Gli svizzeri mollano. È fallita la trattativa con
il gruppo elvetico Glencore per l'acquisizione dello stabilimento Alcoa
di Portovesme . La notizia è stata data nella tarda mattinata di ieri
dai sindacati, che hanno ricevuto la lettera di rinuncia inviata dalla
multinazionale al ministro dello sviluppo economico Corrado Passera e al
governatore sardo Ugo Cappellacci.
La rinuncia all'acquisizione dello smelter di Portovesme è legata al costo dell'energia. Nei giorni scorsi Glencore aveva posto al governo una condizione imprescindibile per l'apertura di una trattativa per l'acquisizione dello stabilimento Alcoa: il costo dell'energia per i prossimi dieci anni non avrebbe dovuto superare i 25 euro a Mwh, contro i circa 100 euro che i mercati europei battono alla borsa dell'energia.
Passera e il governo Monti hanno provato a sondare l'Ue sulla proposta di Glencore. Ma da Bruxelles è arrivata una risposta negativa. Uno sconto come quello chiesto dal gruppo elvetico in base al credo ultraliberista che regola le scelte europee è considerato una inammissibile turbativa dei «normali» meccanismi di mercato. Passera, quindi, a Glencore ha risposto di no. Al massimo la Ue avrebbe potuto autorizzare un prezzo, di fatto concordato con Passera, di 35 euro. Ma per Glencore è troppo. Ed è così che, nella tarda serata dell'altro ieri, è arrivato il ritiro definitivo degli svizzeri, che in Sardegna controllano già, proprio nel Sulcis, un'altra fabbrica di alluminio, la Portvesme srl.
«Con una volontà meramente propositiva - afferma nella lettera il manager Glencore Daniel Goldberg - desideriamo sottolineare che, con l'applicazione dei meccanismi illustrati dal governo, arriviamo ad un costo finale dell'energia pari a 35 euro a MWh, prezzo che si è rivelato insufficiente a garantire anche la continuità produttiva di Alcoa. Non abbiamo mai chiesto al governo violazioni alla legislazione europea; abbiamo suggerito percorsi alternativi che avrebbero potuto portare a riequilibrare fattori produttivi non sostenibili economicamente. Prendiamo atto del fatto che anche queste altre strade non incontrerebbero i favori della comunità europea e, pertanto, confermiamo che, in questa situazione, non siamo interessati a proseguire il discorso, anche in ragione del dato che l'attuale gestore dell'impianto, Alcoa, alle stesse condizioni proposte dal governo accumula perdite rilevanti, che hanno portato alla decisione di chiudere».
«Ci sarebbe piaciuto - fanno sapere i funzionari del ministero di Passera - che Glencore avesse mostrato una disponibilità a fare l'investimento alle condizioni proposte e che valgono per tutti, perché il prezzo di 35 euro a Mwh da noi proposto si colloca sulla linea europea e il governo non vuole fare nulla oltre quel solco». Dure le prese di posizione dei sindacati territoriali che, invece, puntano il dito proprio contro il governo. «La vertenza - spiega Roberto Forresu, segretario della Fiom Cgil ora deve essere ora affrontata a palazzo Chigi. Sia Monti ad assumersi la responsabilità». Rino Barca, segretario della Fim Cisl, chiede al ministero dello sviluppo economico: «Il governo è in grado di garantire il prezzo dell'energia per un tempo determinato senza sottostare ai diktat di Bruxelles?».
Sul fronte politico, Paolo Ferrero chiede che il governo intervenga commissariando Alcoa: «La notizia del ritiro di Glencore impone un salto di qualità. Passera, che è in vena di commissariamenti, commissari l'Alcoa, e l'esecutivo ne garantisca l'attività produttiva. Monti deve intervenire senza aspettare che l'apparato industriale italiano vada tutto a rotoli». «Ora - dice invece Stefano Fassina - vanno verificate al più presto le altre offerte in campo per lo stabilimento Alcoa di Portovesme, per poter assicurare il ripristino dell'attività produttiva e dare prospettive di futuro ai lavoratori, alle loro famiglie e ai lavoratori dell'indotto. Il governo, oltre a coinvolgere la Regione, la Provincia e i Comuni, convochi al più presto i rappresentanti sindacali per informare sull'evoluzione del percorso con gli altri potenziali acquirenti. Non è l'ora della rassegnazione e della disperazione. È l'ora di raddoppiare l'impegno per una soluzione positiva».
da "il manifesto"
La rinuncia all'acquisizione dello smelter di Portovesme è legata al costo dell'energia. Nei giorni scorsi Glencore aveva posto al governo una condizione imprescindibile per l'apertura di una trattativa per l'acquisizione dello stabilimento Alcoa: il costo dell'energia per i prossimi dieci anni non avrebbe dovuto superare i 25 euro a Mwh, contro i circa 100 euro che i mercati europei battono alla borsa dell'energia.
Passera e il governo Monti hanno provato a sondare l'Ue sulla proposta di Glencore. Ma da Bruxelles è arrivata una risposta negativa. Uno sconto come quello chiesto dal gruppo elvetico in base al credo ultraliberista che regola le scelte europee è considerato una inammissibile turbativa dei «normali» meccanismi di mercato. Passera, quindi, a Glencore ha risposto di no. Al massimo la Ue avrebbe potuto autorizzare un prezzo, di fatto concordato con Passera, di 35 euro. Ma per Glencore è troppo. Ed è così che, nella tarda serata dell'altro ieri, è arrivato il ritiro definitivo degli svizzeri, che in Sardegna controllano già, proprio nel Sulcis, un'altra fabbrica di alluminio, la Portvesme srl.
«Con una volontà meramente propositiva - afferma nella lettera il manager Glencore Daniel Goldberg - desideriamo sottolineare che, con l'applicazione dei meccanismi illustrati dal governo, arriviamo ad un costo finale dell'energia pari a 35 euro a MWh, prezzo che si è rivelato insufficiente a garantire anche la continuità produttiva di Alcoa. Non abbiamo mai chiesto al governo violazioni alla legislazione europea; abbiamo suggerito percorsi alternativi che avrebbero potuto portare a riequilibrare fattori produttivi non sostenibili economicamente. Prendiamo atto del fatto che anche queste altre strade non incontrerebbero i favori della comunità europea e, pertanto, confermiamo che, in questa situazione, non siamo interessati a proseguire il discorso, anche in ragione del dato che l'attuale gestore dell'impianto, Alcoa, alle stesse condizioni proposte dal governo accumula perdite rilevanti, che hanno portato alla decisione di chiudere».
«Ci sarebbe piaciuto - fanno sapere i funzionari del ministero di Passera - che Glencore avesse mostrato una disponibilità a fare l'investimento alle condizioni proposte e che valgono per tutti, perché il prezzo di 35 euro a Mwh da noi proposto si colloca sulla linea europea e il governo non vuole fare nulla oltre quel solco». Dure le prese di posizione dei sindacati territoriali che, invece, puntano il dito proprio contro il governo. «La vertenza - spiega Roberto Forresu, segretario della Fiom Cgil ora deve essere ora affrontata a palazzo Chigi. Sia Monti ad assumersi la responsabilità». Rino Barca, segretario della Fim Cisl, chiede al ministero dello sviluppo economico: «Il governo è in grado di garantire il prezzo dell'energia per un tempo determinato senza sottostare ai diktat di Bruxelles?».
Sul fronte politico, Paolo Ferrero chiede che il governo intervenga commissariando Alcoa: «La notizia del ritiro di Glencore impone un salto di qualità. Passera, che è in vena di commissariamenti, commissari l'Alcoa, e l'esecutivo ne garantisca l'attività produttiva. Monti deve intervenire senza aspettare che l'apparato industriale italiano vada tutto a rotoli». «Ora - dice invece Stefano Fassina - vanno verificate al più presto le altre offerte in campo per lo stabilimento Alcoa di Portovesme, per poter assicurare il ripristino dell'attività produttiva e dare prospettive di futuro ai lavoratori, alle loro famiglie e ai lavoratori dell'indotto. Il governo, oltre a coinvolgere la Regione, la Provincia e i Comuni, convochi al più presto i rappresentanti sindacali per informare sull'evoluzione del percorso con gli altri potenziali acquirenti. Non è l'ora della rassegnazione e della disperazione. È l'ora di raddoppiare l'impegno per una soluzione positiva».
da "il manifesto"
La vertenza Alcoa come al solito mette in luce che i sindacati e la sinistra politica, sono buoni (quando gli riesce) solo a fare opposizione a cazzo campana.
Il dato più vergognoso che dovrebbe risaltare nella situazione non è il fallimento di Passera o Monti nel piazzare l'ormai ex stabilimento Alcoa in mano agli svizzeri, ma il fatto che questi ultimi abbiano tirato il culo indietro perché il governo (di ultra liberisti ricordiamolo bene) non gli ha potuto garantire un prezzo degli approvvigionamenti elettrici da qui a 10 anni (Cristo 10 anni!!!) fissato a 25€ a MWh ovvero 1/4 del prezzo di mercato!
A fronte di queste richieste sarebbero dovuti essere direttamente i sindacati a mandare a cagare gli elvetici (è bene ricordare che qualsiasi potenziale acquirente di Alcoa non dovrebbe fare nulla oltre il subentrare alla precedente amministrazione, investendo, quindi, praticamente nulla di tasca propria) reclamando soluzioni di salvataggio dell'azienda completamente antitetiche a questo capitalismo di rapina.
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