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22/09/2015

Siria - Campo di battaglia tra Israele e Russia?

La Russia aumenta la sua presenza a Damasco, ufficialmente “per contrastare l’Isis” e Israele corre a Mosca a incontrare Putin, mentre la strategia Usa di addestrare e finanziare una parte dei ribelli anti-Assad crolla clamorosamente sotto il peso della realtà del conflitto. Rischia di diventare un campo di battaglia ancora più sanguinoso, la Siria, perché a combattersi questa volta potrebbero essere due grandi potenze in persona: da una parte la Russia, alleata di Assad; dall’altra Israele, il cui obiettivo primario è quello di eliminare Hezbollah, che è al fianco del presidente siriano.

Lo prevedono molti analisti che in queste ore speculano sul reale fine della visita del premier israeliano al presidente russo, che si sta svolgendo ora al Cremlino: se da un lato Tel Aviv è alleata di Washington, che sta già conducendo colloqui con Mosca sull’aumento della sua presenza militare in territorio siriano, dall’altro non si può non considerare che tra le fila della delegazione israeliana ci sono il tenente generale Gadi Eizenkot e il maggiore generale Herzl Halevi, rispettivamente capo di Stato Maggiore e capo della Direzione di  Intelligence militare dell’esercito israeliano.  

La presenza di funzionari militari in una visita diplomatica tra due capi di stato è – stando a quanto sostiene il quotidiano israeliano Israel Hayom – indicativo della reale posta in gioco: evitare il confronto diretto sul suolo siriano. Confronto che vedrebbe Israele continuare i suoi raid sul Golan e sulle altre aree dove opera il Partito di Dio libanese e colpire per sbaglio soldati russi: un evento che, nella migliore delle ipotesi, provocherebbe una grossa crisi diplomatica tra i due paesi.
In una delle poche notizie trapelate la scorsa settimana riguardo la visita, un funzionario israeliano aveva rivelato che Netanyahu avrebbe presentato a Putin “il rischio, per Israele, derivante da un maggiore flusso di armi avanzate per l’arena siriana e dal trasferimento di armi letali a Hezbollah e ad altri gruppi terroristici”. Una minaccia per la propria sicurezza, insomma. Ma ora emerge anche che Netanyahu dovrebbe dire a Putin che Israele “non accetterà alcun limite alla sua libertà di operare in Siria”. Libertà che negli ultimi tre anni Tel Aviv si è presa a intervalli regolari con una serie di attacchi aerei per impedire il trasferimento di armi dal regime di Assad a Hezbollah.

La presenza di truppe di Mosca porta quindi un “cambiamento nelle regole del gioco”, come osservava Amos Harel, analista del quotidiano Haaretz, mentre venivano confermate le prime notizie riguardanti un aumento dell’impegno fisico della Russia al fianco di Assad. Lo sa bene anche il governo siriano, concentrato a distruggere l’opposizione – e in particolare l’Isis – e assicurarsi il futuro del paese. “Più importante che la fornitura di armi alla Siria – ha dichiarato ieri il ministro degli Esteri siriano Walid Moallem all’emittente Russia Today – è la partecipazione della Russia nella lotta contro Daesh [Isis, ndr] e Al-Nusra”.

“La Russia non nasconde la sua volontà di partecipare alla lotta contro il terrorismo, e la Siria ha fede nella leadership russa”. Leadership pronta ad arginare con tutti i mezzi il fondamentalismo di stampo jihadista, che Mosca teme come la peste per via della forte presenza in Siria di mercenari provenienti dal Caucaso che si sono già detti pronti a importare “la guerra di liberazione” nelle sue regioni sud-occidentali. 

Stando alle parole di Muallem, il ruolo più importante di Mosca sarebbe quello di “distruggere i piani di tutti coloro che hanno complottato contro la Siria” e anche “mostrare la mancanza di una chiara strategia degli Stati Uniti contro i jihadisti”. Washington ha infatti recentemente ammesso di non avere che un pugno di ribelli ai suoi ordini, un risultato fallimentare della sua politica di finanziare gruppi anti-Assad che non hanno alcun peso sul campo di battaglia. E ora che l’ago della bilancia sembra pendere nella sua direzione, gongola il governo siriano, deciso a vincere la guerra contro l’opposizione sia sul terreno che sul piano diplomatico: “La Russia – ha aggiunto Muallem – agisce nel quadro del diritto internazionale e in coordinamento con la Siria, a differenza degli Stati Uniti... le cui azioni sono state inefficaci”.

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