Per la serie "i sogni infranti del provincialismo italiano" quello secondo cui all'estero è tutta una figata soprattutto se per estero s'intende il mondo anglosassone e teutonico, oggi apro le danze con un paio di pezzi che fanno ironia e sviscerano il becero classismo su cui si auto consuma la società americana.
Il fiorista di Mitt Romney
"Dodici milioni di nuovi posti di lavoro" se sarò eletto. Lo ha detto Mitt Romney alla Convention repubblicana.
Mi ricorda qualcuno che però si era tenuto più basso. Mitt ha chiesto
agli americani di unirsi a lui per un futuro migliore (e chi ne vorrebbe
uno peggiore?). "Ora è il momento di alzarsi in piedi e dire "Io
sono Americano. Io sono l'artefice del mio destino. E noi meritiamo di
meglio! I miei bambini meritano di meglio! La mia famiglia merita di
meglio! La mia nazione merita di meglio!". Mitt ha esaltato le virtù della famiglia. Del vice presidente Paul Ryan ha sottolineato la totale mancanza di imbarazzo nel mostrare al mondo l'amore che prova per sua mamma ("his mom"). Dei suoi genitori ("Mom and Dad") ha ricordato i 64 anni trascorsi insieme e ha voluto rivelare il segreto di questa unione: il fiorista! "Bisogna chiedere al fiorista vicino a casa nostra, perché ogni giorno papà dava alla mamma una rosa, che poneva sul suo comodino". Dollaro, Patria e Famiglia. Mitt, fondatore del fondo di private equity Bain Capital, ha però voluto rimarcare una fondamentale differenza rispetto al suo vice "Paul, preferisco la playlist sul mio iPod alla tua". Non ti allargare Paul...
Questo è il discorso
di chi si appresta a sfidare Obama con buone probabilità di vittoria e a
governare la Nazione più potente del mondo. Dodici milioni di posti di
lavoro sono una promessa impegnativa. Mitt non ha specificato cosa
dovrebbero fare questi lavoratori oltre a portare una rosa alla moglie.
Girare patatine fritte alla Mc Donalds? Costruire armi per le aziende
che si riuniscono nella National Rifle Association?
Fabbricare milioni di nuove automobili, camion, treni, barche e
motociclette? Cosa dovranno fare tutti insieme questi nuovi dodici
milioni di lavoratori? Arruolarsi nei marines e partire
per una delle centinaia di basi americane sparse per il pianeta?
Lavoro, lavoro, lavoro. Crescita, crescita, crescita... finché gli Stati
Uniti potranno stampare nuovi dollari
Ps: il vero simbolo del sogno americano è il fiorista della famiglia Romney.
Con Romney e Ryan i Repubblicani sognano l’Ancien Régime
Candidano il moderato Mitt Romney, ma il cuore del partito
repubblicano statunitense batte per l’estremista Paul Ryan, candidato
alla vicepresidenza e unico in grado di scaldare i cuori in uno dei
partiti conservatori più di destra al mondo. Romney ha un programma
reaganiano classico, che in sé basterebbe a caratterizzarlo come
tecnocrate che vuole applicare le stesse ricette che hanno avvitato
l’Occidente nella crisi generata negli ultimi trent’anni dalla
straordinaria avidità delle proprie classe dirigenti. Per il continuo
slittamento a destra di queste Romney è però appena un uomo dello
schermo. Serve per provare a vincere le elezioni ma quel tocco di odio
sociale, capace di emozionare i militanti, lo mette il suo vice che
incarna la vera anima del partito e compie un passo avanti nel rompere
due secoli di costruzione di una società di massa che chiamiamo
democrazia.
Compito dello Stato per il ryanismo non è perequare le
differenze; sarebbe il socialismo, del quale accusano Barack Obama per
la sua riforma sanitaria. Compito dello Stato non è neanche più
ritirarsi e limitarsi a vigilare sul libero dispiegarsi degli spiriti
animali del capitalismo, che sarebbero i soli a permettere la creazione
della ricchezza. Tale impostazione è troppo progressista per i Paul
Ryan, un Sarah Palin con cervello e pertanto più pericoloso. Compito
dello Stato per la destra repubblicana al tempo dei tea party, che si
spinge oltre e più a destra del bushismo e del neoconservatorismo, è
garantire e ricompensare i cittadini migliori (ovvero quelli più
ricchi), nei quali si ripone l’essenza stessa di una nazione di
ottimati.
Gli altri, le altre classi sociali, le minoranze etniche sempre meno
minoranze, gli immigrati che mandano avanti il paese, gli anziani senza
protezione, i malati e gli svantaggiati di qualunque risma sono tali per
un disegno divino che guarda caso mette questi ultimi al margine e i
ricchi alla destra del padre. Nel momento nel quale gli altri si pongono
come soggetti politici e portatori di diritti sono solo sanguisughe non
in grado di badare a se stessi. Come tali devono perire in una sorta di
eugenetica sociale perché ogni redistribuzione è moralmente sbagliata
prima che tecnocraticamente non conveniente.
Siamo oltre il fondamentalismo protestante che nel decennio scorso
infiniti lutti addusse agli Stati Uniti e al resto del mondo delirando
su una millenarista concezione del mondo che vedeva le classi dirigenti
degli Stati Uniti al di sopra di tutto. Siamo alla codificazione
dell’egoismo sociale come nuove tavole della legge a fondamento di una
società che, anche se incapace di ribellarsi davvero, fa paura nella sua
diversità a quelle classi dirigenti che pensano di aver il diritto
divino di governare il mondo in una sorta di nuovo Ancien Régime.
Non si parla di politica estera a Tampa. Troppo poco c’è da
rivendicare dei disastri di George Bush che Barack Obama ha potuto
appena rettificare. Non puntano, almeno apparentemente, al diritto a
dominare il mondo rivendicato dai Donald Rumsfeld e dagli ideologi
neoconservatori ancora fino a un lustro fa. Preferiscono parlare di loro
stessi, del loro essere ben nati e del loro presunto diritto a non
spartire la roba che il loro dio egoista ha deciso di assegnargli per
l’eternità. Per i prossimi due mesi sarà costantemente proposto un
doppio discorso, radicale per i militanti, moderato/tecnocratico per le
tivù e per l’occhio del mondo. Ma pochi possono ingannarsi su cosa
davvero sognano i repubblicani statunitensi.
A confronto di gente del genere un Putin qualsiasi (tanto per tirare in ballo un leader molto deprecato a ovest), con tutta la sua spregiudicatezza e dispotismo, pare uno statista d'altri tempi.
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