Dalla lettura de Il Sole 24 ore del 12 settembre apprendiamo che, dopo un’attenta riflessione, la ministra del Lavoro Calderone ritiene conveniente l’attuale calcolo contributivo, esteso a tutti con la riforma della ministra Fornero nel 2011 che il governo attuale diceva di voler abolire, e che il “primo pilastro”, il sistema pensionistico pubblico del nostro paese, è sufficiente a garantire pensioni adeguate.
Basta versare una quota maggiore di contributi.
Una riflessione a cui neanche gli osservatori più attenti e preparati erano giunti. Un plauso quindi all’affermazione illuminante della ministra.
Con il sistema contributivo, se si versa tanto, il rendimento sarà adeguato.
L’attuale sistema fissa diverse aliquote di contribuzione: 33% della base imponibile ai fini previdenziali per i lavoratori dipendenti, 20% per i lavoratori autonomi, dal 17% al 27% per i parasubordinati.
Quindi, l’importo della futura pensione dipende prevalentemente da tali percentuali e dalla base imponibile, che tradotto significa dalla retribuzione annuale, e per effetto dell’epitaffio del signor De La Palice “se non fosse morto sarebbe ancora in vita”: maggiore è la retribuzione, maggiore i contributi versati, maggiore la pensione ottenuta.
Come non averci pensato prima!?
Quindi, la soluzione non è una ennesima riforma del sistema pensionistico sotto attacco dal 1995: basta far crescere le retribuzioni più basse dei lavoratori al posto di finanziare il riarmo, garantendo così maggiori contributi e le future pensioni.
Purtroppo è sempre la realtà dei fatti a smentire le pie intenzioni: si deve prendere atto che, non solo la ministra ed il suo Governo sono contrari ad un salario minimo, ma che, soprattutto, le nuove generazioni hanno a che fare ogni giorno con la precarietà del lavoro insieme a salari da fame, quindi con scarse o nulle contribuzioni.
Da qui l’altra importante riflessione della ministra sulla necessità di ricorrere non all’aumento dei salari ma al supporto della “seconda gamba” privata del sistema pensionistico: il conferimento del TFR ai Fondi Pensione che, tradotto, significa giocare le proprie liquidazioni alla roulette degli investimenti nel sistema finanziario del mercato globalizzato.
Cosa dicono CGIL, CISL, UIL? Niente. E come mai? Anche qui il Signor De La Palice ci soccorre.
Chi siede nei CDA dei vari Fondi pensionistici? Gli stessi CGIL, CISL, UIL che sono storicamente contrari, come la ministra, all’introduzione di un vero salario minimo, mentre hanno introdotto il silenzio assenso per l’adesione ed il trasferimento del TFR ai Fondi Pensione con i rinnovi dei contratti di lavoro.
Un colossale conflitto di interessi rispetto al quale sarebbe gradita una nuova riflessione, illuminante, della ministra.
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