Le potenze del gruppo “5+1” e l’Iran hanno raggiunto un’intesa su un accordo parziale sul nucleare di Teheran. Lo hanno annunciato ieri a Losanna, leggendo un comunicato congiunto, il ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif e l’alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri, Federica Mogherini, parlando di un “passo decisivo” dopo più di un decennio di negoziati.
Il Segretario di Stato Usa John Kerry ha commentato su Twitter parlando di “un grande giorno, nel momento in cui le potenze mondiali e l’Iran hanno concordato i parametri per risolvere i principali problemi sul suo programma nucleare”; ed ha aggiunto: “Presto si torna al lavoro per un accordo finale”. Accordo che dovrebbe essere firmato non oltre il prossimo 30 giugno.
Alcuni diplomatici occidentali hanno dichiarato di non sapere esattamente quanta parte dell’intesa verrà resa pubblica. Secondo una fonte , l’Iran e le potenze del gruppo “5+1” avrebbero concordato che circa due terzi della capacità di arricchimento del materiale nucleare iraniano verrà “smantellata” (diluita o portata all’estero) e monitorata per 10 anni, se le parti raggiungeranno un accordo globale entro il 30 giugno.
Il ministro iraniano Zarif ha affermato che l’Iran continuerà l’arricchimento dell’uranio presso il sito di Natanz, ma non nel sito di Fordow. L’intesa prevedrebbe un meccanismo per la revoca di tutte le sanzioni adottate in questi anni contro l'Iran.
Scontata e durissima la reazione israeliana all’intesa-quadro raggiunta a Losanna. “E’ una pessima intesa, che porterà ad un accordo negativo e pericoloso – ha detto giovedì sera una fonte del governo di Tel Aviv – Se si arriverà a un accordo sulla base di queste linee-guida, si tratterà di un errore storico che renderà il mondo un posto molto più pericoloso. L’intesa-quadro fornisce legittimità internazionale al programma nucleare iraniano, il cui unico scopo è notoriamente quello di produrre bombe nucleari. L’Iran avrà ancora ampie capacità nucleari. Continuerà ad arricchire l’uranio. Continuerà la sua ricerca e sviluppo delle centrifughe. Non chiuderà neanche uno dei suoi impianti nucleari, compresa la struttura sotterranea di Fordow”. Secondo Tel Aviv dunque è un’intesa che “si inchina ai dettami iraniani e che non porterà a un programma nucleare per scopi pacifici, ma a un programma nucleare militare” scrive il sito ufficiale Israele.net. L’alternativa a un cattivo accordo – ha dichiarato una fonte governativa israeliana – non è la guerra, ma un accordo diverso, un accordo che smantelli in modo sostanziale l’infrastruttura nucleare dell’Iran ed esiga che l’Iran cessi la sua aggressione e il suo sostegno al terrorismo nella regione e in tutto il mondo”.
Non è ottimista la valutazione di Michele Giorgio il quale oggi scrive su Il Manifesto che “Il successo del negoziato a Losanna tra il gruppo del 5+1 e Tehran e l’accordo finale, ormai a portata di mano, da siglare entro la fine di giugno, non contribuiranno ad allontanare la possibilità di una nuova e più devastante guerra in Medio Oriente”. Secondo Michele Giorgio “Le importanti concessioni fatte dall’Iran – che in cambio della fine delle sanzioni economiche e diplomatiche ha accettato di arricchire l’uranio in un solo impianto (Natanz) – non placheranno chi mira a mantenere il controllo strategico della regione. Israele boccia l’accordo e, lo ha ripetuto anche ieri, non rinuncia all’opzione militare, ossia ad un attacco aereo contro le centrali atomiche iraniane”.
Ma l'accordo sul nucleare iraniano, sul quale la Casa Bianca ha obiettivamente investito molto, si configura come uno snodo della complessa partita a scacchi che si sta giocando in Medio Oriente. “Il problema del riavvicinamento tra Usa e Iran è questo: i due hanno un nemico in comune, il Califfato, ma alleati e interessi da proteggere sono diversi” scrive oggi Alberto Negri su il Sole 24 Ore. “Oggi gli Stati Uniti devono calmare Israele e accontentare gli alleati sunniti, senza che diventino troppo potenti, e allo stesso tempo hanno bisogno dell’Iran sciita per combattere il jihadismo e puntare alla stabilizzazione della Mesopotamia. La collaborazione non sarà facile e verrà contrassegnata comunque da un’ambiguità di fondo” sottolinea lucidamente Negri.
Il rafforzamento della posizione iraniana indebolisce infatti quella del crescente “polo islamico” in via di consolidamento intorno all'asse Egitto-Arabia Saudita e che sta dando “prova di sè” con l'escalation militare nello Yemen contro i ribelli Houthi, sciiti e dunque legati a Teheran. Da anni ormai agisce nella regione una sorta di convergenza di interessi tra Arabia Saudita e Israele. Nessuna delle due, finora, ha sparato un colpo contro l'Isis. Al contrario hanno espresso il medesimo interesse non solo contro l'Iran ma anche contro Hamas a Gaza o la Fratellanza Musulmana in Egitto. Dal canto loro gli Stati Uniti conducono un gioco teso a impedire che in Medio Oriente si consolidi una potenza prevalente sulle altre, dunque oggi si gioca l'opzione sciita (network iranino) contro quella sunnita (network saudita). Un divide et impera che rinvia la resa dei conti degli Usa con il proprio declino relativo come potenza egemone e che rappresenta l'incubo, il pericolo e la "mission" dei neoconservatori e dei likudzik statunitensi.
Su questo leggere l'interessante analisi di Alberto Negri su il Sole 24 Ore di oggi: Svolta geopolitica in Medio Oriente.
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