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16/09/2015

Breve la vita felice dell’Euro...

Non credo di dover elencare le mie “medaglie” nella battaglia contro l’Euro, posso solo dire che il primo articolo contro la moneta unica lo scrissi su “Liberazione” nella primavera 1997 e da allora sono sempre stato critico (se non ostile) verso questa geniale trovata della moneta unica. Però, un po’ di equilibrio ci vuole sempre.

Diversi interventi hanno criticato la mia affermazione per la quale sino al 2008 ho parlato di “innegabile successo dell’Euro” che, invece sarebbe stato un fallimento sin dall’inizio. Tutto sta a capirsi sui termini. Se per successo si intende il raggiungimento degli obiettivi strategici della moneta (concorrenza al dollaro come moneta di riferimento internazionale, convergenza delle economie nazionali ecc.) sicuramente questo non c’è stato, ma è anche vero che sarebbe fuori luogo attenderselo, perché questo avrebbe richiesto parecchi anni.

Io parlo di successo prima del 2008 in riferimento a questi dati:

- sostanziale stabilità della moneta e inflazione molto contenuta anche nei paesi (come l’Italia), che avevano abitualmente un'inflazione superiore alla media degli altri paesi europei (anche se la tendenza al calo dell’inflazione, per l’Italia, era già iniziata da un ventennio);

- dopo una prima fase sfavorevole in cui l’Euro, nel cambio con il dollaro, perse circa il 25% del valore iniziale, risalì (anche grazie a quella solenne cantonata degli americani che fu la guerra contro Saddam) per restare stabilmente sul valore fra 1,25 ed 1,29 sul dollaro sin oltre il 2008;

- soprattutto, l’Euro ebbe successo dal punto di vista della credibilità sui mercati finanziari, come dimostra il fatto che tutti i titoli pubblici europei (compresi quelli di Italia, Spagna e persino Grecia) pagarono interessi bassissimi per tutto il periodo in questione, al limite del rendimento negativo, perché i mercati immaginarono (illudendosi!) che l’emissione in Euro valesse come garanzia solidale dell’Eurozona nei confronti del debito di ciascuno, come se all’adozione della moneta unica corrispondesse una sorta di messa in comune del debito.

Sappiamo che dopo non è andata così, che i paesi debitori netti sperperarono quell’occasione, che le premesse del disastro c’erano già dall’inizio... tutto quello che volete, ma non c’è dubbio che l’operazione, sul breve periodo, abbia funzionato alimentando l’euforia degli europei che si convinsero del successo dell’operazione. Mi sembra difficile contestare questi dati di fatto.

Questo, in parte risponde anche a chi mi ha contestato il rapporto fra crisi del debito pubblico europeo e crisi bancaria del 2008. Mai detto che l’origine iniziale della crisi del debito pubblico europeo sia stata quella del 2008: il debito pubblico europeo è cresciuto dagli anni ottanta in poi per effetto della particolare crisi fiscale dello Stato. Da un lato, infatti la spesa corrente ha continuato ad essere dimensionata sulla base di uno stato sociale avanzato alimentato da un forte gettito fiscale, dall’altro il gettito è andato riducendosi per effetto della mobilità dei capitali sancita dalla fase neoliberista, per cui i grandi capitali sono “emigrati” alla ricerca del fisco più “economico”. Questa è la base, ma la cosa si è protratta per decenni alimentata da un debito che pagava interessi assai bassi, poi è arrivata la crisi bancaria che ha inciso in due modi: direttamente ed indirettamente. Direttamente per via dei salvataggi bancari che hanno trasferito all’erario le perdite del capitale privato (in particolare è il caso inglese ma non solo). Ma soprattutto indirettamente, vuoi per le continue emissioni di liquidità che non hanno fatto altro che alimentare lo stesso debito per via degli interessi, e poi perché questo ha spezzato l’incanto europeo dei bassi interessi per tutti. D’improvviso (già nel tardo 2009) ci si è accorti che c’erano paesi come la Grecia che non avrebbero mai potuto ripagare il debito accumulato e, di colpo, interessi che, sino a pochissimo tempo prima, si aggiravano intorno al 2 o 2,5% si sono impennati e la Grecia si è ritrovata a pagare interessi demenziali sino al 17%, la Spagna (che però ha uno stock di debito abbastanza contenuto) ha raddoppiato il carico degli interessi, ma, soprattutto l’Italia si è ritrovata a fare i conto con uno spread impazzito (e, magari nel novembre 2011 c’è stata qualche pietosa manina che ha aiutato a gonfiare la tempesta). Dunque, un rapporto fra crisi bancaria e crisi del debito pubblico esiste.

E veniamo al terzo punto, l’ostilità nei confronti dell’Euro ha sviluppato un immaginario che ha due punti base connessi: la colpa della crisi economica è solo dell’Euro, per cui, se ci decidiamo ad uscire dall’Euro i nostri problemi sono risolti. Mi dispiace ma le cose non sono così semplici.

Per quanto, lo ripeto ancora, io sia un convinto oppositore dell’Euro e pensi che esso abbia aggravato la situazione, non sono affatto convinto che tutte le disfunzioni della nostra economia possano essere messe sul conto dell’Euro. E’ il più generale ordine economico mondiale, basato su una scellerata finanziarizzazione di tutto. Dunque, anche dissolto l’Euro, la fetta più grossa dei problemi resterebbe, anche perché poi dobbiamo anche capire che si fa del debito accumulato. Ma anche se l’Euro fosse il nostro unico problema (e così non è) non ne consegue affatto che una uscita, magari unilaterale, sarebbe la fine dei nostri guai. Su questo conviene essere chiari soprattutto da parte di chi – come il sottoscritto – sostiene la fine dell’Euro: non si tratta di una mossa indolore o poco rischiosa. E’ una scelta che avrà costi sociali ed umani pesanti e con il rischio di romperci le ossa, ma restare dentro è anche peggio.

Mettiamola così: siamo al sesto piano di un palazzo in fiamme e con le scale impraticabili. Possiamo restare dentro, ma con la certezza matematica che tutto ci crollerà in testa e resteremo schiacciati sotto le macerie, se pure non finiremo arrostiti o asfissiati molto prima. Oppure possiamo lanciarci giù con discrete probabilità di centrare il telone di salvataggio e cavarcela con un po’ si slogature e molti ematomi. Voi che fareste? Inutile dipingerci la realtà color di rosa, il modo meno traumatico è quello di arrivare ad una uscita concordata da questa situazione premendo perché cresca la consapevolezza dei termini reali del problema.

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