarà commissaria per la Ricerca e l’Innovazione. Secondo la presidente della Commissione, ‘contribuirà a garantire che investiamo di più e concentriamo la nostra spesa su priorità strategiche e su innovazioni rivoluzionarie’.

L’irlandese Michael McGrath (Renew) sarà commissario per la Democrazia, la Giustizia e lo stato di diritto. Si occuperà anche di lotta alla corruzione e tutela dei consumatori.

Il greco Apostolos Tzitzikostas (PPE) sarà il commissario per i Trasporti e il Turismo sostenibili.

Il lussemburghese Christophe Hansen (PPE) sarà commissario per l’Agricoltura e l’alimentazione.

Il maltese Glenn Micallef ‘(Renew) sarà Commissario per l'Equità intergenerazionale, la cultura, la gioventù e lo sport.

SuperMario, il supervisore

Ma quasi a rubarle la scena è ben presto arrivato Mario Draghi, pronto a esercitare un ruolo da “consigliori esterno” per determinare le linee essenziali della politica europea prossima ventura. Col consenso della stessa von der Leyen, in evidente crisi di grandi idee, che pure aveva esordito indicando la volontà di seguire “le raccomandazioni del rapporto Draghi” per un’Europa “più fluida, più interconnessa, più coordinata” nelle sue “diverse politiche.

Fuor di metafora, però, SuperMario è intervenuto nel Parlamento di Strasburgo parlando delle questioni strategiche, non del Cencelli per comporre una Commissione folta di mezzi parvenu.

“Affinché l’Europa rimanga libera, dobbiamo essere più indipendenti [come se lo fosse mai stata, dalla fine della Seconda Guerra mondiale, ndr]. Dobbiamo avere catene di approvvigionamento più sicure per le materie prime e le tecnologie critiche. Dobbiamo aumentare la capacità produttiva europea nei settori strategici ed espandere la nostra capacità industriale per la difesa e lo spazio. La pace è il primo e principale obiettivo dell’Europa tra i propri confini e all’estero e dobbiamo continuare in questo sforzo costante. Le minacce alla sicurezza però aumentano e dobbiamo prepararci”.

Si vis pacem, para bellum... nulla di nuovo sotto il sole, se non la scala dimensionale su cui questo preistorico discorsetto viene riproposto: un intero continente.

Soprattutto, Draghi cogliendo con quasi compiaciuto tempismo la crisi profonda dell’industria tedesca, ci ha tenuto a ribadire uno dei punti fondamentali del suo “rapporto”, quello che risulta più indigeribile per Berlino (il governo) e Budesbank: il debito comune.

“Se ci si oppone alla costruzione di un vero mercato unico, all’integrazione del mercato dei capitali e all’emissione del debito comune, ci si oppone ai nostri obiettivi Ue”, ha detto ancora Draghi.

“Il debito comune”, ha sottolineato, “non è per la spesa pubblica generale o per i sussidi” (e quando mai qualcosa per le popolazioni impoverite...), ma “per realizzare gli obiettivi fondamentali” per la nostra futura competitività, “sui quali abbiamo tutti già concordato”.

Il conflitto, oltre che con il “nemico esterno” e con le classi popolari, è insomma anche dentro al capitale finanziario e tra gli Stati che compongono l’Unione. Non proprio il miglior viatico per il “von der Leyen 2”, che palesemente si mostra come la foglia di fico del potere dei “mercati”. Alla faccia della “democrazia”...

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