Un rapporto governativo pubblicato in esclusiva dal sito d’informazione indipendente Mediapart rivela che la Francia ha consegnato armi a Israele per 30 milioni di euro nel 2023. Il governo francese si rifiuta ancora di dire se qualcuna di queste consegne sia avvenuta dopo l’inizio della guerra a Gaza.
Il 2 settembre il Regno Unito ha annunciato, tramite il ministro degli Esteri David Lammy, la sospensione parziale delle licenze di esportazione di armi verso Israele. La misura fa seguito a una dettagliata revisione da parte del governo laburista delle licenze concesse finora dall’esecutivo conservatore.
“C’è un chiaro rischio che [alcune armi britanniche] possano essere utilizzate per commettere o facilitare una grave violazione del diritto umanitario internazionale”, ha spiegato il ministro per giustificare la sua decisione, che riguarda circa un decimo delle licenze di esportazione concesse da Londra. In particolare, non saranno più forniti “i principali componenti utilizzati negli aerei militari, compresi i jet da combattimento, gli elicotteri e i droni, nonché le parti che facilitano il puntamento a terra”.
È un parzialissimo segno di “discontinuità” rispetto all’esecutivo conservatore, che non mette in discussione il sostegno della leadership laburista alle politiche sioniste, ma rimane comunque un primo segnale.
La Francia, come il Regno Unito, ha firmato una serie di trattati (tra cui il “Trattato sul commercio delle armi”) che le vietano di fornire armi se c’è il rischio che vengano utilizzate per commettere crimini di guerra o attacchi contro i civili. Ma è chiaro perché non tragga le stesse conclusioni.
Nonostante le prove sempre più evidenti di possibili crimini di guerra e contro l’umanità commessi dall’esercito israeliano a Gaza dall’autunno del 2023, l’Eliseo non ha mai imposto ufficialmente un embargo totale o parziale sulle sue forniture di armi a Israele.
Solo dopo undici mesi di guerra il Ministero della Difesa francese ha finalmente accettato di spiegare alcune delle misure adottate per garantire che le armi francesi non contribuissero ai massacri di Gaza. Interrogato da Mediapart il 4 settembre, il Ministero ha riferito che la Francia aveva sospeso alcune licenze di esportazione di armi concesse a Israele in considerazione della situazione a Gaza, senza specificare il numero o le categorie di attrezzature interessate. Tuttavia, ha indicato che queste sospensioni non riguardano la categoria “bombe, siluri, razzi, missili, altri dispositivi e cariche esplosive”.
Per il resto, il governo francese continua a sostenere di fornire, paradossalmente, a Israele solo armi a scopo difensivo. “Non è stata né sarà autorizzata l’esportazione di attrezzature che potrebbero essere utilizzate nelle operazioni di terra a Gaza”, ha dichiarato al sito d’informazione francese. Ma non ha fornito alcuno strumento per verificarlo: nonostante le ripetute richieste dei media e delle ONG, non si conosce ancora l’elenco preciso delle armi vendute e/o consegnate a Israele dalla Francia.
Ciò che è ancora più preoccupante è che la formulazione suggerisce che le attrezzature francesi possano essere utilizzate per operazioni diverse da quelle terrestri – e quindi eventualmente per quelle aeree, che si sono dimostrate le più letali per i palestinesi.
“Il governo francese”, scrive Justine Brabant, autrice dell’inchiesta, “non sta rispettando le poche regole che si è dato per garantire una (relativa) trasparenza nella vendita di armi. Sebbene l’esecutivo francese sia obbligato a presentare al Parlamento un rapporto sulle esportazioni di armi francesi entro il primo giugno di ogni anno, il rapporto 2024 (relativo alle esportazioni del 2023) non è ancora stato presentato ufficialmente in Parlamento né reso pubblico”.
Mediapart, che è riuscita a ottenere il documento, l’ha pubblicato integralmente.
Vendite di armi francesi in calo
Il rapporto inizia rivelando che le vendite di armi francesi sono in calo, con ordini per 8,2 miliardi di euro nel 2023, rispetto ai 27 miliardi di euro del 2022. Questa tendenza si spiega con le vendite eccezionali (in particolare degli aerei Rafale agli Emirati Arabi Uniti) del 2022.
Spiega Léo Péria-Peigné, autore di Géopolitique de l’armement, e ricercatore dell’Istituto francese di relazioni internazionali (Ifri).
“La base del commercio di armi è costituita da contratti di valore inferiore a 200 milioni di euro, che riguardano piccole quantità di equipaggiamento, parti, manutenzione, addestramento e così via. I picchi maggiori sono costituiti da contratti di valore superiore a 200 milioni di euro, legati all’acquisto di piattaforme importanti e, nel caso della Francia, molto avanzate e quindi molto costose come il Rafale. Il commercio di armi è raramente una costante, ma presenta regolarmente dei picchi che fanno variare le classifiche delle esportazioni da un anno all’altro”.
Il vero interesse di questo rapporto risiede nelle sue appendici, e più precisamente nelle lunghe tabelle che riassumono, per ogni Paese cliente, il numero e il valore delle licenze di esportazione concesse dal governo francese, nonché il valore in euro delle attrezzature effettivamente consegnate per l’anno in questione – perché ogni licenza non porta necessariamente a una vendita e, in caso di vendita, la consegna può avvenire solo anni dopo.
75 licenze di esportazione verso Israele per un valore totale di 176 milioni di euro
Il documento solleva almeno in parte il velo sulla politica di esportazione di armi della Francia verso Israele. Rivela infatti che nel 2023 la Francia ha consegnato a Tel Aviv attrezzature militari per un valore di 30 milioni di euro. Poiché i mesi in questione non sono specificati, è impossibile sapere se queste forniture siano continuate anche dopo l'inizio delle brutali rappresaglie israeliane nella Striscia di Gaza dopo il 7 ottobre 2023.
Abbastanza paradossale è la stata la risposta data a Mediapart che aveva in interrogato il Ministero competente, il quale ha affermato di “non avere uno strumento che ci permetta di rispondere alla domanda nei tempi e con la precisione temporale richiesta”.
“In altre parole”, è scritto nell’inchiesta, “un ministero con un bilancio annuale di 40 miliardi di euro non ha un foglio Excel che gli permetta di verificare se ha venduto armi a un Paese in guerra”.
Il rapporto ci dice anche che nel 2023 la Francia ha convalidato ordini per 20 milioni di euro da parte di produttori francesi per Israele e ha concesso 75 licenze di esportazione verso quel paese, per un valore totale di 176 milioni di euro. Queste licenze riguardano in particolare le categorie di attrezzature denominate ML2 (“armi ad anima liscia di calibro pari o superiore a 20 mm [...] e loro componenti”), ML4 (“bombe, siluri, razzi, missili, altri ordigni e cariche esplosive [...] e loro componenti”), ML6 (“veicoli terrestri e loro componenti”), ML10 (aerei, droni e loro componenti) o AMA 1 (“satelliti di rilevamento e di intelligence” e loro componenti).
Non tutte queste licenze hanno portato poi alla vendita effettiva. Secondo il Ministero, alcune sono state sospese. Ma resta il fatto che, senza ulteriori dettagli da parte delle autorità francesi, è difficile capire come Parigi abbia potuto ottenere la garanzia che nulla di questo vasto e incerto arsenale potesse essere utilizzato per commettere crimini a Gaza.
A proposito di “bombe” e altri “razzi”, Léo Péria-Peigné spiega: “La categoria ML4 è una categoria ibrida molto ampia perché può includere sia le munizioni che le parti di ricambio o i relativi componenti: si può andare da una bomba di 500 kg a un chip elettronico interno”, spiega.
“Le licenze in questione potrebbero quindi riguardare componenti elettronici di sparo o altre attrezzature di questo tipo. Poiché la maggior parte dei veicoli terrestri, aerei e navali dell’esercito israeliano sono di progettazione nazionale o americana, è altamente improbabile che si tratti di munizioni complete, ma piuttosto di componenti per l’industria della difesa locale”.
Il “dual use”: sensori e laser per 19 milioni di euro
C’è un secondo aspetto della vendita di attrezzature militari: i cosiddetti beni “dual-use”, cioè prodotti considerati sensibili perché utilizzabili sia per scopi civili che militari. La loro natura è molto varia: droni che possono essere utilizzati per il tempo libero o per sganciare munizioni, ceppi virali che possono essere utilizzati per la ricerca medica o per sviluppare un’arma batteriologica, sigilli utilizzati in una fabbrica civile o in una centrale nucleare, ecc.
Come per le armi, per la loro esportazione sono necessarie autorizzazioni specifiche e il governo francese deve presentare un rapporto annuale su queste esportazioni. Il rapporto per il 2024 non è ancora stato reso noto. Ma Mediapart lo ha pubblicato.
Le licenze che autorizzano l’esportazione di beni a duplice uso verso Israele sono aumentate esponenzialmente nel 2023, per un totale di 192,2 milioni di euro, rispetto ai 34 milioni del 2022. Queste licenze riguardano l’elettronica e le telecomunicazioni, oltre a “sensori e laser” (per un valore di 19 milioni di euro) e “navigazione e aeroelettronica” (per un valore di 3,8 milioni di euro).
Oggi l’esercito israeliano ha un estremo bisogno di sensori ed elettronica per progettare le sue armi.
Bisogna ricordare che nel 2014 uno di questi “beni a doppio uso”, un sensore di posizione francese, è stato trovato in un missile che ha ucciso tre ragazzi a Gaza.
“Queste licenze sono state rilasciate prima o dopo il 7 ottobre? Di quali tipi di sensori si tratta? Per quale scopo? Chi è il destinatario finale? Non ci sono informazioni in merito nella documentazione ufficiale. Data la delicatezza dell’argomento, abbiamo bisogno di una spiegazione del testo e soprattutto di interrompere il rilascio di licenze a Israele alla luce di quanto sta accadendo a Gaza”, aggiunge Tony Fortin.
Il deputato Aurélien Saintoul (La France Insoumise), membro della commissione difesa dell’Assemblea, fa lo stesso ragionamento. “È lo stesso tipo di opacità del materiale bellico: non sappiamo cosa viene effettivamente consegnato”, e non c’è “alcuna visibilità sui controlli” effettuati a posteriori per garantire che le merci non siano state esportate senza autorizzazione.
Promessa da anni, nel 2024 è stata finalmente istituita una commissione parlamentare incaricata di analizzare e controllare le esportazioni di armi francesi. I suoi membri sono stati nominati in aprile, ma da quando è stata sciolta a sorpresa da Macron all’indomani delle elezioni europee del 9 giugno, è scomparsa. Anche dai radar, è il caso di dire...
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