“Ci siamo dati la consegna del silenzio”, rispondevano i nuovi ministri tecnici nei primi giorni del sobrio governo Monti. Poi Monti andò a Porta a Porta
e si aprirono le cateratte. Una cascata di esternazioni, annunci,
promesse, proclami, boutade, intimazioni, giuramenti, ultimatum,
penultimatum, scadenze, slogan, parole d’ordine ma soprattutto in
libertà. Intendiamoci. La politica delle chiacchiere non è una novità: i partiti ci campano da almeno trent’anni.
Faremo,
bisogna fare, è urgente fare… Ma l’informazione li ha sempre presi col
beneficio di inventario: c’era sempre, nella politica e nei media, una
maggioranza che li rilanciava e un’opposizione li respingeva al
mittente. Ora invece, nell’èra dei tecnici, l’opposizione
è talmente esigua (soprattutto sui media) che gli annunci del governo
diventano titoli di giornale e di telegiornale e, siccome sono
pochissimi a rintuzzarli, assumono un carattere di ufficialità e
neutralità (tecnica, appunto) che ne fa quasi dei dogmi di fede. Ipse dixit.
Infatti, nei titoli della stampa e dei tg, tendono a scomparire le
virgolette che li attribuiscono al ministro tizio o caio. Così
l’annuncio diventa un fatto assodato, già avvenuto, una notizia in sé.
In questi nove mesi il premier Monti, anzi “SuperMario”, e i suoi ministri (compreso il “superministro” Passera che ha sei dicasteri) sono stati enfaticamente dipinti da titolisti entusiasti come tante reincarnazioni di Cincinnato:
disinteressati al potere e al gioco politico, chini sulle carte, curvi
sui dossier, sempre tesi al bene comune, virili, atletici, scattanti
come gazzelle, pancia in dentro e petto in fuori, espertissimi nelle
materie di cui sono stati chiamati a occuparsi, intenti notte e giorno
ad aprire “tavoli”, “cantieri”, “laboratori”, “summit”, “vertici”,
“commissioni” di “esperti” ancor più esperti di loro, a stipulare
“patti”, a elaborare “piani”, “mosse” e “cabine di regia”, a escogitare
“rivoluzioni”, “pacchetti”, “manovre”, “riforme epocali” in questo o
quel settore dell’economia e della società, armati ora
di “forbice” (o “cesoie”) ora di “scure” ora di “mannaia” per i decisivi
“tagli”, “strette”, “giri di vite” e “tetti” alle spese e agli sprechi
(pardon, “spending review”), ad approntare
“scudi” anti-questo e anti-quello, a tracciare “road map”, a reclutare
“task force” per lanciare “blitz” e “sprint”, dettare “agende”,
“memorandum” e “priorità”, a intimare “alt”, “altolà”, “stop”, “No”,
anche con “rabbia”, con “gelo” e con “ira” se del caso, a nominare
“commissari” anzi “super-commissari”, a tracciare “assi” internazionali
ora con Sarkozy ora con Hollande ora con la Merkel, ora con Cameron, ora con Rajoy, ora con Obama, ora con Draghi
(l’altro “Super-Mario”), ora con tutti i “grandi” insieme, a scandire
“start up”, “cronoprogrammi” e soprattutto a inaugurare la fatidica
“fase 2”, quella della “crescita” e dello “sviluppo”.
Era, ed è,
tutto un susseguirsi di militaresche “settimane decisive”, “appuntamenti
storici”, “cacce” , “guerre”, “battaglie”, “svolte”, “lotte dure”,
“trincee”, con il tal ministro che “incalza” e il
talaltro che “accelera”, uno che “dà il via libera” e l’altro che “rompe
gli indugi”, quello che “rilancia” e questo che “strappa”, o magari
momentaneamente “frena”, ma sempre in vista dell’“uscita dal tunnel”.
Il tutto accompagnato da paroline magiche come “salvare”, “Italia”,
“subito”, “pronto”, “ecco”, “tocca”, “tutto”, “super”, “mega”, “maxi”,
“baratro”, “euro”, “anti-spread”, “anti-crisi”, meglio se accompagnate
da frasi di sicuro effetto tipo “così cambierà…” o, in caso di cetrioli
volanti, “ce lo chiede l’Europa” .
Quando poi un ministro lancia la pietra ma nasconde la mano, lanciando un ballon d’essai
tramite la stampa amica per vedere l’effetto che fa, il verbo da usare è
“spunta”: come per i funghi. Molto utile anche sparare cifre a
casaccio, possibilmente precise al dettaglio, coi decimali dopo la
virgola, così da sembrare frutto di calcoli complicatissimi: tanto la
gente manco sa cos’è lo spread, figurarsi se può
controllare a quanto sta. Ogni tanto può servire inventarsi “elogi”
(telefonici o comunque in privato, purché senza testimoni ) al governo italiano da parte di un leader straniero o di un’organizzazione internazionale o dei “mercati” che, bontà loro, “promuovono l’Italia” che ora “può farcela da sola”. Tanto nessuno può controllare.
Oggi, dopo nove mesi di trionfi, a giudicare dai titoli dei giornali l’Italia dovrebbe essere un Paese
ricco sfondato, che naviga nell’oro, rivoluzionato da riforme
palingenetiche, senza più l’ombra di un problema. La realtà, purtroppo, è
sotto gli occhi di tutti. E non, si badi bene, soltanto per colpa del
governo, che in così poco tempo ha fatto quel che ha potuto (anche se
forse era lecito attendersi qualcosa di più). Ma, a furia di gridare al miracolo tecnico,
è ovvio che si siano seminate illusioni spropositate, a cui ora
cominciano a corrispondere delusioni altrettanto smisurate. Per colpa,
ancora una volta, dell’“informazione” più conformista e servile del
mondo, che ha seguitato a tradire la sua missione di informare i
cittadini e di controllare il potere e a fungere da megafono, trombetta,
cassa di risonanza del potere, a rilanciare le parole
d’ordine del governo senz’alcun filtro critico. In forme e con linguaggi
nuovi rispetto a quelli sperimentati ventennio berlusconiano. Ma altrettanto antitetici ai più elementari codici del giornalismo. Vediamo, in quest’antologia ragionata degli orrori di stampa, com’è stato possibile.
NB. Le citazioni, tutte testuali, sono tratte dai titoli dei principali quotidiani italiani (legenda per le abbreviazioni: Cor sta per Corriere della Sera, Rep per la Repubblica, St per La Stampa).
Fonte
Vi risparmio la babele di citazioni che potete tranquillamente ammirare direttamente alla fonte dell'articolo, voglio invece calamitare la vostra attenzione sull'unico commento decente nel consueto mare di banale fanatismo pro Travaglio:
"Mannaggia oh, per una volta che volevo fare al dott, Travaglio i miei
più vivi e sinceri complimenti per la sua balda galoppata in brillante
ed esilarante rassegna delle impudicizie e miserie della indigena stampa
nel servo encomio al sevizievole governo... niente da fare. Proprio vero
che il diavolo si nasconde nei dettagli.
Questo ad esempio.
"La
realtà, purtroppo, è sotto gli occhi di tutti. E non, si badi bene,
soltanto per colpa del governo, che in così poco tempo ha fatto quel che
ha potuto (anche se forse era lecito attendersi qualcosa di più)"
Si badi bene! Che non vi sfugga.
Colpevole è solo la stampa. Il Governo, poverino..cosa si pretendeva di più?
E' mancato il tempo, mica l'intenzione.
Et voilà, a fine corsa, eccolo allineato coi colleghi tanto vituperati, nell'esecuzione dell'inchino.
Però elegante!
La differenza è tutta e solo nel grado dell'angolazione. Più o meno acuta, o ottusa."
Mi auguro che anche a voi come al commentatore qui sopra, non sia sfuggito quel diabolico dettaglio a fine corsa totalmente allineato allo status quo imperante (che visto l'andazzo continuerà a dominare ancora a lungo)
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