Questa mattina, aerei da guerra israeliani hanno lanciato pesanti raid su diverse aree della valle della Bekaa e del Libano meridionale. I media libanesi hanno detto che i raid hanno colpito diverse città nei distretti meridionali di Tiro e Sidone.
La risposta di Hezbollah ai raid di Israele non si è fatta attendere. Il canale israeliano Channel 12 ha riferito che cinque israeliani feriti sono arrivati all’ospedale HaEmek di Afula in seguito al lancio di razzi dal Libano. Hezbollah ha annunciato di aver bombardato l’aeroporto militare di Megiddo per la terza volta con razzi Fadi 2 e di aver bombardato una fabbrica di esplosivi nella zona di Zichron, a 60 chilometri dal confine, con razzi Fadi 2, oltre alla base militare di Amos con razzi Fadi 1. Secondo il Times of Israel solo questa mattina sono stati lanciati 65 razzi dal Libano contro Israele.
Hezbollah ha chiamato la sua operazione “Open Account” per evidenziare due fatti: uno, non ha finito di vendicare i suoi civili e combattenti; due, è pronto a rispondere a qualsiasi ulteriore escalation israeliana; e tre, continuerà a fungere da fronte di solidarietà con i palestinesi di Gaza fino a quando continuerà il genocidio israeliano nella Striscia.
Il ministero della Sanità libanese nel suo ultimo bilancio delle vittime, ha comunicato che gli attacchi aerei israeliani sul Libano hanno ucciso finora almeno 492 persone. Trentacinque bambini e 58 donne risultano essere stati uccisi, mentre altre 1.645 persone sono rimaste ferite negli attacchi.
L’approccio brutale di Israele secondo cui i civili sono scudi umani di Hezbollah – già sperimentato a Gaza – ha fatto saltare ogni civiltà nelle regole di ingaggio militari, ragione per cui la popolazione non usufruisce più delle regole di protezione previste dalle leggi internazionali. L’alto numero di vittime civili in Libano in una sola giornata – senza dimenticare quello enorme nel caso di Gaza – è lì a dimostrare che ogni soglia di umanità è stata superata da Israele.
Sul piano diplomatico, mentre è in corso l’Assemblea Plenaria delle Nazioni Unite a New York, si fatica a individuare iniziative concrete per fermare l’escalation bellica in Libano e il genocidio a Gaza.
Il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, afferma che Israele e Hezbollah dovrebbero essere spinti a fermare il ciclo di violenza ed evitare una guerra più ampia. Il New York Times ha citato Sullivan secondo il quale c’era un modo per raggiungere un accordo, ma era tortuoso e frustrante, ed è improbabile che le parti accettino ora qualsiasi proposta. In pratica siamo a zero possibilità di fermare l’escalation.
Un altro funzionario degli Stati Uniti ha affermato che il suo paese sarebbe in procinto di presentare “idee concrete” per contenere la crisi in Libano, ribadendo l’opposizione di Washington a un’invasione di terra israeliana.
Nel frattempo però, il capo del Pentagono Lloyd Austin ha avuto un colloquio telefonico con il suo omologo israeliano, affermando che gli Stati Uniti riconoscono il “diritto di difendersi” di Israele. Il Pentagono ha fatto sapere che dispiegherà proprie truppe in Medio Oriente nel mezzo dell’intensificazione delle operazioni militari israeliane in Libano.
I paesi arabi hanno condannato l’escalation israeliana e hanno avvertito i paesi occidentali e le organizzazioni internazionali dei seri rischi dell’espansione della violenza nella regione.
La Cina ha espresso sostegno al Libano e ha condannato quelli che ha definito “attacchi indiscriminati contro i civili” da parte di Israele. Incontrando a New York la controparte Abdallah Bou Habib per uno scambio di opinioni sulla situazione in Medio Oriente, il ministro degli Esteri Wang Yi ha detto che la Cina “presta molta attenzione agli sviluppi nella regione, in particolare alla recente esplosione di apparecchiature di comunicazione in Libano, e si oppone con fermezza agli attacchi indiscriminati contro i civili”, ha riferito un resoconto della diplomazia di Pechino. La Cina sostiene il Libano “nella tutela di sovranità e sicurezza”.
Ma al momento né in sede Onu né in altre sedi si hanno segnali di iniziative adeguate per fermare l’escalation bellica in Libano o lo sterminio a Gaza. Una inerzia che aggrava il fatto che, nel corso di un anno, Israele – a differenza di altri paesi – non abbia subìto alcuna sanzione per le sue azioni, un doppio standard che ha alimentato il suo senso di impunità e l’orrore che ne sta derivando.
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