La Russia aumenta la sua presenza a Damasco, ufficialmente “per
contrastare l’Isis” e Israele corre a Mosca a incontrare Putin, mentre la strategia Usa
di addestrare e finanziare una parte dei ribelli anti-Assad crolla
clamorosamente sotto il peso della realtà del conflitto. Rischia di
diventare un campo di battaglia ancora più sanguinoso, la Siria, perché a
combattersi questa volta potrebbero essere due grandi potenze in
persona: da una parte la Russia, alleata di Assad; dall’altra Israele,
il cui obiettivo primario è quello di eliminare Hezbollah, che è al
fianco del presidente siriano.
Lo prevedono molti analisti che in queste ore speculano sul reale
fine della visita del premier israeliano al presidente russo, che si sta
svolgendo ora al Cremlino: se da un lato Tel Aviv è alleata di
Washington, che sta già conducendo colloqui con Mosca sull’aumento della
sua presenza militare in territorio siriano, dall’altro non si può non
considerare che tra le fila della delegazione israeliana ci sono il
tenente generale Gadi Eizenkot e il maggiore generale Herzl Halevi,
rispettivamente capo di Stato Maggiore e capo della Direzione di
Intelligence militare dell’esercito israeliano.
La presenza di funzionari militari in una visita diplomatica tra due
capi di stato è – stando a quanto sostiene il quotidiano israeliano Israel Hayom – indicativo della reale posta in gioco: evitare il confronto diretto sul suolo siriano.
Confronto che vedrebbe Israele continuare i suoi raid sul Golan e sulle
altre aree dove opera il Partito di Dio libanese e colpire per sbaglio
soldati russi: un evento che, nella migliore delle ipotesi,
provocherebbe una grossa crisi diplomatica tra i due paesi.
In una delle poche notizie trapelate la scorsa settimana riguardo la
visita, un funzionario israeliano aveva rivelato che Netanyahu avrebbe
presentato a Putin “il rischio, per Israele, derivante da un maggiore
flusso di armi avanzate per l’arena siriana e dal trasferimento di armi
letali a Hezbollah e ad altri gruppi terroristici”. Una minaccia per la
propria sicurezza, insomma. Ma ora emerge anche che Netanyahu
dovrebbe dire a Putin che Israele “non accetterà alcun limite alla sua
libertà di operare in Siria”. Libertà che negli ultimi tre anni
Tel Aviv si è presa a intervalli regolari con una serie di attacchi
aerei per impedire il trasferimento di armi dal regime di Assad a
Hezbollah.
La presenza di truppe di Mosca porta quindi un “cambiamento nelle regole del gioco”, come osservava Amos Harel, analista del quotidiano Haaretz, mentre venivano confermate le prime notizie
riguardanti un aumento dell’impegno fisico della Russia al fianco di
Assad. Lo sa bene anche il governo siriano, concentrato a distruggere
l’opposizione – e in particolare l’Isis – e assicurarsi il futuro del
paese. “Più importante che la fornitura di armi alla Siria – ha
dichiarato ieri il ministro degli Esteri siriano Walid Moallem
all’emittente Russia Today – è la partecipazione della Russia nella lotta contro Daesh [Isis, ndr] e Al-Nusra”.
“La Russia non nasconde la sua volontà di partecipare alla lotta
contro il terrorismo, e la Siria ha fede nella leadership russa”.
Leadership pronta ad arginare con tutti i mezzi il fondamentalismo di
stampo jihadista, che Mosca teme come la peste per via della
forte presenza in Siria di mercenari provenienti dal Caucaso che si sono
già detti pronti a importare “la guerra di liberazione” nelle sue
regioni sud-occidentali.
Stando alle parole di Muallem, il ruolo più importante di
Mosca sarebbe quello di “distruggere i piani di tutti coloro che hanno
complottato contro la Siria” e anche “mostrare la mancanza di una chiara
strategia degli Stati Uniti contro i jihadisti”. Washington ha infatti
recentemente ammesso di non avere che un pugno di ribelli ai suoi
ordini, un risultato fallimentare della sua politica di finanziare
gruppi anti-Assad che non hanno alcun peso sul campo di battaglia. E ora
che l’ago della bilancia sembra pendere nella sua direzione, gongola il
governo siriano, deciso a vincere la guerra contro l’opposizione sia
sul terreno che sul piano diplomatico: “La Russia – ha aggiunto Muallem –
agisce nel quadro del diritto internazionale e in coordinamento con la
Siria, a differenza degli Stati Uniti... le cui azioni sono state
inefficaci”.
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