Non può che suscitare cattivi presagi l’attivismo della Germania in ambito militare. Berlino, da una parte usando i margini di bilancio dati da un’architettura europea sbilanciatissima, dall’altra muovendosi velocemente sul piano degli accordi militari e diplomatici, si sta ponendo come perno della futura difesa europea, rimodellata sulle esigenze della proiezione imperialistica UE.
Diamo uno sguardo ‘periscopico’ ai vari ambiti in cui il paese si sta impegnando. E cominciamo proprio dai sottomarini e dal fronte Sud della UE. Nel quale, come è ben risaputo, è l’Italia a essere il fulcro di un sistema di difesa che considera ‘cortile di casa’ tutto il Nord Africa e il Mediterraneo allargato.
Alla fine, la Thyssenkrupp ha scelto di quotare in borsa la TKMS, con la ratifica della decisione che dovrebbe arrivare entro i primi dieci giorni di agosto. La società è una controllata che si occupa di sommergibili e tecnologie subacquee. L’idea di vendere l’attività all’italiana Fincantieri sembra sfumata, per ora, così come il consolidamento di una grande attore industriale europeo nel settore.
La realtà è sempre più sfumata. Berlino, nelle nuove gerarchie dell’economia di guerra, l’unica risposta pensata da Bruxelles per far fronte alla crisi industriale, non vuole lasciare nulla agli altri. I tedeschi puntano a rafforzare un polo nazionale, magari con una possibile aggregazione tra TKMS e Meyer Werft, specializzata in navi da crociera e potenzialmente interessata a entrare nel comparto militare.
Fincantieri non mancherà di opportunità, anche in relazione all'integrazione con le aziende tedesche. Ma qui si tratta di assicurare a Berlino il controllo sulle scelte – e i luoghi – di investimento per la futura crescita di impianti e posti di lavoro. Si tratta di dare lavoro ai tedeschi, a cui bisogna dare un’alternativa alla crisi industriale, dopo un trentennio di promesse sfumate nel giro di pochi anni.
A est, invece, il progetto centrale è quello finanziato attraverso i finanziamenti della BEI: 540 milioni di euro per una grande caserma per rendere stabile la presenza di 5 mila soldati in Lituania, a Rudninkai. Lo schieramento di truppe è iniziato ufficialmente a fine maggio, e dovrebbe concludersi entro il 2027.
Il nemico dichiarato è la Russia. La richiesta di questa aumentata presenza militare proviene direttamente da Vilnius, e qui sta anche la particolarità della vicenda: la Germania è già presente con i suoi militari in Lituania, dal 2017, perché guida il battlegroup NATO della zona. Ma questo nuovo contingente fisso è frutto di un accordo bilaterale, e dunque al di fuori dell’architettura atlantica.
Sempre sbandierando il pericolo russo, il ministro della Difesa Boris Pistorius ha appena confermato che Berlino invierà presto delle navi a pattugliare le acque dell’Artico. “La Germania – ha detto Pistorius – ha assunto il ruolo guida per il Mar Baltico. Sono grato alla Danimarca per il suo supporto con i dati, e sono grato anche per il fatto che stiate spingendo affinché la protezione delle infrastrutture sottomarine critiche nel Mar Baltico diventi un tema di più stretta cooperazione tra UE e NATO”.
La Groenlandia avrà un ruolo centrale in questa operazione, mentre la Danimarca si è trovata costretta a dare l’ok all’ampliamento dell’intesa militare che aveva già raggiunto con Biden e Washington ha deciso di trasferirne la responsabilità dal comando del Pentagono che si occupa dell’Europa a quello che si occupa dell’America settentrionale.
“Allineare la Groenlandia al NORTHCOM significherà che verrà trattata non come un avamposto, ma come un pilastro della sicurezza degli Stati Uniti nell’estremo Nord”, ha scritto Iris Ferguson, un’ex funzionaria del Pentagono specializzata sull’Artico. Ma anche che questo potrebbe alienare ulteriormente le simpatie degli alleati europei. Quella del governo tedesco sembra dunque una decisione che è indirizzata tanto verso il Cremlino quanto verso la Casa Bianca.
Infine, il quotidiano statunitense Politico riporta che Regno Unito e Germania si preparano a firmare un ampio trattato di difesa reciproca, che dovrebbe prevedere anche una clausola di mutua assistenza in caso di minaccia strategica a uno dei due paesi. Il testo definitivo è in arrivo il prossimo 17 luglio.
In questo modo, Berlino potrebbe contare sulla promessa di una ‘mutua assistenza’ da parte di entrambe le potenze in possesso di ordigni nucleari nel Vecchio Continente (esclusa la Russia, ovviamente), ovvero Francia e Regno Unito. Lo scopo è rafforzare una deterrenza che sia autonoma da quella stelle-e-strisce. Su quanto tale deterrenza possa essere efficace ci sono dubbi, ma tant’è.
Scrive Politico: “sebbene il trattato probabilmente riaffermerà l’impegno di entrambe le nazioni nei confronti della NATO come pietra angolare della loro difesa collettiva, l’inclusione della clausola sottolinea la spinta degli alleati europei a collaborare più strettamente in materia di sicurezza, mentre gli Stati Uniti si ritirano dall’alleanza di difesa transatlantica”.
Su entrambe le sponde dell’Atlantico la NATO è ancora utile. A Trump serve forse più per costringere gli ‘alleati-vassalli’ ad acquistare le sue armi, ma Bruxelles non può di certo ancora farne a meno in un mondo sempre più turbolento. Però Berlino, in quanto paese guida della UE, si sta mettendo d’impegno a costruire un polo autonomo. Dedito, anch’esso, alla guerra.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento