di Giovanni Gnazzi
Il giochino è il solito: un’assemblea sindacale, regolarmente annunciata ed autorizzata, ha dato occasione a Renzi per lanciare l’ennesima intemerata contro i lavoratori. Che, per la loro assemblea, si sono resi indisponibili al loro turno di lavoro ed hanno così reso impossibile l’accesso al Colosseo dei turisti e dei visitatori in generale. Domanda: se si riteneva che l’orario e la modalità dell’assemblea fossero inaccettabili, perché non lo si è detto prima? Inutile gridare dopo, a meno che non siano grida strumentali e opportunistiche.
Come quelle di ieri, che hanno indicato i lavoratori come colpevoli del mancato servizio e dell’abbandono dei turisti. E’ stata scomodata l’immagine della capitale e del Paese, l’affronto a chi aveva da tempo prenotato la visita al monumento storico e non ha potuto accedervi, il disservizio e il costo che il mancato ingresso dei turisti ha comportato. Dimenticando però che questo succede in tutto il mondo.
Quei lavoratori avevano le loro buone ragioni per riunirsi in assemblea ed interrompere dunque il loro lavoro, dal momento che non ricevono gli straordinari che gli sono dovuti dal Novembre del 2014.
Viste le ripetute sollecitazioni da parte dei sindacati a onorare il contratto da parte delle istituzioni preposte, che hanno invece risposto con il silenzio e l’inadempienza, cos’altro dovevano fare i lavoratori? Quali altre possibilità ci sono se non la lotta sindacale per ottenere il dovuto dal padronato o dalle istituzioni che del padronato hanno assorbito la sottocultura da caporalato? Invocare il senso di responsabilità dei lavoratori mentre irresponsabilmente ci si rifiuta di rispettare gli oneri contrattuali è indegno. Se i turisti hanno i loro diritti, altrettanti ne hanno i lavoratori.
L’utenza pubblica - straniera nella fattispecie - è stata danneggiata, si è detto: e come avrebbe potuto non esserlo, visto che la chiusura del sito è risultata essere l’unica maniera per la quale le istituzioni non potranno più rifiutarsi di pagare il dovuto approfittando del silenzio? Stabilire che la cittadinanza non può subire la ripercussione di una agitazione sindacale è per principio una sciocchezza colossale, perché comporterebbe che tutti coloro che lavorano nei servizi pubblici e privati non potranno mai protestare o battersi per un miglioramento delle loro condizioni e nemmeno per ottenere quanto dovuto, perché qualunque iniziativa danneggia chiaramente il regolare svolgimento del servizio.
Nelle società di massa, infatti, ogni attività lavorativa, a qualunque livello, è intrecciata alle altre ed è fatale che un’interruzione di qualunque di essa comporta delle ricadute su terzi. E’ impossibile che ciò non avvenga. L’interruzione della produzione o dell’erogazione di un servizio quale che sia, comporta un disagio per l’utenza generale.
E allora cos’altro resta da fare a chi vede violato un suo diritto? Andare dai turisti e farsi dare da loro il denaro che non riesce ad avere dalle istituzioni? Franceschini ha finto dolore per i poveri turisti che avevano chissà quando e come prenotato il loro viaggio e la loro visita, dimenticandosi però di dire che chi lavora va pagato e che anche chi non è turista è portatore sano di diritti, primo tra i quali quello di essere rispettato dal datore di lavoro. Nello specifico della vicenda romana Franceschini sa benissimo che i lavoratori sono in credito ma ritiene che, come avvenuto per i pensionati, non importa che il credito sia esigibile e che vada quindi onorato, peggio per loro.
La strumentalità ha toccato il suo picco con Renzi e non poteva essere diversamente. Il finto sdegno è destinato ad approfittare dell’occasione per dare un’ulteriore limata ai diritti, primo tra tutti quello allo sciopero ed all’attività sindacale.
Renzi, com’è ormai noto, ha un’idea particolare del mondo del lavoro, per la sua particolare storia di dipendente unico nell’azienda paterna; ma l’obiettivo che ha è quello di piegare con la forza e i ricatti quello che resta della titolarità della rappresentanza delle categorie e dei diritti acquisiti. Per questo è stato messo a Palazzo Chigi.
Poi, siccome come affermava Flaiano, "la situazione è grave ma non è seria", il cameriere di Marchionne ha deciso che la prossima settimana porterà un decreto in CdM - l’ennesimo - che porterebbe i Beni Culturali nei servizi pubblici essenziali. Nessun problema, anzi. Sarebbe ora che l’Italia inserisse a pieno titolo la sua ricchezza culturale nei beni pubblici essenziali, ma per valorizzare il turismo, non per cercare di punire i lavoratori.
Renzi si rilassi: beni essenziali o no, le battaglie sindacali dei lavoratori continueranno. Lo leggerà su Twitter, anche se sarà in volo col suo nuovo aereo pagato da noi, lavoratori del Colosseo compresi.
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