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13/12/2024

Il Tar dà ragione a Usb, oggi lo sciopero sarà di 24 ore

“Se gli scioperi di un piccolo sindacato producono una grande adesione tra i lavoratori, questo vuol dire che il sindacato così piccolo non è”. (Guido Lutrario, Esecutivo Nazionale Confederale di USB ai microfoni di “Radio anch’io”)

Il TAR del Lazio ha accolto la richiesta di USB di sospendere l’ordinanza di precettazione di Salvini! Oggi lo sciopero è generale, regolare e legittimo e durerà 24 ore anche nei trasporti. Per una volta vincono i lavoratori e vince la democrazia. Smentita l’arroganza del ministro Salvini, oggi sarà una bella giornata per la democrazia.

Il 13 dicembre è giorno di sciopero “generale e generalizzato” indetto da USB con due diverse manifestazioni, una a Milano l’altra a Roma.

L’attenzione mediatica si era andato concentrando sulla precettazione firmata dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini che avrebbe voluto ridurre a solo 4 ore l’astensione del lavoro nel trasporto pubblico locale, in quello ferroviario, in quello marittimo oltreché tra i taxi, mentre il trasporto aereo era già stato escluso dai comparti che scenderanno in sciopero.

Ma il Ministro è stato, per così dire, “recidivo ed incurante” rispetto un provvedimento che proprio un anno fa e nello stesso periodo aveva preso, ma a cui il TAR aveva dato torto, facendo rientrare le sanzioni pecuniarie ai lavoratori che avevano disobbedito ad una precettazione illegittima oltre che iniqua.

Ancora una volta, la Commissione di Garanzia non aveva avuto nulla da eccepire sullo sciopero del 13, ed ancora una volta il leader della Lega è voluto intervenire a gamba tesa con un’interpretazione arbitraria delle sue facoltà, non essendovi gravi motivi di pericolo all’orizzonte se non lo shopping natalizio, per chi se lo può permettere, ovviamente.

Dentro questa ennesima forzatura del Ministro possiamo intravedere due ordini di ragioni.

La prima è usare ogni occasione per rilanciare la necessità di cambiare in maniera peggiorativa il quadro giuridico già punitivo che regolamenta il diritto di sciopero, modificando la legge 146/90, di fatto in tandem con l’approvazione del DdL 1660 che fortunatamente sta conoscendo un iter più lungo e travagliato anche grazie ad una robusta opposizione nel Paese.

Bisogna ricordare che, parlando della 146/90, si tratta di una legge, che a differenza della Francia o della Germania, già depotenzia l’azione sindacale e l’impatto che questa potrebbe avere in settori importanti e che nella mente del Ministro vorrebbe fosse estesa ad altri settori e che prevedesse misure ancora più restrittive in ossequio ai nuovi “padroni del vapore”.

La seconda ragione è spostare l’attenzione dalle rivendicazioni sindacali sentite fortemente da larghi strati di lavoratori, su uno scontro tra il Ministro “con il pugno di ferro” ed un’organizzazione sindacale specifica su un settore particolare, la cui azione oggettivamente è più visibile.

Ai microfoni della RAI alla trasmissione Radio Anch’io, il 12 dicembre, è intervenuto Guido Lutrario, richiamando la realtà di una condizione dovuta agli accordi sindacali di CGIL, CISL e UIL di “lavori massacranti a salari da fame”, una situazione che produce scioperi “endemici” e che continueranno, specie con gli accordi che la Triplice più l’UGL hanno da poco firmato.

Questo comportamento di Salvini è indirizzato a “de-responsabilizzare” sé e l’esecutivo da una serie di responsabilità politiche che stanno assumendo la forma di drammatiche urgenze sociali a cui non si vuole prestare orecchio e non si è capaci di dare risposta come certificano i tagli della Legge di Bilancio.

I temi toccati nella piattaforma rivendicativa dell’USB sono tutto meno che corporativi e, tra l’altro, non interessano solo quei numerosi settori interessati ai rinnovi contrattuali (Pubblico Impiego, Metalmeccanici, TPL, Porti, ecc.) con ipotesi di accordi che non garantiscono minimamente incrementi salariali adeguati all’inflazione reale universalmente riscontrabili nel “caro spesa”, nei costi esorbitanti per potere affittare una casa o comprarla, nel conto salato che bisogna pagare per accedere a prestazioni a pagamento in ambito sanitario o più in generale per godere di quei servizi che una volta erano pubblici e gratuiti.

La verità è sotto gli occhi di tutti, i salari ristagnano mentre il costo della vita aumenta, rendendo una parte sempre più crescente di chi ha anche un lavoro a tempo un working poor, mentre condanna all’indigenza chi non riesce ad emergere dalla condizione di precarietà sociale diffusa, incentivata grazie all’abolizione del Reddito di Cittadinanza e dalla mancanza di un salario minimo orario.

L’altro tema fondamentale che vede i suoi drammatici sviluppi è la crisi industriale che riguarda il “cuore” produttivo europeo con il taglio di circa 300 mila posti di lavoro previsto in Francia e la ristrutturazione della Volkswagen in Germania, ed in generale la situazione di tutto il comparto dell’automotive che ha precisi riverberi su tutta la filiera produttiva italiana agganciata ai grandi gruppi europei.

Terzo, la questione della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro in un momento in cui è chiaro che gli infortuni mortali e le stragi non avvengono in realtà produttive di dimensioni ridotte ma all’interno di grandi gruppi che hanno macinato fior di profitti e che manifestamente non hanno investito a sufficienza nella sicurezza.

Ultimo, per così dire, ma non meno importante, la configurazione di una vera e propria economia di guerra in cui si sottraggono risorse economiche al Pubblico – anche rispetto ai rinnovi contrattuali – ed al Welfare, e li si indirizzano alle spese belliche ed al comparto della difesa, incentivando un complesso militare-industriale (a discapito della conversione a fini di pace) e a cui si sta sempre più integrando il sistema della ricerca e della formazione che comunque verrà falcidiato da altri tagli.

La giornata del 13 è un passo importante che va verso la costruzione di un’opposizione sindacale indipendente e confederale ed un passaggio fondamentale per chi intende rafforzare l’ipotesi di un’alternativa politica sia all’attuale esecutivo che al “campo largo”.

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