Ma perché le sinistre non si svegliano e
non si rendono conto che il loro forsennato europeismo monetario le
rende deboli e perdenti di fronte ad una destra che è sì populista e
reazionaria, ma è anche pronta a staccare la spina dell’euro? Questo in
sintesi è quel che pensa della situazione politica l’economista Emiliano
Brancaccio, autore con Marco Passarella del libro “L’austerità è di
destra. E sta distruggendo l’Europa” (Il Saggiatore). Abbiamo
interpellato Brancaccio perché ci aiuti a interpretare la “luce” che
Monti e Passera vedono in fondo al tunnel. Negli ultimi giorni sui
quotidiani si sono spesi fiumi d’inchiostro e di dettagli per spiegare
l’ottimismo del governo sull’economia eppure le aziende chiudono, la
disoccupazione cresce…
Professor Brancaccio, c’è o non c’é la luce di Passera e Monti?
Più volte abbiamo sentito esponenti di
governo affermare che la crisi stava per finire. Già nel 2009 lo diceva
Berlusconi… Non mi risulta che Monti e Passera abbiano elementi nuovi
per rendere il loro ottimismo più credibile di quello dell’ex Premier.
Le previsioni delle istituzioni internazionali parlano chiaro: a fine
2012 il Pil sarà caduto di altri due punti, e nemmeno per il 2013 si
intravede una ripresa.
E come ha fatto Monti a far dire a Moody’s che l’Italia era in gran forma?
Le agenzie di rating hanno commesso
errori colossali e hanno perso molta credibilità, in questi anni. I loro
pareri sono tuttora utilizzati per fini di lotta politica interna ma la
reale capacità delle agenzie di influenzare gli andamenti del mercato è
ormai modesta.
Quali sono le novità della crisi allora?
L’unica vera novità di questa estate è
la presa di posizione del presidente della Banca centrale europea:
Draghi ha dichiarato che farà tutto ciò che è in suo potere per salvare
l’euro, ed ha aggiunto che riuscirà nell’intento. Queste parole hanno
messo gli speculatori in stato d’attesa e l’annunciata vendita in massa
di titoli per il momento non è avvenuta. Molti ritengono che la
dichiarazione di Draghi sia stata decisiva e abbia definitivamente
scongiurato il pericolo di implosione della zona euro. In realtà la
posizione della Bce nasconde una gigantesca contraddizione interna.
Quale?
La Bce è disposta ad acquistare i titoli
dei paesi periferici solo a condizione che questi paesi proseguano con
le politiche di austerità e di abbattimento del debito. Questa
condizione genera una incoerenza logica: come stiamo osservando in
Grecia, ma anche in Italia, le politiche di austerity non aiutano a
risanare i conti. Al contrario deprimono i redditi e quindi rendono
sempre più difficile il rimborso dei debiti, sia pubblici che privati.
Alcuni osservatori dicono che in
realtà l’insistenza sul “rigore” corrisponde al disegno tedesco – uso
una parola forte – di schiavizzare i paesi più deboli. E’ d’accordo
anche lei?
Di sicuro stiamo assistendo a quello che
in gergo tecnico si definisce un processo di “centralizzazione” dei
capitali europei, che favorisce soprattutto la Germania. Costringere i
paesi periferici della zona euro ad attuare politiche di austerity
significa aggravare la loro crisi e peggiorare la loro posizione
debitoria. Di questo passo tali paesi si vedono costretti a far fronte
ai debiti vendendo a prezzi di sconto gran parte del patrimonio
nazionale, pubblico e privato: immobili, partecipazioni azionarie in
aziende strategiche, banche, magari persino le isole e altri beni
demaniali. Per chi dispone di molta liquidità si creano quindi grandi
occasioni per fare shopping a buon mercato nei paesi periferici. E la
liquidità, guarda caso, è abbondante soprattutto in Germania.
Ci sono resistenze da parte dei governi dei Piigs? C’è davvero l’asse Monti-Hollande?
Se c’è non mi pare che funzioni. Del
resto, per la cultura che incarna, il professor Monti sembra più incline
ad assecondare i processi in corso che a contrastarli. Solo per citare
un esempio, per Monti la vendita di capitali nazionali a favore di
acquirenti esteri deve ritenersi un fatto positivo, addirittura
taumaturgico. Eppure basterebbe guardare all’esperienza italiana degli
anni ’90 per capire che le acquisizioni estere non portano sempre
benefici ma anzi possono fare molti danni al tessuto produttivo di un
paese.
Tuttavia c’è chi si augura una riedizione del governo Monti dopo le elezioni…
E’ l’auspicio di chi è disposto a tenere
l’Italia nella zona euro a tutti i costi. Monti viene presentato come
un baluardo intorno al quale riunirsi per impedire la vittoria delle
forze anti-euro. A sinistra questa linea d’azione fa presa. Il motivo è
che le forze di sinistra appaiono soggiogate dall’idea che l’euro,
nonostante le sue enormi contraddizioni, rappresenti una conquista alla
quale non è possibile rinunciare. Nel nostro libro cerchiamo di spiegare
che questo atteggiamento è il frutto di un liberoscambismo acritico che
da tempo pervade la sinistra, moderata o radicale che sia. Il problema è
che questa posizione politica potrebbe rivelarsi fallimentare. Per come
attualmente è configurata, l’Unione monetaria europea alimenta la crisi
dei paesi periferici e fa esplodere i licenziamenti e le bancarotte. In
uno scenario simile, le forze politiche che propongono l’uscita dalla
moneta unica e magari anche dal mercato unico europeo sono destinate a
veder crescere i loro consensi, a danno soprattutto di quelle che hanno
scelto di arroccarsi in difesa dell’Unione.
Berlusconi l’ha imbroccata giusta allora, quando ha detto che l’Italia potrebbe uscire dall’euro…
Al di là della sua rilevanza, quella
dichiarazione è un sintomo del fatto che le forze di destra appaiono più
pronte delle forze di sinistra a gestire l’inasprimento della crisi e
ad elaborare, di conseguenza, una eventuale strategia di uscita
dall’euro. Questo appiattimento delle forze di sinistra in difesa
dell’Unione monetaria è un fatto sconcertante, che tra l’altro deprime
la loro stessa capacità di agire dialetticamente per riformarla. Leggo
che Bersani tuttora insiste con l’idea che il suo partito resterà fedele
all’euro a tutti i costi. Mi rincresce notare che anche le altre forze
della sinistra considerano l’euro un totem indiscusso. In questo modo,
però, ci si appiattisce inesorabilmente sulla linea dei già numerosi
pasdaran del montismo. Io credo invece che la sinistra, per restare
fedele a sé stessa e maggiormente ancorata alla realtà della crisi,
dovrebbe dichiarare che esiste un limite ai sacrifici che si possono
imporre a un paese in nome della permanenza nella zona euro. Lasciare
soltanto alla destra e alle forze cosiddette populiste la elaborazione
di una eventuale strategia di uscita è un errore che potrebbe rivelarsi
fatale.
Caso strano la sinistra è sempre indietro.
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